Sulle vie di Paolo di Tarso: la basilica di San Paolo Fuori le Mura, l’area archeologica, il chiostro, la pinacoteca.

Per la via Ostiense, a circa due chilometri da Porta San Paolo, si giunge alla basilica eretta sulla tomba dell’Apostolo delle genti, posta in zona cimiteriale, il Sepolcreto Ostiense detto in praedio Lucinae, e oggi parzialmente scavato e visibile sui due lati della strada.

La basilica di San Paolo fuori le Mura in una foto Alinari

Il primo e importantissimo accenno al sito è quello contenuto in un passo di Eusebio di Cesarea che riporta le parole del presbitero romano Gaio, pronunciate alla fine del II secolo o all’inizio del III, per la precisione negli anni del pontificato di papa Zefirino, tra il 198 e il 217. In risposta all’eretico Proclo che, seguace del frigio Montano, vantava la presenza a Ierapoli di Frigia della tomba dell’apostolo Filippo. Dice dunque Gaio: “Io posso mostrarti i trofei [tà trópaia] degli apostoli (Pietro e Paolo). Se vorrai recarti nel Vaticano o sulla via di Ostia, troverai i trofei di coloro che fondarono questa Chiesa (di Roma)”, (Eusebio, Historia ecclesiastica II, 25, 7). La parola trópaion, che indica il “trofeo della vittoria”, fa allusione alla reale presenza delle spoglie dei due apostoli, poiché si riferisce propriamente ai corpo dei martiri e non al solo monumento che li contiene.
La basilica di San Paolo fuori le Mura, che ha dimensioni corrispondenti a quelle della Basilica Ulpia eretta da Traiano, rimase la più grande di Roma prima della costruzione della moderna San Pietro. Fondata da Costantino, accresciuta da Valentiniano II, 386, da Teodosio e da Onorio, la basilica rimase semidistrutta a seguito di un rovinoso incendio scoppiato nella notte fra il 15 e 16 luglio 1823, e che continuò ad ardere fino al mattino del 16.

L’incendio della Basilica – Ascanio di Brazzà

La basilica fu, quindi, ricostruita con le offerte provenienti dalle diocesi di tutto il mondo secondo la pianta antica, ma riutilizzando solo in parte gli antichi materiali. Vi lavorarono molti architetti, in particolare Luigi Poletti, al quale si deve anche il campanile, Virginio Vespignani, che lavorò alla facciata e Guglielmo Calderini, che ideò il quadriportico, eretto tra il 1892 e il 1928.
Fino a qualche decennio fa, la basilica sorgeva nell’aperta e vuota campagna, che aveva sovrastato per quasi due millenni come richiamo di spiritualità con il suo cenacolo benedettino e come caposaldo difensivo. Nell’XI secolo, infatti, papa Giovanni VIII vi aveva costruito attorno una cittadella contro le scorrerie dei Saraceni, detta “Giovannipoli”, di cui oggi resta il toponimo in una delle vie del quartiere Garbatella – Ostiense che è proprio Via Giovannipoli.
La prima chiesa costantiniana, piuttosto piccola, era rivolta verso la via Ostiense e corrispondeva all’attuale zona del presbiterio e della crociera fino alla tomba di san Paolo. Successivamente si rese necessario ingrandire la chiesa e per questo motivo essa ebbe l’ingresso rivolto verso il Tevere, così che la trasformazione non andasse ad intaccare la posizione della sepoltura di Paolo.

Le rovine dopo l’incendio – Bartolomeo Pinelli

Ora l’ingresso più utilizzato è quello laterale, sul piazzale cui si perviene arrivando da Porta San Paolo; un ingresso creato dal Poletti nel 1840 alla riapertura al culto della navata trasversale, mentre continuavano le opere di restauro e ricostruzione delle rimanenti parti della basilica, che verrà poi consacrata per intero da Pio IX nel 1854, anche se i lavori di rifinitura sarebbero durati assai più a lungo. Precede la basilica un gelido e maestoso quadriportico, retto da una selva di colonne corinzie di granito; al suo centro, al posto della fontana delle abluzioni, è stata collocata una corrucciata statua di san Paolo che brandisce la spada, opera di Pietro Canonica. Dal lato che funge da narcete si leva la facciata a timpano con tre finestre a centina, rivestita di ottocenteschi mosaici luminosi, ma di mediocre ideazione. Cinque porte immettono nelle altrettante navate dell’interno: quella centrale, in bronzo con luminosi inserti d’argento, collocata nel 1931, è opera di Antonio Maraini che vi ha rappresentato scene della vita di Pietro e di Paolo. La porta intermedia a destra è la Porta Santa Giubilare; al suo interno sono state collocate le valve restaurate dell’antica porta di bronzo che, danneggiata dall’incendio nel 1823, era stata conservata nel museo della basilica. La porta in bronzo proveniva da Costantinopoli – dove era stata fabbricata nel 1070 da Staurachios di Scio – e fu fatta importare da Ildebrando di Soana, allora abate di San Paolo e poi eletto papa Gregorio VII.
Una notevole impressione di grandiosità suscitano le cinque navate che rievocano l’aspetto delle antiche basiliche di tipo politico-giudiziario. La limitata luminosità dell’ambiente mette in risalto il chiarore delle ottanta colonne di granito di Baveno. Queste dànno luogo ad un gioco di ritmi e sovrapposizioni che accrescono l’effetto di grandiosità.

Interno della Basilica – Giovanni Paolo Panini

Il lucente pavimento marmoreo riflette il soffitto a cassettoni regolari, lavorati a fantasiosi motivi e soprattutto luminoso di oro. Da non dimenticare le belle sei colonne di alabastro donate a Pio IX dal Khedivè, ovvero il viceré d’Egitto, e poste lungo la controfacciata. Un lungo fregio corre tutta la navata centrale, proseguendo in quelle laterali, la serie dei medaglioni di tutti i papi succedutisi sulla cattedra di Pietro. Essi sono a mosaico e rinnovano la tradizione esistente fin dalla basilica antica.
L’arco trionfale, che fu risparmiato dal fuoco, mostra tutto lo splendore dei mosaici eseguiti nel V secolo, forse per incarico di Galla Placidia, imperatrice romana e figlia di Teodosio I. La testa del Redentore, nella sua mandorla luminosa, appare di una immota glacialità bizantina, mentre due corteggi di seniori, con le corone del trionfo, che la affiancano e le due figure di Pietro e di Paolo nei peducci dell’arco sono improntate a maggior realismo, di impronta romana. L’arco, sostenuto da due imponenti colonne di granito e preceduto da statue dei due apostoli, inquadra il mirabile effetto dei mosaici del catino absidale, realizzati da maestranze inviate dal doge di Venezia all’epoca di Onorio III (1220 circa). Il papa appare minuscolo (quasi una piccola rana) ai piedi di Cristo sul trono con quattro Santi ai lati. Dal transetto cui si accede mediante tre gradini si possono ammirare i mosaici collocati nella facciata interna dell’arcone trionfale; essi sono di Pietro Cavallini e provengono dall’antica facciata della basilica. Al centro del transetto si erge il gioiello tra i cibori romani, eseguito nel 1285 da Arnolfo di Cambio con l’aiuto di un Pietro, che si ritiene possa essere lo stesso Cavallini.

Mosaico dell’Abside – Basilica di San Paolo fuori le Mura

Il chiostro della basilica è, con quello di San Giovanni in Laterano, il più importante fra i molti chiostri romani, oasi di tranquillità ed esempio di serena bellezza. Questo ci dà l’idea dell’importanza del complesso monastico che si era creato attorno alla basilica e rappresenta una testimonianza eccezionale di quella pace che, in certe situazioni, seppero trovare anche secoli segnati da durissime esperienze.
Il chiostro fu completato prima del 1214 e, per una parte, è opera dei Vassalletto. Colonnine lisce abbinate sostengono archetti a tutto centro che reggono una trabeazione decorata con un fregio mosaicato dagli splendenti colori. Un lato, dei quattro, è caratterizzato da colonne sempre abbinate, ma a spirali od ottagone ed alcune con intarsi a mosaico: l’impressione dell’insieme è piacevolissima. Lungo il quadriportico sono avanzi antichi, fra i quali, notevole, una statua di marmo di Bonifacio IX.

Roma, 8 ottobre 2017


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