Dopo trent’anni di chiusura e sei tra restauri, studi e consolidamenti, è stata da poco riaperta al pubblico la Natatio delle Terme di Diocleziano, la più grande piscina scoperta dell’antichità.
Natatio in latino vuol dire piscina. Un’ala delle più grandi terme mai realizzate dalla civiltà romana, quelle dell’imperatore Diocleziano costruite tra il 298 e il 306 dopo Cristo, era interamente dedicata ad una piscina profonda un metro e cinquanta centimetri ed estesa per circa quattromila metri quadrati. Praticamente un piccolo lago.
La Natatio era posta all’ingresso delle terme stesse che occupavano più di tredici ettari di superficie in un territorio che si estendeva tra il Viminale e il Quirinale, per fare posto alle quali gli architetti imperiali non si erano fatti scrupoli di demolire edifici preesistenti di notevole fattura e importanza storica. Inutile dire che la facciata si presentava in tutta la monumentalità immaginata dai progettatori con sovrapposizioni di ordini architettonici posti su colonne, timpani, mensolature, nicchie geometriche o semicircolari e incorniciati da lastre in marmo policromo provenienti dalle regioni più remote dell’Impero. Un colpo d’occhio scenografico e mastodontico degno delle dimensioni ciclopiche di questo impianto termale sorto in pieno centro città il quale doveva rendere appieno i fasti di un potere assoluto e a tratti illuminato come fu quello dell’Imperatore che affidò l’idea di Roma alla tetrarchia dei due Augusti e dei due Cesari per meglio difenderla e amministrarla. Molti degli ambienti nei quali l’élite romana del terzo secolo trascorreva ore, piaceri e si formava in letture sono oggi visitabili grazie ad un restauro voluto dalla Sovrintendenza ai beni archeologici di Roma e costato circa sei milioni e mezzo di euro con un intervento conservativo e rispettoso della storia architettonica del sito. Di tanta bellezza e imponenza si era accorto anche Michelangelo tanto da pensare a quegli ambienti per realizzare il capolavoro di Santa Maria degli Angeli
e dei Martiri basandola proprio su i resti degli edifici dioclezianei. L’abside della Basilica oggi insiste su una parte della piscina termale come anche il chiostro della Certosa nel quale stratigraficamente è possibile visualizzare come tutta Roma sia una sovrapposizione di epoche e estetiche archittetturali che spesso demoliscono e altrettanto spesso conservano o riadattano la preesistenza degli edifici di epoche remote tra di loro. Questo succede tanto per gli edifici pubblici quanto per i luoghi di culto e dalla storia delle Terme stesse sappiamo che il malcostume della spoliazione, ossia della depredazione di materiali e laterizi decorativi e nobili, non fosse un’abitudine esclusivamente delle epoche successive ma fosse in auge anche presso le stesse maestranze romane che spesso riciclavano in nuove costruzioni materiali provenienti da strutture passate o non più utilizzate. Il complesso monumentale delle Terme dioclezianee si è costituito Museo Nazionale Romano fino dal 1889 e oggi ospita anche ritrovamenti statuari straordinari provenienti anche da aree suburbane nonché gli Acta dei Fratres Arvales, uno dei culti religiosi più antichi e misteriosi della romanità delle origini e le lapidi dei Ludii Saeculares, quelle festività ripristinate da Augusto con l’intento ideologico di un ritorno alla tradizione più antica e sincera della grande civiltà romana.
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