Il nuovo ciclo che dedichiamo ai celebri e storici colli di Roma non poteva che partire da qui. Perché pur essendo il più piccolo e il meno esteso dei sette, è di certo il più augusto. Centro religioso e politico di Roma antica, il Campidoglio è tuttora il cuore della maestà dell’Urbe e sede del governo cittadino. Il suo nome è universalmente riconosciuto come la somma espressione dell’idea di società organizzata in forma di Stato.
La collina, alta 50 metri, presenta due sommità divise da un’insellatura, oggi Piazza del Campidoglio; su quella meridionale si ammirava il Tempio della Triade Capitolina, il più venerato di Roma. Su quella settentrionale – ora occupata dalla Basilica dell’Ara Coeli – si innalzava la vera rocca, l’Arx, con funzioni difensive per tutto il tempo della Repubblica. Vi sorgeva il Tempio della Virtus e quello di Giunone Moneta, cioè “ammonitrice”.
Esauritasi la funzione difensiva dell’Arx in epoca imperiale, il Campidoglio rimase unicamente come sede delle più solenni cerimonie celebrative e rituali, teatro dei trionfi militari. La sacralità di tali funzioni lasciò al colle un’eredità affascinante: gli imperatori germanici vennero qui a sottoporre formalmente il loro potere all’avallo del popolo romano. Poi vennero i poeti a ricevere la corona d’alloro come gli antichi trionfatori. Petrarca, su tutti, che ne fu cinto nel 1341.
La bellezza della Piazza del Campidoglio, un unicum urbanistico e architettonico che reca evidente il suggello del genio di Michelangelo, si manifesta di colpo salendovi dalla monumentale rampa: grandiosa e armoniosa per l’impianto architettonico, la giustezza delle proporzioni e la coerenza stilistica dei tre palazzi – dei Conservatori, Senatorio e Museo Capitolino – che la limitano senza chiuderla. Una terrazza permette di apprezzare tutta la vista sul Foro Romano e sul Palatino, cuore e origine di Roma. Da lì templi, basiliche, archi monumentali ci rimandano alle tre funzioni che caratterizzavano la più antica piazza di Roma: funzione religiosa, politica e di mercato.
Alla destra del Campidoglio si erge la Basilica dell’Ara Coeli, denominata anticamente Santa Maria in Capitolio. Il nome attuale si impose nel 1323 per via di una leggenda tratta dalle Mirabilia Urbis Romae (manoscritti equivalenti alle nostre guide turistiche diffusi dal XII al XVI secolo) che vuole la chiesa sorta là dove l’imperatore Augusto avrebbe avuto la visione di una donna con un bambino in braccio e avrebbe udito una voce che diceva: «Questa è l’ara del Figlio di Dio». Essa sorse sulle rovine del tempio di Giunone Moneta attorno al VII secolo.
L’imponente scalea fu commissionata dal libero comune di Roma nel 1348 e inaugurata da Cola di Rienzo come voto alla Madonna affinché ponesse fine alla peste che imperversava in tutta Europa, e realizzata con i marmi di spoglio ricavati da ciò che rimaneva del Tempio di Serapide al Quirinale. Per questo l’Aracoeli è stata sempre considerata la chiesa del popolo romano e delle sue istituzioni civiche, in particolare il vicino Senato. Sempre qui si svolse il trionfo di Marcantonio Colonna dopo la battaglia di Lepanto del 1571, a ricordo del quale venne costruito lo splendido soffitto ligneo con profusione d’oro.
L’interno, a tre navate, è carico di capolavori con opere di Arnolfo di Cambio, Andrea Bregno, Pietro Cavallini, Jacopo Torriti, Donatello, Michelangelo, Andrea Sansovino. Ma soprattutto la straordinaria Cappella Bufalini con le Storie di San Bernardino affrescata dal Pinturicchio. Nel transetto, a destra rispetto all’altare maggiore, un tempietto dell’Ottocento dedicato a sant’Elena fa da copertura ad un altare medievale costruito dove Augusto avrebbe avuto la sua visione.
Da non dimenticare, all’interno di una cappelletta presso la sacrestia, il veneratissimo Santo Bambino dell’Aracoeli. Quello che vediamo oggi è una copia, poiché l’originale – una statuetta scolpita col legno di ulivo del Getsemani alla fine del XIV secolo – fu rubato nel 1994.
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