La visione più completa del Foro si può godere dalla terrazza del Campidoglio, sulla destra del Palazzo Senatorio, oppure dalle arcate del Tabularium. Dall’angolo settentrionale del Palatino, dove c’è la terrazza degli Orti Farnesiani, si ha una vista altrettanto ampia. L’ingresso si apre lungo la Via dei Fori Imperiali all’altezza di Via Cavour. Un piano inclinato si trova in corrispondenza dell’Arco di Tito.
La valle del Foro Romano è il risultato dell’erosione provocata, entro il compatto banco di tufo vulcanico, da uno dei tanti rigagnoli e fiumicelli che si versano nel Tevere. La depressione del Foro, tra il Campidoglio e il Palatino, si prolunga a sud-ovest, verso il fiume, nella valle del Velabro, che è anche il nome originario dello stesso corso d’acqua.
Gli scrittori antichi sono concordi nel sottolineare la natura paludosa e inospitale della valle del Foro. I primi nuclei di abitazione sorsero, infatti, sulla cima o alle estreme propaggini delle colline, il Palatino ma certamente anche il Campidoglio, mentre la pianura fu utilizzata come necropoli. Lo scavo presso il Tempio di Antonino e Faustina e altre scoperte sporadiche hanno mostrato però che il centro abitato del Palatino si estendeva anche in una parte della valle.
L’utilizzazione della necropoli del Foro ha inizio con la prima fase della cultura laziale, X secolo avanti Cristo. Le tombe più antiche sembrano essere le due scoperte negli anni Cinquanta del secolo scorso presso l’Arco di Augusto, contemporaneamente a un’altra, scavata sul Palatino, sotto la Casa di Livia. Il sepolcreto del Foro è utilizzato solo fino alla fine del II periodo laziale, inizio del VII secolo avanti Cristo. Da quel momento in poi si troveranno in esso solo le tombe di bambini, che potevano essere seppelliti anche all’interno dell’abitato, uso che verrà a cessare con l’inizio del VI secolo avanti Cristo. Contemporaneamente all’abbandono del sepolcreto del Foro ha inizio l’utilizzazione di quello dell’Esquilino.
Di conseguenza ha luogo un ampliamento dell’abitato del Palatino in una fase proto – urbana, cui corrisponde ormai, come nelle più importanti città etrusche, una necropoli unitaria al posto dei piccoli centri cimiteriali pertinenti ai singoli villaggi della fase precedente.
Il Foro, allora, cessa di essere un’area esterna ai vari nuclei abitati che lo circondano ed entra a far parte di un unico centro, già definibile come urbano. Dopo la fusione in una sola città delle comunità dei colli adiacenti, il Foro, difeso dalla comune rocca del Capitolium, forma il centro di Roma, intorno a cui sorsero a mano a mano gli edifici destinati al disbrigo degli affari pubblici e privati: tabernae, cioè negozi, basiliche, sale porticate, luogo di ritrovo e di pubbliche funzione.
Alla fine del VII secolo ha inizio a Roma la dinastia etrusca dei Tarquini. Il primo re, Tarquinio Prisco, pone mano a una serie di opere pubbliche, e in particolare a un grandioso sistema di fognature destinato a drenare il fondo paludoso delle valli. La più importante di queste opere, la Cloaca Maxima, il cui percorso attraversa l’area centrale del Foro, è ancora oggi riconoscibile: grazie a tale capolavoro ingegneristico, l’acqua del Velabro viene canalizzata, rendendo utilizzabile l’area.
L’urbanizzazione della valle presuppone anche l’occupazione e l’integrazione alla città palatina del contrapposto complesso Campidoglio-Quirinale, che sarebbe stato anch’esso realizzato sotto i re etruschi. La costruzione sul Campidoglio del gigantesco Tempio di Giove Ottimo Massimo, iniziato secondo la tradizione, da Tarquinio Prisco, costituisce la migliore prova dell’avvenuta unificazione.
Dovette allora determinarsi la suddivisione dell’area in due parti, con funzioni precise: ai piedi dell’Arx, la sommità settentrionale del Campidoglio, il Comizio, destinato all’attività politica e giudiziaria; a sud di questo, il Foro vero e proprio, con funzioni precipue di mercato. L’antichità del Comizio, comitium ovvero luogo di riunione, risulta, oltre che dalla menzione che ne troviamo nel primo calendario romano e dalla sua utilizzazione per i più antichi comizi – quelli delle curie – anche dalla scoperta nella sua area di un complesso monumentale, il Niger Lapis, attribuibile con tutta probabilità ancora all’età regia, VI secolo avanti Cristo.
La data tradizionale dell’inizio della Repubblica, 509 avanti Cristo, corrispondente all’inaugurazione del Tempio di Giove Capitolino e all’inizio della compilazione della lista dei consoli, sembra confermata dai risultati di scavi recenti.
L’antico edificio della Regia, nel quale la tradizione riconosceva la casa di Numa, distrutto da un incendio, è ricostruito in nuove forme proprio alla fine del VI secolo avanti Cristo.
La cacciata dei Tarquini non costituisce però una rottura radicale nello sviluppo della città: la crisi più grave si avrà poco prima della metà del V secolo avanti Cristo. Ciò si ricava, per quanto riguarda il Foro, dalla costruzione, nei primi anni della Repubblica, di due importanti santuari:
quello di Saturno, forse anch’esso iniziato in periodo regio sul luogo dove esisteva un antichissimo altare della divinità, e quello di Castore e Polluce; in quest’ultimo caso si tratta dell’evidente importazione di un culto greco, come dimostrano tra l’altro i nomi, gli stessi delle corrispondenti divinità greche.
I siti e i monumenti che rimandano ai tempi arcaici di Roma sono la necropoli arcaica, la Regia, il Tempio di Vesta, la Fonte Giuturna e il Tempio dei Castori. Per passare alla zona del Comizio – Niger Lapis – e alla Curia.
Roma, 14 ottobre 2017
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