Nel 1761 Giovanni Rezzonico diventava Gran Priore romano dell’Ordine di Malta per nomina di suo zio Clemente XIII. In quello stesso anno Piranesi dedicava alla nobile
famiglia veneziana dei Rezzonico il trattato “Della Magnificenza ed Architettura dei Romani”, nel quale esaltava il primato architettonico degli Etruschi e dei Romani contro le idee del Winckelmann, che diceva i Greci superiori. Poco dopo il cardinale Rezzonico lo incaricava di effettuare una ristrutturazione e un ammodernamento della chiesa di Santa Maria del Priorato. I lavori iniziarono il 2 novembre del 1764 e terminarono il 31 ottobre 1766. Santa Maria del Priorato con la sua piazza, i suoi giardini e la villa costituiscono l’unica opera architettonica che l’architetto Giovan Battista Piranesi abbia mai realizzato.
L’incarico prevedeva che la chiesa e la villa, già esistenti, fossero adattati ai nuovi gusti e dotati di un accesso più agevole, poiché, in quel momento, li si poteva raggiungere solo salendo per una via piuttosto impervia dal lungotevere.
Dove ancora oggi sorge la chiesa, che è parte della Villa del Priorato del Sovrano Militare Odine di Malta, infatti, sorgeva una piccola cappella dedicata alla Madonna che si trovava al termine della salita che si arrampicava sul colle a partire dalla riva del Tevere, in prossimità di quella oggi è Piazza dell’Emporio.
Non è noto, con certezza, se questa cappella facesse parte del presidio fortificato sorto tra il VII e l’VIII secolo sull’Aventino con funzione difensiva e di controllo del guado, ma si sa che il presidio fortificato sarebbe divenuto fortezza di Alberico II, e che, a un certo punto, una cappella che ne faceva parte fu trasformata in chiesa vera e propria quando il nobile patrizio romano donò il tutto a Oddone di Cluny. Da questo momento la piccola cappella sarà indicata con il nome di Santa Maria de Aventino.
Il complesso passò poi nelle mani dell’Ordine dei Templari, monaci guerrieri che avevano combattuto i Musulmani a difesa della cristianità, e nel 1312, con la soppressione dell’Ordine dei Templari, passò nella proprietà dei Cavalieri di Rodi, la confraternita religiosa istituita in Terra Santa dal monaco amalfitano Gerardo per dare assistenza ospedaliera e alberghiera ai pellegrini in visita al Santo Sepolcro. L’Arciconfraternita dei Cavalieri di Rodi, nel 1522 cambiò nome per assumere quella dei Cavalieri dell’Ordine di Malta.
A lungo la piccola chiesa sull’Aventino, che guardava verso la foce del Tevere, rimase dimenticata. Se ne ricordò Pio V, nella seconda metà del Cinquecento, donandola al Priorato romano dei Cavalieri di Malta che fino a quel momento avevano avuto la loro sede dentro il Foro di Augusto. Lo stesso Pio V contestualmente trasferì alla Chiesa di Santa Maria de Aventino il titolo di San Basilio, titolo che era appartenuto alla chiesa che sorgeva vicino all’Arco dei Pantani. La piccola chiesa, però, rimase comunemente nota come Chiesa di Santa Maria del Priorato.
L’attenzione su Santa Maria del Priorato si riaccese nuovamente nel Settecento con il cardinale Rezzonico, che scelse un architetto, Piranesi, che, pur avendo una grandissima influenza sullo sviluppo architettonico in senso neoclassico di Roma e influenzando l’architettura e le arti dei paesi del Nord Europa, non aveva avuto modo di realizzare nessuno dei suoi progetti.
La fase iniziale dei lavori fu costituito da uno scavo in corrispondenza dell’attuale Piazza dei Cavalieri, che riportò alla luce i resti del romano Vicus Armilustri, dal quale secondo Livio e Varrone, i Salii, sacerdoti consacrati a Marte e a Quirinus, accedevano al sacro recinto dell’Armilustrum dove, il 19 ottobre di ogni anno, erano purificate le armi degli eserciti romani.
I Salii erano uno dei collegi sacerdotali più importanti dell’antica Roma, e avevano il compito di aprire e chiudere ogni anno il tempo che poteva essere dedicato alla guerra, che, per gli antichi romani, andava da marzo a ottobre, coprendo così il periodo nel quale era possibile effettuare gli approvvigionamenti. Questo tempo di passaggio aveva un’importanza fondamentale per il cittadino romano, che era allo stesso tempo civis, cittadino e miles, soldato. Con il mese di marzo, il cittadino romano diventava quindi miles e passava sotto la giurisdizione militare e la tutela del dio Marte. Questo passaggio era segnato da una serie di riti guidati dai Salii Palatini. Nel mese di ottobre il cittadino romano tornava a essere civis, a occuparsi delle attività produttive sotto la tutela del dio Quirino e i riti guidati dai Salii Quirinales segnavano questo momento purificando uomini, armi e animali che avevano partecipato alle attività di guerra. Le tre feste di purificazione di chiusura della stagione della guerra si svolgevano in ottobre ed erano il Tigillum Sororiun, per la purificazione dei soldati, l’October Equium, per la purificazione dei cavalli e l’Armilustrium, per la purificazione delle armi, che si svolgeva appunto il 19 ottobre nel sacro recinto antistante il tempio di Marte che sorgeva sull’Aventino.
Il ritrovamento del recinto in cui si svolgeva il rito dell’Armilustrium indusse Piranesi a pensare la piazza come un recinto chiuso su stesso su cui si appoggiano le steli e gli obelischi che richiamano la spina del Circo Massimo poco distante, che egli stesso, in una delle sue incisioni più note, aveva immaginato come affastellato di oggetti.
Nella Piazza dei Cavalieri il richiamo alle armi e alla tradizione romana trovano la loro giusta fusione con la tradizione guerresca dei Cavalieri che è perciò narrata sull’intera piazza, dove si fondono la gloria del passato romano con la realtà concreta e presente del Settecento. Nelle steli si mescolano elementi decorativi desunti dallo stemma dei Rezzonico, come la torre, l’iconografia navale e militare dei Cavalieri e il repertorio iconografico etrusco e romano. Tra gli elementi dell’iconografia etrusca Piranesi cita su queste steli la lira, il cammeo, la cornucopia, il serpente, l’ala d’uccello, la siringa. Molti degli elementi dell’iconografia romana sono invece desunti dalla Colonna Traiana.
La piazza, quale recinto chiuso, aveva lo scopo, oggi andato completamente perso, di escludere la vista degli orti e delle vigne circostanti. I due muri che cingono la piazza sono il solo elemento ex novo ideato da Piranesi, che per il resto era vincolato dagli edifici pre – esistenti.
Quello che dovrebbe essere l’ingresso alla chiesa è un portone che Piranesi realizza probabilmente nel muro cinquecentesco esistente. Il muro nel quale il portone si apre resta sostanzialmente anonimo se non fosse elegantemente impreziosito dal festone, e da due pannelli decorativi che sono desunti dai sei rilievi cerimoniali conservati nei Musei Capitolini, uno dei quali con elementi navali. L’aquila con la corona di quercia è invece desunta dal rilievo del II secolo murato sulla parete esterna della facciata dei Santi Apostoli, ma qui all’Aventino quest’aquila diviene bifronte, richiamando così lo stemma dei Rezzonico. Nei pannelli decorativi compaiono pure gli elementi navali propri dell’attività militare dei Cavalieri e, quale elemento di contemporaneità, un cannone e un fucile. Di fatto però sulla piazza monumentale non si apre il portone del palazzo o della chiesa, ma un viale definito da una doppia fila di allori, con funzione di cannocchiale, che prepotentemente porta sull’Aventino il Cupolone di San Pietro.
Se si entrasse da questo portone, così come Piranesi aveva di fatto immaginato, si scoprirebbe che, una volta oltrepassato il lungo filare di allori, questo conduce al belvedere che si apre su Roma consentendo di scoprire così quanto il Cupolone di San Pietro sia ben lontano.
Per raggiungere l’ingresso vero e proprio della chiesa sarebbe quindi necessario attraversare il giardino con le aiuole che una volta avevano forme attorcigliate e ritorte, incontrare quindi il severo palazzo della Villa e infine raggiungere la piccola piazza su cui si erge la facciata della chiesa, che Piranesi conserva praticamente uguale a quella dell’edificio del Cinquecento, ma a cui va ad aggiungere un’elaborata decorazione in stucco.
Il portale centrale è simmetricamente affiancato da un elemento decorativo che è da considerarsi come rielaborazione di una grottesca, un abbellimento pittorico di origine romana che qui assume l’aspetto di un vessillo, analogo a quelli che si trovano sull’arco di Costantino. La scelta decorativa crea direttamente una serie di collegamenti, all’arte romana di cui Piranesi sosteneva la supremazia su quella greca, con le armi dei Cavalieri e dei romani e quindi con l’Armilustrum e la piazza dei Cavalieri.
I simboli di questa particolare grottesca in stucco sono scelti con cura e hanno molteplici significati. Dal basso s’incontrano: gli strumenti del muratore, che vengono interpretati, da alcuni, come un rimando alla simbologia massonica; la targa con la scritta FERT “Fortitudo Eius Rhodum Tenuit”, un motto che ricorda l’impegno dei Cavalieri di Malta nella difesa di Rodi; la rappresentazione della fortuna romana, così come descritta da Cicerone, con il timone poiché governa le sorti umane e nella destra un mazzo di spighe; il monogramma PX, Pax Christi, sovrastato dalle due mezze lune incatenate, dalla torre dei Rezzonico e dalla Croce di Malta.
Se questa grottesca/insegna è un codice si può leggere che la saldezza dell’Ordine e del suo Gran Priore, in questo momento il cardinale Rezzonico, è costruita, attraverso gli strumenti del muratore, sulla Pax Christi, sulla fortuna e la fortitudo.
Il portale e le insegne sono racchiuse in una coppia doppia di paraste strigilate a ricordare che l’edificio ha anche valore di sacello funerario, come ribadito nell’ordine superiore della facciata in cui si apre un oculo, con funzione di clipeo, posto al centro di una coppia di elementi decorativi strigilati, che di nuovo richiamano il sarcofago. Ai lati di questo complesso elemento decorativo una coppia di serpenti che sono contemporaneamente il simbolo della medicina, e quindi ruolo medico svolto ancora oggi dai Cavalieri di Malta, un richiamo al nome antico dell’Aventino, mons Serpentarius, e simbolo della morte, della resurrezione e della vita eterna.
La decorazione della facciata è completata da due spade con fodero e impugnatura dalla decorazione complessa costituita da vari elementi, che vengono inserite nelle paraste strigilate e i semicapitelli di queste ultime dove compare la torre, derivante dallo stemma araldico della famiglia Rezzonico, tra due sfingi affrontate
La facciata si conclude oggi con un timpano triangolare ornato di un fastigio militare che si richiama ai trofei di Domiziano, mentre i bombardamenti francesi che determinarono la caduta della Repubblica Romana del 1849 fecero crollare un elemento architettonico che sovrastava il timpano e che rappresentava l’unica aggiunta di Piranesi alla facciata originaria. Questa sorta di attico aveva lo scopo di slanciare la facciata e di conferirle una maggiore incisività nel panorama romano, rendendo la chiesa così più facilmente identificabile da lontano. Questo elemento architettonico era decorato solo con elementi desunti dallo stemma della famiglia Rezzonico.
Piranesi non intervenne sulla volumetria della chiesa che dopo i lavori del Settecento rimase sostanzialmente uguale a quella della chiesa del Cinquecento, ma l’intervento si tradusse una nuova distribuzione degli spazi interni con alcuni espedienti, per cui la chiesa, alla fine dei lavori, apparve profondamente mutata rispetto a quella originaria.
Il primo intervento riguardò lo spostamento in avanti dei tre gradini di accesso al presbiterio in modo che questo spazio venisse a includere anche due nicchioni laterali. Con questo espediente la chiesa veniva, di fatto, divisa in due parti uguali, con la formazione di un deambulatorio appena accennato, la cui presenza suggerita piuttosto che reale, è sufficiente a legare l’architettura interna dell’edificio a quella di chiese tipiche del Nord Europa.
Lungo la navata si sviluppano ritmicamente i nicchioni che con la loro regolarità e con l’alternarsi delle paraste scanalate costringono il visitatore a porre lo sguardo direttamente e immediatamente sull’elemento focale della chiesa: l’altare.
L’altare è forse l’intervento più incisivo di Piranesi, come forse può testimoniare il fatto che l’artista dedica alla sua elaborazione grafica ben quattro disegni, mentre la realizzazione effettiva è opera di Tommaso Righi. Il nuovo altare sostituisce del tutto quello medioevale e risulta originarsi dalla sovrapposizione di tre sarcofagi, di cui quello inferiore riprende il tema dell’oculo circondato da una decorazione strigilata, analogo a quello posto nella facciata principale.
Il sarcofago superiore termina con due speroni, che svolgono funzione di prora e che, facendolo assomigliare a una nave, richiamano nuovamente la natura duale, militare e religiosa, dei Cavalieri di Malta. Su questa sequenza di tre sarcofagi s’innesta la gloria di San Basilio portato in cielo dagli angeli.
Altro momento di grande complessità decorativa, dell’interno della chiesa, è il fastigio del soffitto della navata, che riprende il tema già adottato in facciata del labaro, qui chiuso in una ghirlanda con i sigilli del monogramma PX, Pax Christi. A questi sigilli da un lato è appeso uno stendardo con la figura del Battista, santo onomastico di Rezzonico e protettore dell’Ordine, una nave, una vela con la croce di Malta, un trofeo di scudi, la tonaca dell’Ordine e la tiara papale.
L’elemento triangolare oltre che come vela, rinnovato riferimento alle imprese navali dei Cavalieri, è anche simbolo trinitario e come tale riverbera intorno a se raggi di luce. Completano la decorazione del soffitto lo stemma dei Rezzonico con il cappello cardinalizio e la croce di Malta. Tutta questa sequenza decorativa a soffitto induce a guardare al lanternino, decorato con quattro petali che contengono episodi della vita di San Giovanni.
Altri dodici medaglioni con le immagini degli apostoli sono sopra ogni nicchia e intorno all’abside.
Il 13 ottobre del 1766 la chiesa fu presentata al cardinale Rezzonico e a Clemente XIII che, entusiasta del risultato, insigniva Piranesi dello Speron d’oro.
I più interessanti architetti e intellettuali dell’epoca, quali Winckelman, Mengs e Vanvitelli, diedero dell’opera giudizi sostanzialmente negativi.
L’interno della chiesa ospita il monumento funebre di Piranesi che, secondo le volontà dell’artista, non avrebbe dovuto trovarsi qui. Pranesi, infatti, aveva lasciato scritto di voler essere seppellito in Santa Maria degli Angeli e che un antico candelabro romano tratto dal suo museo e da lui restaurato fosse posto sulla sua tomba.
In realtà quando Piranesi morì nel 1778 a seguito di una malattia dopo il suo ultimo viaggio a Paestum, fu seppellito in Santa Andrea delle Fratte, e solo successivamente il corpo fu traslato a Santa Maria del Priorato per volontà del Cardinale Rezzonico. Per il monumento funebre il cardinale fece realizzare una statua da Giuseppe Angelini in cui Piranesi è effigiato abbigliato con la toga di antico romano, mentre regge un rotolo nella mano sinistra, su cui è incisa la pianta del tempio di Poseidon di Paestum, ultima meta di lavoro e studio del grande intellettuale, architetto e archeologo.
La Piazza dei Cavalieri di Malta nasconde un’altra affascinante leggenda: è quella secondo cui tutto il colle dell’Aventino non sarebbe altro, in realtà, che un’immensa nave simbolica, sacra ai Cavalieri Templari, che quando verrà il momento salperà diretta verso la Terra Santa. Il Piranesi, da sempre ammiratore dell’Ordine del Tempio, ben conosceva la leggenda, e nella sua opera di ristrutturazione del colle inserì tutta una serie di riferimenti, strutture e simbolismi che richiamano più o meno apertamente anche questa leggenda.
Secondo la tradizione la nave è idealmente ancorata al porto fluviale di Ripa, sul Tevere, attraccata al molo ideale costituito dai resti del Ponte Rotto. La parte meridionale del colle, che si adagia sulle rive del Tevere con una forma a “V”, sarebbe la prua di questo veliero. Nella simbologia piranesiana, perciò, l’intera piazza, circondata da mura, ne costituisce il castello, mentre gli obelischi alternati alle lastre marmoree simboleggiano gli alberi e le vele. Il portale della Villa dei Cavalieri costituisce l’entrata al cassero, il famoso viale alberato sagomato a formare una galleria è il ponte di coperta. Gli intricati giardini a labirinto che si trovano a lato rappresentano le funi e il sartiame della nave, mentre il belvedere del parco, dal quale si ammira il panorama di tutta Roma, è la coffa. Così, la Chiesa di Santa Maria del Priorato, finisce con il rappresentare la cabina di comando.
Inoltre, poiché la natura geologica dell’Aventino è tale che il monte si presenta ricco di grotte e anfratti, sfruttate da sempre dall’uomo per ricoverare greggi e materiali, si pensi a questo punto all’episodio mitologico in cui il gigante Caco sottrae le mandrie a Ercole e le nasconde proprio alle pendici dell’Aventino, il vasto sistema di gallerie e cavità ipogee assume valore di stiva di questa immaginaria nave.
Roma, 15 aprile 2018
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