La bellissima chiesa di Santa Maria della Pace e il suggestivo ambiente che la circonda – caratterizzato dal delizioso portichetto che sta sulla fronte del tempio come variazione degli altri protiri – presero origine da un’iniziativa di richiamo politico – religioso assunta da Sisto IV nel 1482, in un momento di gravi preoccupazioni per la pace in un’Italia scossa dalla fiorentina congiura dei Pazzi, il complotto organizzato nel 1478 dalla famiglia omonima per togliere ai Medici il predominio di Firenze.
L’uccisione di Giuliano e il ferimento di Lorenzo de’ Medici non ebbero altro risultato che un rafforzamento del potere mediceo e lo scoppio della guerra tra Firenze e papa Sisto IV, il più importante alleato della famiglia Pazzi. Dopo mesi di estenuanti trattative e ingenti esborsi di denaro, Lorenzo riuscì ad ottenere dal re di Napoli, alleato della Chiesa, il ritiro del conflitto. Nel marzo del 1482, Lorenzo il Magnifico rientrò a Firenze forte del suo successo politico, stringendo il controllo del governo fiorentino nelle sue mani.
Sul luogo del bellissimo tempio sorgeva un’antica chiesa citata nei documenti medievali, detta degli “acquarellari” (dal nome dei venditori di acqua del Tevere o delle fonti). L’immagine della Madonna che in questa chiesa era venerata sotto il titolo della “Virtù”, sacrilegamente colpita da una sassata, aveva versato sangue. Il papa, accorso, l’aveva chiamata “Madonna della Pace” e aveva fatto voto di erigere un tempio per propiziare la pace nella penisola.
Pare che il progetto fosse di Baccio Pontelli, almeno per la prima parte consistente in un’aula rettangolare anteriore, mentre per la seconda parte – l’ottagono posteriore sormontato da una cupola – si pensa a Donato Bramante, autore anche dell’attiguo convento. La cupola è del 1520. Ma è solamente con Alessandro VII, passata la metà del seicento, che il complesso ebbe la sua forma definitiva con l’intervento di Pietro da Cortona. Questi armonizzò le parti interne e diede una unitaria sistemazione alla facciata e alla piazzetta antistante. Linee curve, concave e convesse, timpani spezzati e colonne si offrono scenograficamente al gioco delle luci, facendo di questo piccolo luogo uno dei più tipici e armoniosi del barocco romano.
Un’iscrizione posta nella piazzetta, sulla sinistra della chiesa, illustra l’intera operazione urbanistica e stabilisce il divieto di apportare modifiche.
All’interno, alla cui decorazione hanno contribuito artisti quali Antonio da Sangallo il Giovane (Cappella Cesi) e il Maderno (altare maggiore e coro) si distingue soprattutto la cappella costruita da Raffaello per il banchiere senese Agostino Chigi, nella quale sono dipinte le Sibille di mano stessa dell’artista, che rivela qui un certo influsso michelangiolesco e i Profeti, eseguiti dal suo allievo Timoteo Viti.
Tra il 1511 e il 1513, Raffaello, infatti, aveva ricevuto una lunga serie di commissioni dal Chigi. Dopo aver richiesto all’artista un grande mausoleo di famiglia nella basilica di Santa Maria del Popolo (Cappella Chigi), nel 1514 gli commissionò i due grandi affreschi per decorare la cappella di Santa Maria della Pace. Raffaello avrebbe dovuto rappresentare i più grandi esempi di virtù e sapienza del passato, nonché i primi conoscitori dell’arrivo del Messia: le Sibille e i Profeti.
In quello stesso anno, l’artista, sebbene ancora impegnato nei lavori per le Stanze Vaticane si mise all’opera sul soggetto. Delle sibille restano vari studi preparatori, soprattutto al British e all’Asholean Museum.
In via dell’Arco della Pace – caratterizzata da una bella casetta medievale restaurata e da un’altra casa con un portale cinquecentesco – si apre quello che un tempo fu l’edificio conventuale di Santa Maria della Pace, accentrato attorno all’eccezionale chiostro realizzato da Bramante tra il 1500 e il 1504 per incarico del cardinale Oliviero Carafa. Rappresenta una delle opere più importanti del Rinascimento cinquecentesco e fu tra le prime opere romane progettate da Bramante dopo il periodo milanese. Grazie al capolavoro bramantesco l’architettura romana del rinascimento fa un salto di qualità. Inserito nella clientela pontificia da papa Borgia, Bramante si guadagna la fiducia di Giulio II della Rovere nel rilanciare la renovatio intrapresa dallo zio Sisto IV, venendo preferito al più antiquato Giuliano da Sangallo. Così Bramante diventa progettista dei più ambiziosi cantieri del tempo: il risanamento del malfamato quartiere ora solcato da via Giulia, su cui imposta il nuovo tribunale, il sontuoso cortile del Belvedere in Vaticano e la nuova basilica di San Pietro, a contenere la vecchia chiesa paleocristiana prima del suo graduale abbattimento. I termini del nuovo corso architettonico sono già chiari nel primo capolavoro romano: il chiostro della chiesa di Santa Maria della Pace.
Lo studio diretto dei resti antichi induce Bramante a rinunciare alla ricchezza decorativa e agli effetti illusionistici del periodo lombardo, ancora presenti nel coro di Santa Maria del Popolo, per attenersi ad un’asciutta solennità che risponde ad un’idea suprema di regolarità e necessità.
L’armonia di linee del portico a pilastri con lesene e della sovrapposta loggia a pilastri e colonne, unita all’atmosfera serena, fa di questo luogo un angolo di straordinaria bellezza. Il convento, destinato inizialmente ai canonici lateranensi, passò con Pio VII ai domenicani, poi al clero regolare.
Oggi il complesso è un centro culturale internazionale e accoglie mostre e eventi culturali.
L’indirizzo della “Pace” era celebre nel commercio delle stampe. Ancora all’inizio del settecento vi operava la Calcografia De Rossi, uno dei rami della celebre impresa familiare cui si debbono tante incisioni dei maggiori artisti che illustrarono la città nei secoli XVII e XVIII. Nel 1738 essa venne rilevata da papa Clemente XII Corsini.
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