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  1. La Roma degli Anglicani: la chiesa di San Paolo Entro le Mura

    È il primo edificio di culto non cattolico costruito a Roma dopo la fine del potere temporale della Chiesa: un documento unico del movimento inglese Arts and Craft in Italia e una delle più interessanti realizzazioni d’arte sacra nella Roma, finalmente capitale, di fine Ottocento.

    San Paolo Entro Le Mura – Via Nazionale – Roma.

    Si tratta della chiesa anglicana di San Paolo Entro le Mura in via Nazionale, un unicum nel panorama urbanistico umbertino.
    Fu edificata tra il 1873 e il 1880 su progetto dell’architetto George Edmund Street e su commissione del reverendo Richard Nevin, capo della congregazione protestante episcopale, che si riuniva nella Legazione Americana presso la Corte Pontificia, appassionato collezionista d’arte.
    Il reverendo Nevin fu colui che acquistò i terreni e ottenne la concessione edilizia dallo stato italiano.
    La possibilità di edificare un tempio anglicano a Roma, ma più generale in Italia, si concretizza all’indomani dell’unità, quando Roma diviene capitale del nuovo Stato, e quando lo Stato italiano si dota di una prima Costituzione in cui viene sancita la libertà di culto. In questo momento diviene quindi possibile edificare chiese non cattoliche all’interno delle città.
    Fino a questo momento non era stato possibile per gli Anglicani avere un proprio edificio di culto. Nel 1859 la prima Eucarestia a Roma celebrata secondo la liturgia della Chiesa Protestante Episcopale fu somministrata in una casa privata a Trinità dei Monti. Dopo poco tempo arrivò a Roma il reverendo Langdon che insieme ad alcuni cittadini decise di organizzare una vera e propria chiesa Episcopale chiamata Grace Church, la cui prima sede fu un granaio fuori dalla Porta del Popolo, ottenuto nel 1866.

    Il Rosone – San Paolo Entro lLe Mura – Via Nazionale – Roma.

    Si arriva così al 1870 e alla nuova costituzione che permette agli anglicani di chiedere alla congregazione e agli amici di Grace Church negli Stati Uniti di raccogliere fondi per la costruzione di una nuova chiesa, questa volta da edificare realmente e all’interno della città. Già nel 1871 la Grace Church cambia nome in Saint Paul’s Within the Walls. Il 25 gennaio del 1873, festa della Conversione di San Paolo, venne posta la prima pietra.
    Durante la Prima Guerra Mondiale il rettore di San Paolo e i suoi parrocchiani furono incaricati della distribuzione dei fondi alle vedove e agli orfani.
    La chiesa venne chiusa nel 1940 e fu posta sotto la protezione della legazione svizzera a Roma. Riaprì solo nel 1943 come cappella delle truppe americane. Le panche che ancora oggi vengono utilizzate all’interno della chiesa furono realizzate dal corpo dei furieri americani a partire da un’unica scorta di assi di pino.
    La chiesa ricerca all’esterno uno stile romanico-gotico caratterizzato da strisce di mattoni rossi di provenienza senese che si alternano al travertino, nel quale è incastonato un rosone con i simboli dei quattro Evangelisti, la

    Particolare di una delle vetrate istoriate dedicate alla vita di San Paolo – San Paolo Entro Le Mura – Via Nazionale – Roma.

    cui complessità decorativa si apprezza all’interno dell’edificio di culto. Nel rosone è infatti rappresentato, nel centro, il Cristo Re circondato da otto martiri romani.
    Dalla facciata prende slancio il campanile a base quadrata i cui piani si aprono con trifore e bifore.
    Alla realizzazione dell’edificio concorsero i maggiori rappresentanti dell’arte inglese dell’epoca esportatori del Victorian Reinassance che, insieme con la ditta inglese Clayton & Bell, ornarono con mosaici e vetrate policrome questa piccola chiesa anglicana al centro di Roma.
    Il richiamo all’arte gotica, e a quella bizantina, è sottolineata proprio dalla scelta di decorare la zona absidale con mosaici, di avere vetrate policrome alle finestre come pure il rosone che si apre in facciata, nei pavimenti di stile veneziano, dai pannelli di maiolica dipinta in rilievo lungo le pareti laterali, attribuiti a William Morris ma realizzati da Frederick Garrad, allievo dell’architetto George E. Street.
    L’accesso si ha tramite un portale con doppio passaggio, sovrastato da un mosaico del 1909 che raffigura “San Paolo che insegna il Vangelo a Roma” opera di George Breck. Nella scena San Paolo è insieme al soldato che dovrebbe sorvegliarlo, e che invece si mostra interessato a ciò che l’Apostolo sta narrando.

    Pannello in maiolica – San Paolo Entro Le Mura – Via Nazionale – Roma.

    L’interno mostra un raffinato apparato decorativo: illuminato nelle tre navate da vetrate con la “Storia della vita del Santo”, impreziosito nelle pareti da maioliche realizzate su disegno di William Morris, i mosaici dell’abside e del coro sono opera su cartoni del preraffaellita Edward Burne Jones. L’artista non venne mai a Roma, commissionò il tutto direttamente dal suo paese natio a una società di Murano, incaricata di realizzare le tessere musive.
    Il valore artistico di questa decorazione musiva è altissimo tanto che lo Stato italiano la ha dichiarata monumento nazionale.
    La simbologia che contraddistingue i lavori preraffaelliti si fa sentire con forza anche in questo contesto fuori dai confini inglesi.
    Sulla prima arcata è collocato il mosaico di Burne Jones l’Annunciazione, ambientata all’ora del tramonto e fuori dalla città, dove Maria si è recata per attingere acqua. L’episodio rappresentato si rifà all’arte bizantina quando gli artisti attingono alla narrazione contenuta nel Protovangelo di San Giacomo. La scena è occupata dalle figure di Maria e dell’Angelo, mentre Cristo viene rappresentato attraverso uno dei suoi simboli: il pellicano. C’è un vaso a ricordare che Maria è andata a prendere l’acqua e il vaso in epoca bizantina alluderà a Maria stessa.

    Controfacciata – San Paolo Entro Le Mura – Via Nazionale – Roma.

    Sopra il coro è invece rappresentato l’albero del perdono. Una raffigurazione veramente inusitata con Cristo, nella posizione classica della crocifissione, appoggiato all’albero della conoscenza che gli fa da sfondo. Ai lati Adamo ed Eva, quest’ultima accompagnata dal loro primogenito. Nella scena si possono ancora distinguere dei cardi che si trasformano in gigli. I primi sono simbolo della fatica dell’uomo, che ha però componente divina.
    L’abside è interamente decorata da un grande mosaico che rappresenta il Cristo in Gloria, ispirato dal racconto che ne fa Giovanni nel L’Apocalisse. Sul fondo del cielo si intravede l’abbagliante visione degli angeli, in primo piano quelli musicanti, al di sotto della quale è seduta la maestosa figura di Cristo a sua volta sostenuta da cherubini e serafini. Cristo tiene nella mano sinistra il globo terrestre e alza la destra in segno di benedizione. Dai suoi piedi sgorga acqua viva, i quattro fiumi del Paradiso, il suo trono è circondato da un’iride, da ciascuna porta del Paradiso si affaccia un Arcangelo: Uriele, il guardiano del Sole, Michele, con la lancia e lo scudo, Gabriele, con il giglio dell’Annunciazione, Chemuele, il coppiere, Zofiele, il guardiano della Luna.
    Da una porta non si affaccia nessuno: è quella di Lucifero posta lì a ricordare che si può sempre cadere nel peccato.
    Al di sotto di questa prima fascia segue una seconda decorata con angeli impegnati a separare le acque: è quindi una rappresentazione della Creazione secondo la Genesi.

    Soffitto a cassettoni – San Paolo Entro Le Mura – Via Nazionale – Roma.

    Al di sotto di questa fascia una terza in cui i personaggi rappresentati sono organizzati in cinque gruppi di persone. Il primo gruppo, sulla sinistra, è costituito dagli asceti, cioè la componente profetica della chiesa. Tra i diversi personaggi si distingue San Francesco con le stimmate. Quindi un gruppo di donne che rappresenta il servizio di Dio nella vita quotidiana, e qui si possono distinguere santa Marta, con le chiavi, e la Maddalena con il balsamario. In posizione centrale un gruppo più numeroso costituito da dieci figure maschili: cinque uomini che rappresentano i padri della chiesa orientale e cinque che rappresentano i padri della chiesa occidentale, tra i quali si distinguono San Paolo, San Pietro, Sant’Ambrogio, Sant’Agostino, San Tommaso d’Aquino.
    A seguire un gruppo altrettanto folto con la Vergine e le Sante e le Martiri. Qui si riconosce Santa Cecilia con l’organo, Sant’Agnese con l’agnello, Santa Caterina con la ruota, Santa Barbara con la torre.
    Infine un gruppo di otto cavalieri cristiani con le armature, alcuni a cavallo, altri a piedi. Essi sono i patroni nazionali e si distinguono San Giorgio per l’Inghilterra, San Giacomo per la Spagna, San Patrizio per l’Irlanda,

    Adorazione del Bambino Gesù – George Breck – 1913.

    Sant’Andrea per la Scozia, San Dionigi per la Francia.
    Curiosamente i volti di alcuni santi sono quelli di importanti personaggi storici coevi: Ulysses S. Grant, generale e politico statunitense che presta il volto a san Patrizio, o Abramo Lincoln a sant’Andrea, Giuseppe Garibaldi a san Giacomo. Uno dei fondatori e maggiori finanziatori della chiesa, J.P. Morgan, presta il suo volto a Sant’Ambrogio nel gruppo dei Padri della chiesa.
    Le vetrate furono invece disegnate e realizzate espressamente per la chiesa alla fine dell’Ottocento dalla ditta inglese Clayton & Bell. Il tema affrontato dalle vetrate è la vita di San Paolo. Questa narrazione inizia dalla vetrata su Via Nazionale con Saul ai piedi di Gamaliele, il suo maestro, così come riportato negli Atti degli Apostoli, e termina con il martirio di Paolo presso l’abbazia delle Tre Fontane.
    Nel battistero una delle vetrate rappresenta il battesimo di San Paolo e del carceriere a Filippi. Più moderna è la vetrata realizzata da Albano Poli che

    Pulpito – San Paolo Entro Le Mura – Via Nazionale – Roma.

    ha il ruolo di separare la zona del battistero stesso da quella destinata ai visitatori.
    In controfacciata si possono ammirare i mosaici di George Breck. Realizzati nel 1913 essi trattano il tema della Creazione del Mondo e la Redenzione dell’uomo, con Adamo che viene chiamato alla vita nel giardino del Paradiso Terrestre, e la rappresentazione delle due città sacre di Betlemme e Gerusalemme.
    In basso la Natività con i Re Magi e i pastori che portano doni a Gesù tenuto in braccio da Maria. Sia Maria che Gesù hanno aureole preziose che richiamano quelle della moltitudine di angeli che completano la scena in alto. Maria e Giuseppe sono seduti su seggiole semplici che ricordano solo per associazione i ricchi troni su cui la tradizione pittorica fa sedere Maria.

    Roma, 9 settembre 2019

  2. I giardini del Pincio

    Il Giardino del Lago a Villa Borghese, il Pincio, Piazza del Popolo: in uno spazio tutto sommato ridotto, nel giro di una quarantina d’anni – dalla fine del Settecento ai primi decenni del secolo successivo – si assiste a un cambiamento del gusto e del modo di vivere dei romani, che forse qui più che altrove emerge chiaramente.

    Il Giardino del Lago di Villa Borghese.

    È qui che il giardino all’italiana lascerà il passo ai primi tentativi di creazione del giardino all’inglese. E il periodo napoleonico, essenziale per questo cambiamento, segnerà l’ulteriore passaggio dal giardino privato, a tratti concesso come pubblico, al giardino realmente pubblico. È ancora qui che alla fine del Settecento vediamo il neo-classicismo muovere i primi passi, per poi crescere e maturare divenendo sempre più sobrio ed elegante nel corso dell’Ottocento.

    I Giardini del Pincio.

    Dal Giardino del Lago, attraversando un ponte creato solo nel 1908, si arriva al Giardino del Pincio, quella parte del colle all’interno delle Mura Aureliane che si estende dalla terrazza fino a Villa Medici. Questo è, a tutti gli effetti, il primo giardino veramente pubblico di Roma, fortemente voluto da Napoleone Bonaparte, a cui è dedicato l’ampio piazzale che si affaccia su uno dei più suggestivi panorami della città. Per la sua realizzazione fu scelto l’architetto Giuseppe Valadier, che iniziò a lavorare all’allestimento nel 1816, contemporaneamente alla sistemazione della piazza del Popolo. La fine del governo napoleonico non arrestò il progetto, che fu  completato al ritorno di Pio VII a Roma e inaugurato nel 1824, quando il colle venne unito alla piazza dai due splendidi tornanti che ancora oggi si possono percorrere: una soluzione tecnica che costò al Valadier lunghi anni di studio. Da quel momento, e almeno fino alla prima metà del Novecento, il Pincio è stato il vero e proprio parco cittadino, la promenade urbana, il  giardino dove i romani hanno potuto assistere a innumerevoli eventi e spettacoli.
    Due maniere completamente nuove e diverse di vivere il verde e lo scopriremo attraverso le voci, i ricordi, le musiche e le emozioni di coloro che questi viali affollavano e ci si incontravano.

    Roma, 5 settembre 2019

  3. La nuova area archeologica di Tuscolo

    Incuneata tra i comuni di Montecompatri, Monte Porzio, Frascati e Grottaferrata, l’area archeologica di Tusculum è, oggi, il cuore storico e culturale dei Castelli Romani.

    Anfiteatro di Tuscolo – Thomas Worthington Whittredge.

    La fondazione dell’antica Tusculum, nell’area dei Colli Albani, avviene in epoca pre – romana e diviene, anche per questo leggendaria. Essa infatti sarebbe sorta per volere di Telegono, figlio di Ulisse e della maga Circe, oppure grazie al re latino Silvio, a sua volta nipote di Silvio figlio di Enea. Questa seconda ipotesi di fondazione è riferita dallo storico Tito Livio, secondo il quale il re latino Silvio sarebbe stato il fondatore della maggior parte delle località più antiche del Latium.
    Altri autori rifiutano questa idea e anticipano la data della fondazione della città di Tusculum almeno a trecento anni prima della guerra di Troia, ipotizzando quindi che i fondatori fossero Latini.
    A conferma dell’origine esclusivamente latina della città di Tuscolo come di molte altre realtà oggi detta dei Colli Albani, è il fatto che molti dei miti di fondazione, tra cui anche quello della fondazione di Roma, nascono nel mondo romano ma si vanno a sovrapporre con miti albani.
    Molti di questi miti poi sono legati al corso d’acqua che attraversa la città di Tuscolo, le cui sorgenti sono proprio presso l’acropoli della città.
    Questo corso d’acqua è il più lungo e importante del Latium vetus,

    Cavea del Teatro – Tuscolo.

    probabilmente detto Albula, cioè che nasce dai Monti Albani, nell’età del bronzo. Esso viene, a partire dal VI secolo dopo Cristo, indicato dai Latini con il nome di Tuscus amnis, cioè di “fiume etrusco” perché andava a toccare e costituiva il confine di importanti territori, caduti poi sotto il controllo dei Tarquini, a loro volta di origine etrusca, tra cui Gabii e Collatia.
    I due centri di Gabii e Collatia erano legati a Tuscolo proprio grazie a un’alleanza matrimoniale tra Ottavio Mamilio, che apparteneva alla gens Mamilia e vantava una discendenza diretta da Telegono, e la figlia del re Tarquinio il Superbo. Proprio per questo legame le tre popolazioni erano indicate con il nome di tusculamnes, ovvero tuscolani. In virtù di questa storia che ha solide basi archeologiche, la città di Tuscolo avrebbe ottenuto il suo nume, quindi, dal fiume che l’attraversa, e contiene nella sua radice la parola “tusci”, ovvero Etruschi.
    I dati archeologici attestano che, sulla sommità della dorsale vulcanica del Tuscolo, già nell’età del rame c’erano degli insediamenti, e che un abitato vero e proprio sorse nell’età del ferro.

    Battaglia del Lago Regillo – Tommaso Laureti – Musei Capitolini.

    Nel 509 avanti Cristo a Roma maturò la cacciata di Tarquinio il Superbo, il quale chiese aiuto militare al genero Ottavio Mamilio, che glielo fornì attraverso la Lega Latina, di cui Tusculum faceva parte. L’esercito della Lega Latina si scontrò con quello dei Romani nei pressi del lago Regillo. Il lago non è stato identificato con certezza, esso potrebbe coincidere con il cratere Prata Porci sotto Monte Compatri, ed è comunque collocabile tra le attuali cittadine di Frascati e colonna.
    La battaglia è una delle prime vittorie mitiche dei Romani e si svolse o nel 499 o nel 496 avanti Cristo. A questa battaglia parteciparono anche i Dioscuri in aiuto dei Romani. Alla fine della battaglia Ottavio Mamilio fu ucciso e i due popoli siglarono il foedus Cassianum, un accordo in cui veniva sancita la parità assoluta tra di essi, databile al 496 o al 493 avanti Cristo.

    Aureo con veduta di Tusculum.

    La forza di questo accordo si vide prima nel 460 avanti Cristo quando i Sabini capeggiati da Appio Erdonio occuparono il Campidoglio. In questa occasione solo Tuscolo, tra tutte le città latine, accorse in aiuto dei Romani. Così Roma fu liberata grazie alle forze congiunte di Lucio Mamilio e del console Publio Valerio Volusi Publicola. In questa occasione Lucio Mamilio ricevette la cittadinanza romana.
    Nel 459 avanti Cristo fu la volta dei Romani ad accorrere in difesa di Tuscolo la cui rocca era stata occupata dagli Equi. Anche in questa occasione l’azione congiunta permise la liberazione della città di Tuscolo.
    Altri importanti eventi legarono la storia di Tuscolo a quella di Roma, e la fine dell’importanza politica e militare di Tuscolo si ebbe a seguito della guerra civile tra Mario e Silla. Tuscolo infatti appoggiò Mario e a seguito della sconfitta di quest’ultimo nell’82 avanti Cristo, vide il suo territorio centuriato e assegnato ai veterani sillani.
    Da questo momento in poi Tuscolo divenne una delle sedi prescelte dal

    Via Tecta che conduce all’acropoli – Tuscolo.

    patriziato romano per i suoi soggiorni estivi. Così come ci viene riportato dal poeta Marziale qui sorsero, tra l’età repubblica e quella imperiale, i Tusculani recessus, cioè ville suburbane di rara bellezza e magnificenza, che resero l’ager Tusculanus la versione collinare del litorale partenopeo: ovvero un luogo di delizie e ristoro per il corpo e per l’anima.
    Tra i diversi personaggi che qui ebbero la loro villa si possono ricordare Cicerone, che qui scrisse le Tusculanae disputationes, Asinio Pollione, Lucullo, sui resti della cui villa oggi sorge il centro della città di Frascati, Gaio Tutazio Catulo, Catone l’Uticense e altri.
    L’inizio della decadenza di Tusculum coincise con la caduta dell’Impero romano. Così a partire dal 64 dopo Cristo sull’acropoli della città si insediò la famiglia dei conti di Tuscolo, che proprio a partire da queste alture governò l’intero territorio per almeno un secolo.
    La tradizione vuole che l’evangelizzazione della città sia stata inizia proprio dai due apostoli Pietro e Paolo. La tradizione cristiana ha quindi una storia lunga, testimoniata anche dalla presenza di diversi siti di catacombe. Nel

    Mura telegonie – Tuscolo.

    1004 Gregorio I dei conti di Tuscolo accolse in maniera trionfale San Nilo da Rossano, il quale occupò il romitorio di Sant’Agnese che sorgeva sulle pendici del colle. A lui Gregorio I donò il terreno su cui oggi sorge l’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata.
    Nel 1167 il territorio di Prata Porci, lo stesso che si ipotizza corrisponda a quello del lago Regillo, fu di nuovo testimone di un’altra battaglia che questa volta vide fronteggiarsi le milizie tedesche agli ordini di Federico Barbarossa e le truppe civiche romane. I tedeschi vennero ospitati dai cittadini di Tusculum e questo fu motivo sufficiente per i Romani, nel 1191 per punire la città radendola al suolo. Il territorio della città distrutta, e indicato con il nome di tenimentum tusculanum, fu donato al papa che lo distribuì tra diverse chiese e conventi di Roma e dintorni.
    Gli scavi archeologici di Tusculum raccontano proprio le successioni storiche che qui si sono brevemente descritte: si riconosce quindi una fase pre -romana, una fase romana e una medievale.
    I primi scavi archeologici della zona sono stati condotti nel 1806. A partire da queste data sono state realizzate numerosissime campagne di scavo, di cui undici condotte tra il 1994 e il 2005.
    Dell’acropoli della città non resta oggi praticamente nulla. Essa è segnalata dalla presenza di un’alta croce. Secondo un’iscrizione risalente al I secolo avanti Cristo e ritrovata proprio durante la prima campagna di scavo sull’acropoli sorgevano almeno due templi: quello dedicato ai Dioscuri e quello dedicato a Iside.

    Visione aerea dei resti della città medievale – Tuscolo.

    Il culto dei Dioscuri era molto importante per la città di Tusculum, così come testimoniato anche da una moneta, l’aureo, databile al 43 – 44 avanti Cristo, che porta da un lato riprodotto il ritratto dei due Dioscuri e dall’altro una sorta di panorama della città di Tusculum.
    Sull’acropoli sono numerose invece le testimonianze di epoca medievale. Ad esempio l’intero perimetro dell’acropoli è cinta da mura, in opera quadrata in tufo o in opera poligonale in selce. In questa cinta si aprivano quattro porte, di cui quella più importante era quella rivolta verso l’abitato che si trovava più in basso.
    All’interno delle mura sorgevano numerosi edifici e si riconosce ancora l’andamento delle strade e le piazze. Si è anche potuto dedurre che l’asse viario più importante decorreva da Est a Ovest parallelamente alle mura: proprio lungo questa via erano stati eretti gli edifici più importanti. Di uno di questi resta una parte della facciata, e le sue dimensioni fanno ipotizzare che si tratti proprio del palazzo dei conti di Tuscolo.
    Oggetto di ripetuti scavi è stata l’area in cui sorge il foro, che probabilmente nasce in epoca arcaica con funzione analoga a quella del Foro Boario a

    I Dioscuri durante la battaglia del Lago Regillo – John Reinhard Weguelin.

    Roma: ovvero come mercato. Nell’area è stata portata alla luce una cisterna che più probabilmente era una fontana monumentale. In età medio repubblicana il foro subirà una monumentalizzazione e successivamente, IV – V secolo avanti Cristo, la costruzione di altri edifici tra cui la Curia del senato tuscolano.
    I lavori di costruzione e decorazione della piazza del Foro vanno avanti su un arco di tempo molto lungo, almeno fino al I secolo avanti Cristo. Vengono perciò innalzati diversi sacelli tra cui, come testimoniato da un’iscrizione rinvenuta in loco, quello dedicato a Ercole, la pavimentazione viene realizzata in basoli e oggi alcune zone appaiono decorate a mosaico.
    Il teatro, che sfrutta le pendici dell’acropoli alle quali si appoggia, viene invece costruito in età tardo repubblicana, nel 75 avanti Cristo. Esso doveva avere grande importanza visto che la strada di accesso all’acropoli venne fatta passare sotto la cavea del teatro stesso. In questa maniera l’accesso all’acropoli avveniva attraverso una via coperta. All’inizio dell’età imperiale il teatro fu ingrandito, fino a poter ospitare oltre 2000 spettatori, e abbellito con statue.
    A partire dal III secolo dopo Cristo l’area fu abbandonata e in epoca medievale utilizzata per la costruzione di civili abitazioni e cimiteri.
    Fuori dalle mura della città sorge poi l’anfiteatro, lì dove c’è una piccola valle un tempo occupata da un bosco sacro. Anche se fu parzialmente scavato già nell’Ottocento sono poche le notizie che raccontano di questo edificio, a cominciare dalla sua costruzione che viene normalmente datata alla seconda metà del II secolo dopo Cristo. Dalle dimensioni si evince che esso poteva ospitare più di 3000 spettatori.

    Roma, 2 settembre 2019

  4. La casa dei Cavalieri di Malta al Foro di Augusto

    Il Foro di Augusto si chiude con un alto muraglione. Augusto lo fece costruire per separare in maniera definitiva l’area dei fori dalla Subura e proteggere così i Fori dagli incendi che di frequente scoppiavano nel

    La Casa dei Cavalieri di Malta al foro di Augsto.

    popoloso quartiere. Addossata al muraglione, e oggi praticamente distrutta, sorge una chiesa che alcuni monaci basiliani, nell’XI secolo, costruirono appoggiandola al podio del tempio di Marte Ultore e sull’esedra settentrionale del foro di Augusto. La chiesa fu dedicata a San Basilio.
    In questo punto è possibile riconoscere ciò che resta delle stratificazioni urbane compiutesi a partire dal periodo romano, fino alle profonde trasformazioni subite dall’area tra il 1924 e il 1927.
    Successivamente la chiesa dedicata a San Basilio, infatti, fu, nel 1230, incorporata in una proprietà dei Cavalieri dell’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme, al tempo detti Cavalieri di Rodi.
    Nel 1466 l’edificio subì importanti ristrutturazioni grazie al fatto che divenne priore dell’Ordine Marco Barbo, nipote di Paolo II. Probabilmente furono utilizzate le stesse maestranze che stavano lavorando a Palazzo Venezia. In questa occasione fu costruita la grande facciata su Piazza del Grillo dove si scorge ancora oggi un grande arco sovrastato da una finestra

    Sala del Balconcino – Casa dei Cavalieri di Malta nel Foro di Augusto. Si ringrazia “I viaggi di Raffaella” per la foto.

    a croce e una bellissima loggia a cinque arcate riccamente decorata ad affresco con vedute di paesaggi nelle quali spicca una rigogliosa natura. La decorazione della loggia è generalmente attribuita ad Andrea Mantegna o alla sua cerchia.
    Da questa loggia nella seconda metà del Quattrocento si affacciava il pontefice per benedire la folla.
    Dal lato che guarda verso il Foro di Augusto la Casa dei Cavalieri di Malta insiste sull’esedra del foro stesso e ne ricalca perciò l’andamento.
    Su questa facciata si può notare una finestra trilobata inserita in una cornice rinascimentale molto elegante.
    La casa fu organizzata intorno a due ambienti: il Salone d’Onore e la Sala della Loggetta. Entrambe le sale conservano il loro originario soffitto di legno.
    Il salone d’Onore è decorato ad affresco. Vi sono riprodotte delle carte geografiche legate a doppio filo con la storia dell’Ordine dei Cavalieri.
    L’Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme nacque intorno alla prima metà dell’XI secolo quando, con le Crociate, venne a crearsi la necessità di difendere e assistere i Crociati e i pellegrini. In pratica i Cavalieri erano monaci militari che compivano anche l’assistenza ai malati e ai feriti. L’Ordine venne riconosciuto da papa Pasquale II nel 1113.
    Di fatto in origine i Cavalieri erano monaci benedettini di Cluny, provenienti da Amalfi, che costruirono l’Ospedale di San Giovanni Elemosiniere presso il Santo Sepolcro con il contributo e l’aiuto di mercanti e pellegrini che provenivano da Amalfi. Per questo motivo sulla loro tunica c’era la croce bianca della Repubblica di Amalfi.

    Panorama dalla Loggia della Casa dei Cavalieri di Malta nel Foro di Augusto. Si ringrazia “I viaggi di Raffaella” per la foto.

    L’origine dei Cavalieri è quindi solo in parte simile a quello dei Templari, che pure si costituiscono nello stesso periodo, ma con l’esclusiva attività di protezione armata dei pellegrini. Essi ebbero nel 1129 il riconoscimento grazie all’appoggio di Bernardo di Chiaravalle, e divennero così dei veri e propri monaci combattenti.
    A differenza dei Cavalieri, l’ordine templare si dedicò nel corso del tempo anche ad attività agricole, creando un grande sistema produttivo, e ad attività finanziarie, gestendo i beni dei pellegrini e arrivando a costituire il più avanzato e capillare sistema bancario dell’epoca.
    Il potere e la ricchezza dei Templari crebbero, quindi, nel tempo fino a suscitare l’interesse del re di Francia Filippo il Bello che ne ottenne il definitivo annientamento, grazie anche all’appoggio di papa Clemente V, nel 1312. L’annientamento comportò anche l’acquisizione di tutti i beni dei Templari da parte della corona di Francia.
    Ritornando ai Cavalieri il loro Ospedale a Gerusalemme, assisteva tutti, non solo i Cristiani. Questa vocazione all’assistenza e alla cura degli infermi è ancora oggi un tratto distintivo dei Cavalieri.
    Quando, nel 1187, Gerusalemme cadde nuovamente in mani islamiche i Cavalieri abbandonarono la città e si rifugiarono a Cipro, e di qui dopo due anni di lotte e tentativi conquistarono Rodi e vi si stabilirono. Fu così che l’Ordine assunse il nome di Cavalieri di Rodi.

    La loggia della Casa dei Cavalieri di Malta nel Foro di Augusto.

    Nel 1522 i Cavalieri perdettero l’isola di Rodi e furono costretti ad abbandonarla ricevendo in cambio dal papa la città di Viterbo, la quale godette perciò di una grande fioritura e venne anche risparmiata dalla calata dei Lanzichenecchi nel 1527.
    Nel 1530 per interessamento del papa Clemente VII e dell’imperatore Carlo V i Cavalieri ricevettero l’isola di Malta, e vi si stabilirono. Essi costituivano il baluardo più estremo di difesa nei confronti degli “infedeli”. Una volta ottenuta l’isola di Malta essi cambieranno il loro nome in Cavalieri di Malta.
    Nel 1571 i Cavalieri di Malta parteciparono alla Battaglia di Lepanto contro gli Ottomani, battaglia che fu vinta dalla Lega Santa che vedeva alleati tra gli altri il Regno di Spagna e il Vaticano.
    I Cavalieri rimasero proprietari dell’isola di Malta fino all’invasione delle truppe napoleoniche avvenuta nel 1798. Dopo questo evento essi si dispersero un po’ in tutto il mondo e quelli che tornarono a Roma andarono a occupare la sede del Priorato sull’Aventino che nel frattempo il papa aveva loro assegnato.
    Ritornando alla casa che oggi è di nuovo di loro proprietà, dal 1946, oltre il Salone d’Onore esiste la Sala della Loggetta, detta anche delle Cariatidi perché accoglie la ricostruzione di parte del fregio marmoreo del portico del Foro di Augusto. Un clipeo con una grande testa di Giove Ammone

    La ricostruzione del fregio del tempio dedicato a Giove Ammone. Si ringrazia “I viaggi di Raffaella” per la foto.

    circondato da cariatidi. In questa sale è inoltre collocato l’affresco della Crocifissione proveniente dalla chiesa delle Domenicane ormai demolita, attribuito a Sebastiano del Piombo. In questa stessa sala c’è un camino realizzato nel 1555 su cui è riportata una mappa dell’isola di Rodi come essa si presentava nel 1480, quando i Cavalieri erano ancora proprietari dell’isola.
    Dal Salone d’Onore, tramite una scala, si accede al piano superiore. Lungo le pareti della scala sono state rinvenute scritte e graffiti tra cui un ritratto del poeta Virgilio circondato sia da versi tratti dalle sue opere che dalle cantiche di Dante in cui Virgilio viene descritto.
    I Cavalieri di Malta restarono in questo edificio fino al 1566, quando il papa donò loro la chiesa di Santa Maria de Aventino, ovvero quella che oggi è la chiesa di Santa Maria del Priorato, in realtà chiesa dedicata a San Basilio che è appunto il protettore dell’Ordine dei Cavalieri.
    L’edificio nel foro venne quindi assegnato all’Istituto delle Neofite Domenicane, che aveva lo scopo di convertire al cristianesimo le fanciulle ebree.
    In questa occasione l’edificio subì una nuova trasformazione e un ampliamento eseguito su progetto di Battista Arrigoni da Caravaggio. Nell’ambito di queste trasformazioni le Domenicane chiusero la loggia affrescata per ricavarne delle stanzette. La chiesa venne dedicata alla

    Salone d’Onore – fregio – Casa dei Cavalieri di Malta nel Foro di Augusto.

    Santissima Annunziatina. I resti di questa chiesa sono ancora visibili lungo Via di Tor de’ Conti.
    Le monache inoltre ricavarono una lavanderia in un ambiente ipogeo da quello che, in epoca romana, era un cortile a cielo aperto su cui si affacciavano i locali a pian terreno di un’insula.
    Le Domenicane restarono in questo edificio fino al 1930, quando il convento venne demolito a seguito della costruzione di Via dell’Impero.
    A questo punto l’edificio passò prima in proprietà del comune di Roma che eseguì dei restauri dopo il 1940.
    Nel 1946 l’edificio tornò di proprietà dei Cavalieri, ormai divenuti di Malta. Nel locale che era stato lavanderia i Cavalieri realizzarono la Cappella Palatina, la cui pianta è organizzata in tre navate e che ospita, tra l’altro, alcuni affreschi portati qui dall’architetto Fiorini per salvarli dalle demolizioni dell’epoca mussoliniana.

    Roma, 23 agosto 2019