Frammenti di tardo barocco a Roma: Santa Maria Maddalena e non solo

Attraversando velocemente la Via del Corso, che la Roma post unitaria e giovane capitale trasforma profondamente, e svoltando in una via laterale quasi nascosta da tanta gente che aspetta l’autobus, si raggiunge la Piazza dei Burrò, che si apre proprio davanti alla chiesa barocca di Sant’Ignazio.

Piazza Sant’Ignazio – Roma

I cinque palazzetti realizzati da Filippo Raguzzini sono una di quelle rarissime testimonianze che Roma ha avuto il suo momento tardo barocco, quando non decisamente Rococò.
Certo il tardo barocco a Roma è vera rarità, confinato com’è a pochissimi esempi per altro molto composti e mai davvero eccessivi. Di fatto la città passa quasi direttamente e impercettibilmente dal barocco al neoclassico per precisa scelta urbanistica sulla quale furono determinanti le convinzioni architettoniche di Giovan Battista Piranesi e del Cardinale Giovanni Rezzonico nonché di suo zio Clemente XIII.
La piazza dialoga da pari con la chiesa sede di uno degli effetti scenografici più incredibili che la storia dell’arte e dell’architettura ci abbiano consegnato. E lì dove Andrea del Pozzo inganna tutti lasciando immaginare una cupola che non c’è, Raguzzini nella piazza spinge al massimo il gioco dell’apparire facendo di essa un teatro dove chiunque passa diventa l’attore di uno spettacolo personale e continuamente mutevole, giochi prospettici e cupole comprese.
Ma quello che può essere a giusta ragione considerato il monumento rococò per eccellenza di Roma è senza dubbio la chiesa di Santa Maria Maddalena.

Cantoria – Santa Maria Maddalena – Roma

Il gioco teatrale della luce inizia già in facciata, una complessa rielaborazione del primo settecento della facciata dell’Oratorio dei Filippini di Borromini, realizzata da Giuseppe Sardi. Le linee continuamente spezzate, statue e arricci, finestroni, l’asimmetria esasperata, tutto contribuisce a che al cambiar della luce cambi pure l’immagine della facciata, che questa sembri continuamente in movimento.
La cosa non piacque. Venne considerato disdicevole che si potesse giocare così con gli elementi architettonici di una facciata di una chiesa, sede per altro di un prestigioso ospedale, fortemente voluto da Camillo de Lellis. La facciata venne così etichettata come “pan di zucchero”, ovvero le fu dato il nome delle decorazioni di zucchero che si mettevano sopra le torte, una tradizione che aveva preso piede proprio nel Settecento quando, per la prima volta, comparve sulle tavole dei nobili il Pan di Spagna.
E’ solo nel 1586 che Camillo de Lellis riesce ad ottenere dal papa l’assegnazione di una cappella con relativo ospedale che sorgeva in questa posizione, mentre la “compagnia di uomini da bene” ottiene l’approvazione di Sisto V. L’Ordine, invece, nascerà nel 1591.
“Stando dunque egli una sera nel mezzo dell’Hospitale pensando a suddetti patimenti de’ poveri, gli venne il seguente pensiero: ch’a tali inconvenienti non si poteva meglio rimediare, che con istituire una Congregazione d’uomini pii e da bene, i quali avessero per istituto d’aiutare, e servire a detti poveri, non per mercede ma volontariamente, e per amor d’Iddio, con quella carità et amorevolezza, che sogliono far le madri a lor proprii figlioli infermi”.

Cupola – Santa Maria Maddalena – Roma

È il manifesto di Camillo de Lellis, apostolo della carità in favore dei malati. In particolare dei più poveri. Una delle figure che, insieme con Filippo Neri e Ignazio di Loyola, hanno giganteggiato in santità nella Roma tra il XVI e il XVII secolo.
Il proposito di dedicarsi anima e corpo ai malati s’insinua nella mente di Camillo de Lellis “intorno alla festa dell’Assunta nel 1582”. Prima di quella data, la sua vita era stata irregolare e randagia; di nobilissima famiglia, nato a Bucchianico, nelle vicinanze di Chieti, il 25 maggio 1550, fu soldato di ventura. Persi i suoi averi al gioco, si mise al servizio dei Cappuccini di Manfredonia. Ma, ben presto, per curare una piaga ad un piede che non accennava a guarire, fu costretto a trasferirsi a Roma nell’Ospedale di San Giacomo degli Incurabili, dove divenne maestro di casa, ossia responsabile dell’organizzazione, e cercò di migliorare la condizione degradata e sconsolante in cui giacevano i malati. Decise così di cambiare radicalmente vita e di consacrarsi, riprese gli studi abbandonati al Collegio Romano e, divenuto sacerdote nel 1584, fondò, insieme a un piccolo gruppo di amici fidati e generosi, la Compagnia dei Servi degli Infermi, riconosciuta come Ordine proprio nel 1591, con l’approvazione di papa Gregorio XIV. Compagnia che successivamente si sarebbe trasformata in Ordine dei Ministri degli Infermi, detti anche Camilliani.

Cantoria (particolare) – Santa Maria Maddalena – Roma

Il servizio nell’assistenza sanitaria, inteso da Camillo come servizio completo, di ordine materiale e spirituale, fu la vocazione del santo e fu il compito che egli affidò all’Istituto da lui fondato e diretto. L’impulso di Camillo a una carità “eroica” si espresse all’interno degli ospedali, come pure nel soccorso durante le epidemie collettive e nell’assistenza ai feriti di guerra. Le caratteristiche dell’opera svolta dai Camilliani sarà la base sulla quale verranno costruite le figure assistenziali ospedaliere, gli infermieri e i cappellani, così come oggi li conosciamo.
De Lellis morì a Roma il 14 luglio 1614 e fu canonizzato nel 1746. Le sue spoglie da sempre sono conservate nella Chiesa di Santa Maria Maddalena inizialmente raccolte in un’urna realizzata dalla bottega orafa di Luigi Valadier, oggi trovano casa in una nuova urna realizzata da Alessandro Romano.

Le Ragazze di Piazza di Spagna (Lucia Bosè, Cosetta Greco e Liliana Bonfatti) mentre scendono la Scalinata di Trinità de’ Monti.

A dispetto di molti dei frammenti tardo barocchi della città che si nascondono alla vista e passano inosservati, la Scalinata di Trinità de’ Monti è invece uno dei luoghi simbolo di Roma. La sua gestazione fu lunga e si rese effettivamente necessaria quando fu sistemato il Porto di Ripetta oggi andato distrutto per la costruzione dei muraglioni. Fu così che la zona di piazza di Spagna e di via Margutta cominciò ad avere un traffico commerciale molto inteso che richiese la creazione di un comodo e soprattutto sicuro collegamento con i Monti. La via impervia, alberata, pericolosa e popolarissima, che collegava i Monti al Tevere, sfociava in una piazza in terra che davvero pareva una spiaggia su cui la barca del Bernini padre aveva finito con l’arenarsi. La trasformazione fu radicale. La piazza divenne una delle più eleganti della città e soggiorno d’intellettuali e uomini di cultura provenienti da tutto il mondo.

Roma, 11 novembre 2017.


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