Raramente un monumento è in grado di raccontarci momenti della storia e dell’architettura poco conosciuti come nel caso della chiesa di Sant’Agata dei Goti.
Eppure questa chiesa, che si trova alle spalle della Banca d’Italia, in via Mazzarino, a metà strada fra Quirinale e Suburra, resta quasi sconosciuta a molti romani.
La chiesa, ora affidata ai padri Stimmatini, non se ne fa un cruccio abituata come è stata nei suoi sedici secoli di storia a passare da momenti di considerazione ad altri di totale abbandono. Dire che la sua fondazione si perde nella notte dei tempi non è ripetere una frase fatta, visto che della sua nascita non si hanno notizie certe. Il primo documento è quando Recimero, un ufficiale dell’esercito romano, famoso per avere fatto e disfatto imperatori nella fase finale dell’impero romano di Occidente, negli anni fra il 467 e il 470 fa adornare timpano e abside di un mosaico raffigurante Cristo nella mandorla circondato dai 12 apostoli. Una raffigurazione musiva che in quegli anni viene particolarmente utilizzata dall’architettura cristiana. Tale iniziativa è sufficiente per far dire a Richard Krautheimer, il padre della storia dell’architettura cristiana antica, che la chiesa è del 470, datazione della quale non abbiamo certezze.
Ma chi era Recimero? Anche su questo personaggio non si sa molto. Probabilmente
era un goto che, come tanti altri soldati, era entrato nel cosmopolita esercito romano e vi aveva fatto carriera. Nulla a che vedere con le cosiddette invasioni di quei secoli. Come tutti i goti era pure ariano, l’eresia sviluppatasi in oriente, in particolare per effetto della conversione alla dottrina di Ario da parte di Costanzo II, figlio di Costantino, che regnò a Bisanzio dopo la morte del padre. Tanto bastò perché intere popolazioni barbariche che vivevano oltre i confini nord orientali dell’impero che si convertirono in massa proprio in quei decenni aderissero al cristianesimo nella sua eresia ariana. Tale eresia nega la consustanzialità del Figlio con il Padre, contraddicendo la dottrina cristiana secondo la quale Dio fin dall’origine è anche Verbo, cioè una cosa sola di Figlio e Padre, come sostenuto dall’incipit del Vangelo di Giovanni.
La dottrina venne condannata come eretica dal Concilio di Nicea del 325. Ciò non toglie che Recimero possa abbellire una chiesa ariana proprio a Roma. Perché il papato lo permette? Perché in quegli anni era in polemica con Bisanzio che non voleva riconoscere il primato romano, quindi il papa cercava di rafforzarsi con alleanze politiche in funzione anti-Bisanzio. Il caso di questa chiesa romana non resta isolato, ma qualche decennio più tardi porterà Teodorico ad abbellire la capitale occidentale dell’Impero passata a Ravenna di uno stupendo battistero ariano e della chiesa di Sant’Apollinare. Con la nostra chiesa sono questi i più famosi monumenti ariani rimasti in Italia.
La chiesa di Sant’Agata dei Goti ha però anche un grande valore architettonico perché conserva la sua struttura originale. Essa sorge in una zona che conosce un grande sviluppo urbanistico dopo che Costantino aveva fatto costruire le sue terme sul Quirinale. È a tre navate e le due laterali sono separate da quella principale da due file di sei colonne che sono ancora al loro posto, conservando nei secoli anche la loro colorazione, seppur restaurate centinaia di volte.
Delle basiliche costantiniane conserva la struttura in formato ridotto: le file di colonne non sono da 12 ciascuna, come il numero degli apostoli, ma 12 in tutto.
La fortuna della chiesa prosegue fino al 535 quando cambia la situazione politica: il papato si pacifica con Bisanzio e Giustiniano avvia la disastrosa guerra gotica contro gli ostrogoti che nel frattempo si erano insediati in Italia. La guerra termina con la sconfitta dei goti nel 553, sconfitta che coincide con l’abbandono della chiesa e la sua prima caduta in disgrazia. Si riprenderà solo nel 592 quando il papa Gregorio Magno la riconsacra come chiesa cattolica dedicandola ai santi Sebastiano ed Agata, la martire uccisa a Siracusa nel 251.
Altre tappe fondamentali sono quando la chiesa, nei secoli XI e XII, diventerà sede di un cenobio benedettino, per tornare nel XIII al clero secolare. Nei secoli successivi verrà soppressa la parrocchia e la chiesa verrà affidata dapprima all’ordine religioso degli Umiliati per passare poi ai monaci di Montevergine.
Il Cinquecento è il secolo di importanti interventi nella chiesa ad opera di cardinali, fino a che nel Seicento non diviene titolo di importanti cardinali della famiglia Barberini che ne commissionano il soffitto e le pitture della navata centrale come le vediamo oggi, con le Storie di Sant’Agata attribuite a Paolo Gismondi detto Paolo Perugino che del ben più noto pittore del ‘400 ha solo il nome. Notevole anche il ciborio, con quattro colonne in splendido pavonazzetto ed elementi cosmateschi, frutto del restauro ricostruttivo operato nel 1932 dalla Banca d’Italia quando occupò parte dell’annesso convento.
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