Con la “tedesca” Santa Maria dell’Anima inizia un nuovo itinerario alla scoperta delle chiese nazionali presenti a Roma.
Intanto, cosa sono esattamente? Va ricordato sempre che una nota caratteristica di Roma è costituita dalla sua universalità, cioè non solo dal suo essere sempre stata aperta all’accoglienza più cordiale di tutti i forestieri, ma dall’aver ospitato consistenti colonie permanenti raccolte attorno a proprie particolari istituzioni e finanche riconoscibili da proprie specifiche attività.
Se questo si verificò fin dai primi tempi cristiani con la creazione di scholae aventi carattere di culto, di assistenza e perfino militare, si accentuò nell’epoca rinascimentale e barocca quando gli apporti demografici da altre terre si fecero sempre più consistenti, anche in relazione alle grandi opere artistiche che richiesero la collaborazione degli uomini più geniali ed industriosi. La presenza a Roma delle nazioni straniere riguardò soprattutto quei paesi che ebbero più radicati rapporti con il centro della cattolicità. Sia per la fedeltà religiosa della propria gente, sia per la politica di potenza che furono indotte a svolgere nella capitale del mondo antico e medievale e nel centro della Controriforma. Intendiamo i Paesi dell’impero germanico, la Francia, la Spagna e prima della Riforma, l’Inghilterra. Questi Paesi edificarono a Roma grandi chiese, ebbero centri culturali, ospedali e luoghi di sepoltura ed un complesso di proprietà che parzialmente sussistono. Insomma, per tutti questi Paesi, Roma rappresentò e rappresenta ancora oggi, una communis patria.
E dunque, ecco Santa Maria dell’Anima al rione Parione, la chiesa nazionale di tutti i cattolici di lingua tedesca, in pratica di tutti gli originari delle terre che appartennero all’impero germanico e poi, dopo la Riforma, soprattutto degli originari dei territori asburgici.
Essa è stata ed è al centro di un complesso di organismi di assistenza, sovvenuti da larghe proprietà che hanno fatto del nucleo tedesco una delle colonie più solidamente installate nella città. Chiesa e ospizio relativo presero origine da una costruzione iniziata dopo il giubileo del 1350 su alcune case che due ricchi pellegrini germanici avevano acquistato a tale scopo. L’istituzione andò sviluppandosi nel corso del tempo finché la rivolta luterana le assestò un duro colpo di arresto.
L’ hospitale pauperum alemanorum dovette concentrare le proprie forze, assorbendo altre iniziative assistenziali parallele, come quella dei garzoni fornai, curiosamente, molta immigrazione tedesca era costituita da panettieri.
Finalmente, nel 1806, Francesco I d’Austria riordinò l’Istituzione in maniera radicale, al punto di poter parlare di una seconda fondazione. Attualmente essa prosegue nella sua attività con il titolo di Pontificio Istituto Teutonico di Santa Maria dell’Anima, avvalendosi di ancora consistenti proprietà sparse per Roma. La chiesa venne ricostruita nella forma attuale in occasione del giubileo del 1500 per iniziativa del vescovo Johannes Burchardus, italianizzato in Burcardo, lo stesso del palazzetto del Burcardo a Largo di Torre Argentina.
Si dovette sottostare a gravi limitazioni di spazio e, pur con l’intervento di artisti italiani quali, con molta probabilità anche Bramante e Sansovino, ci si rifece al gusto tedesco. Questo è soprattutto attestato dal corpo della chiesa concepita come una grande sala a tre navate della medesima altezza — ciò che determina la foggia quadrangolare della facciata — e dalla esile cuspide del campanile, rivestita a ceramiche.
La facciata, per la quale si è fatto il nome di Giuliano di Sangallo, ha un coronamento orizzontale ed è divisa in tre ordini ripartiti da lesene con scarso rilievo. I tre portali con belle forme classicheggianti, inquadrati da colonne scanalate che sorreggono un timpano, sono attribuiti ad Andrea Sansovino il quale ha anche scolpito il rilievo sul portone centrale
raffigurante la “Madonna fra due anime purganti”, da ciò il nome della chiesa e della strada. Le due parti superiori della facciata sono caratterizzate da tre finestroni e più in alto da una finestra tonda affiancata dagli stemmi dell’Impero e di Adriano VI, maestro e consigliere di Carlo V, che fu l’ultimo papa non italiano, prima della successione esclusiva di papi italiani interrotta soltanto nel 1978 con la elezione del papa polacco Giovanni Paolo II.
L’interno della chiesa, altamente suggestivo, è dominato da pilastri alti e sottili di tipo cruciforme, che suddividono lo spazio dell’aula in tre navate: questa architettura viene attribuita ad un artista nordico, peraltro sconosciuto. Sui lati vi sono quattro cappellette per parte, ricche di opere d’arte, fra le quali una “Deposizione” e affreschi di Francesco Salviati, un gruppo di “Pietà” del Lorenzetto, terminato da Nanni di Baccio Bigio, una scultura lignea di scuola tedesca con “Sant’Anna, Madonna e Bambino” e “Storie della Vergine” affrescate da Sermoneta.
Importanti monumenti funebri attestano la presenza tedesca in Roma. Il più significativo è il monumento di Adriano VI a destra del presbiterio, con architettura di Baldassarre Peruzzi e Michelangelo Senese. E l’opera più
importante della chiesa: la pala d’altare di Giulio Romano raffigurante la Madonna col Bambino in conversazione con i santi Marco e Giacomo, patroni, per omonimia, del committente Jacob Fugger — banchiere tedesco, ed il principale imprenditore tedesco dell’inizio dell’Età Moderna — e dei due Markus Fugger, entrambi morti a Roma. La pala era stata dipinta in origine per la cappella che Jacob detto “il ricco”, aveva fatto erigere per i suoi congiunti in Santa Maria dell’Anima. Fuspostata all’altar maggiore a fine Seicento per risparmiarle ulteriori danneggiamenti conseguenti alle inondazioni del Tevere. In tempi moderni è stata restaurata nel 2007.
All’esterno va notato il campanile del 1502 con bifore rinascimentali e con pinnacoli e cuspidi goticizzanti. In via dell’Anima, a sinistra della Chiesa, si trova la “Casa Sander” del 1508, la quale, benché troppo restaurata nel 1873, presenta una bella facciata con portone a lesene e a centina, finestre centinate e, in alto, archi che inquadrano le finestre, ma soprattutto fasce di graffiti e tutta una serie di motti e sentenze. La casa è legata fin dall’origine a funzioni di ospitalità per pellegrini germanici.
Roma, 4 dicembre 2019
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