Napoleone, i Napoleonidi e Roma. Storia di un legame controverso.

Napoleone non mise mai piede a Roma. Eppure, conquistare la Città Eterna aveva sempre rappresentato nel suo immaginario il rinnovamento dei fasti dell’antico impero romano.

Napoleone sul campo di battaglia - Joseph Chabord

Napoleone sul campo di battaglia – Joseph Chabord

Per questo considerava l’Urbe seconda solo a Parigi.
Quanto tutta l’Europa occidentale, dal Mare del Nord al Mediterraneo, dalla Spagna alla Polonia, era ormai nelle sue mani, nel 1810 Bonaparte aveva sposato in seconde nozze Maria Luigia d’Asburgo, figlia dell’imperatore d’Austria. E grazie a quel nuovo matrimonio, il figlio tanto atteso e mai avuto dalla prima moglie Giuseppina Beauharnais, finalmente venne al mondo. Gli fu imposto il nome di Napoleone e il titolo altisonante di «re di Roma». Come seconda reggia imperiale, degna di accogliere l’imperatore, la nuova consorte imperiale e il piccolo re, si scelse il Palazzo del Quirinale, la residenza dove il papa esercitava soprattutto il suo potere temporale e risiedeva ormai per lunghi periodi.
La sconfitta di Waterloo del 18 giugno del 1815 segnò la fine dell’età di Napoleone Bonaparte. Ma non dei cosiddetti “napoleonidi”, vale a dire di quel drappello di suoi parenti che o si erano stabiliti a Roma da molti anni, o vi sarebbero giunti dopo la caduta dell’imperatore francese. Alcuni protetti addirittura da quel Pio VII, papa assai bistrattato da Napoleone che era arrivato a farlo prelevare con la forza dal Quirinale e poi rinchiudere per tre anni (agosto 1809 – giugno 1812) nel vescovado di Savona, in totale isolamento.
Intensi furono i legami della famiglia di Bonaparte con Roma. Legami stretti con la forza delle armi già dal 1808, in seguito all’occupazione francese di Roma. La città diventò nel 1811 “città libera ed imperiale”, destinata ad essere governata da Napoleone, il primogenito di Bonaparte, re di Roma di nascita e di imposizione.
Insomma, dopo la caduta dell’Impero, quasi tutti i componenti della famiglia Bonaparte chiesero asilo a papa Pio VII e si stabilirono a Roma:

Giuseppe Primoli e sua madre Carlotta Bonaparte

Giuseppe Primoli e sua madre Carlotta Bonaparte

la madre Letizia Ramolino a Palazzo Rinuccini, i fratelli Luigi e Girolamo rispettivamente a Palazzo Mancini Salviati e a Palazzo Nuñez, la sorella Paolina, dopo un lungo viaggiare per l’Europa, ormai ammalata fu riaccolta in casa da Camillo Borghese e morì a Roma.
Ma il vero iniziatore del “ramo romano” dei Bonaparte fu il fratello “ribelle” dell’imperatore, Luciano, che nel 1804, in aperto dissidio con Napoleone, e costretto a lasciare Parigi e la vita pubblica, si trasferì a Roma fin dal 1805. Uno dei figli di Luciano, Carlo Luciano che aveva sposato la cugina Zenaide, figlia di Giuseppe Bonaparte, era nata Carlotta, la quale sposò nel 1848 il conte Pietro Primoli.

Pietro Primoli e Carlotta dopo la proclamazione del Secondo Impero, si trasferirono con la famiglia alla corte di Napoleone III, così il loro figlio Giuseppe (1851-1927) ebbe modo di formarsi nella capitale francese frequentando i salotti letterari delle zie Matilde e Giulia Bonaparte.

Giuseppe Primoli

Giuseppe Primoli

Colto, appassionato bibliofilo, abile fotografo, Giuseppe visse tra Roma e Parigi ed ebbe intensi rapporti con gli ambienti letterari e artistici delle due città.
Nel vivace e stimolante ambiente parigino egli assorbì il gusto e il piacere per una vita intessuta di relazioni mondano-letterarie e gli anni dell’esperienza francese, interrotta bruscamente alla caduta del secondo Impero nel 1870, assunsero nella sua memoria un valore quasi mitico. Ritornato a Roma nel 1870, Giuseppe Primoli approfondì la conoscenza della cultura italiana del tempo: frequentò scrittori e giornalisti come Boito, Giacosa, la Serao, D’Annunzio e le redazioni di giornali come il Fracassa, il Fanfulla della Domenica o Cronaca Bizantina, che rappresentavano in quel momento il crogiolo più vivace della nuova generazione di intellettuali italiani.
Per tutta la vita egli sentì profondamente il retaggio della discendenza Bonaparte, tributando quasi un culto alla famiglia materna. In un primo tempo coltivò l’idea di scrivere la storia segreta della famiglia Bonaparte raccogliendo una notevole documentazione sia dalla tradizione orale che dagli archivi. Successivamente dedicò le sue energie alla formazione di quella straordinaria raccolta che forma ora il Museo Napoleonico.

Giuseppe Primoli - Fotografia

Giuseppe Primoli – Fotografia

Nel suo palazzo romano Primoli riunì le opere d’arte, le memorie, i cimeli, gli oggetti legati alla storia della famiglia Bonaparte che con passione andava raccogliendo sul mercato antiquario e che accrebbero il cospicuo nucleo che egli già possedeva per eredità familiare. Il criterio che lo ispirò nella ricerca e nella raccolta, e che costituisce peraltro uno dei principali motivi dell’interesse e del fascino del museo, è quello di documentare, non tanto l’epopea napoleonica, quanto la storia privata della famiglia Bonaparte.
Alla morte di Giuseppe Primoli il compito di ultimare la sistemazione della casa – museo fu affidato al conte Diego Angeli, che era legato da un’antica amicizia al defunto.
L’attuale sistemazione del museo, frutto dei recenti lavori di restauro delle sale, ha conserva il più possibile il primitivo ordinamento, poiché già questo costituisce un’interessante testimonianza del gusto non solo artistico, ma anche dell’abitare, di un’epoca che sta tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.
Gli spazi non prescindono, e non potrebbero farlo, dalla figura di Bonaparte, ma la sua immagine ci viene restituita non da tutta la ritrattistica ufficiale e dalla consacrazione imperiale, ma filtrata dalla dimensione privata. Troviamo perciò dipinti all’olio e acquerelli, sculture in cera o miniature dei maggiori artisti dell’epoca, grazie ai quali il ritratto dell’imperatore, dell’uomo potentissimo, diviene dono o memoria e può essere inserito e goduto nell’intimità domestica, perdendo quasi completamente quell’aura di potere che pure era associata alla sua persona.

Abiti - Museo Napoleonico

Abiti – Museo Napoleonico

Così, passando di sala in sala si segue l’avvicendarsi dei matrimoni, delle nascite, delle relazioni affettive, si leggono i segni lasciati dal tempo e dalle travagliate vicende di vita sui volti, s’intuiscono personalità e caratteri. Ma, al di là della pura e semplice immagine fisica, le figure, anche non di primo piano della famiglia Bonaparte, emergono con le loro vicende individuali, i loro gusti, le loro preferenze, amori e leggende attraverso la ricchissima varietà di materiali conservata nel Museo.
Dai dipinti alle sculture, dai mobili agli oggetti di uso quotidiano, dalle tabacchiere preziose agli album di ricordo, dai disegni ai gioielli, dai libri agli abiti, ogni singolo oggetto viene ad acquistare una duplice possibilità di lettura: quale documento dell’arte e del gusto di un’epoca e quale testimone di un frammento di storia familiare. Così la compresenza di opere profondamente diverse, sia come genere che come qualità, acquista un particolare e felice equilibrio, permettendo un libero gioco di analogie, rimandi e associazioni.
L’edificio che racchiude il Museo Napoleonico risale al secolo sedicesimo; appartenne prima alla famiglia Gottifredi – tale proprietà è ancora indicata nella pianta del Nolli del 1748 – poi, alla fine del settecento, passò ai Filonardi.

Sala "Il re di Roma" - Museo Napoleonico

Sala “Il re di Roma” – Museo Napoleonico

Tra il 1820 e il 1828 fu acquistato dal conte Luigi Primoli.
A seguito delle radicali modifiche della zona dovute alla costruzione dei muraglioni del Tevere e all’apertura di Via Zanardelli, il conte Giuseppe Primoli, che nel 1901 era rimasto l’unico proprietario dell’edificio, affidò all’architetto Raffaele Ojetti la ristrutturazione del palazzo. La vecchia facciata su Piazza dell’Orso fu demolita e fu aggiunto un nuovo corpo di fabbrica con logge angolari, mentre su Via Zanardelli fu creato un ingresso monumentale; l’edificio fu sopraelevato ed ebbe su Piazza di Ponte Umberto una nuova facciata. I lavori terminarono nel 1911.
Il pianoterra, donato da Giuseppe Primoli con le raccolte napoleoniche al Comune di Roma nel 1927, conserva in alcune sale i soffitti del Settecento a travetti dipinti, mentre i fregi che corrono lungo le pareti delle sale VIII, IX, X, risalgono ai primi decenni dell’Ottocento quando il palazzo era passato già in proprietà dei Primoli. I fregi della III e V sala, come indicano il “leone rampante” dei Primoli e “l’aquila” dei Bonaparte, sono successivi al matrimonio di Pietro Primoli con Carlotta Bonaparte, avvenuto nel 1848.

Elisa Bonaparte Baciocchi con la figlia Napoleona - Francois Gerard

Elisa Bonaparte Baciocchi con la figlia Napoleona – Francois Gerard

Le maioliche di Napoli del primo ottocento – applicate ai pavimenti delle sale III, IV, V, IX, X – provengono dal demolito palazzo Porcari – Senni in Via Aracoeli; il portale della sala III, degli ultimi anni del Settecento, è stato recuperato dalla demolizione della Cappella dell’Ospedale di Pio VI in Borgo Santo Spirito. Il Palazzo è anche sede della Fondazione Primoli, creata dal Primoli stesso, e della Biblioteca Primoli, composta di oltre trentamila volumi di letteratura, storia e arte.


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