Dopo le prime tre passeggiate al Foro Romano in età arcaica, regia e repubblicana, la quarta è dedicata alle trasformazioni avvenute in età imperiale.
Alla fine della Repubblica, quando Roma è ormai capitale di un impero che si estende dalla Gallia alla Siria, l’antico Foro repubblicano appare ormai insufficiente alle funzioni di centro amministrativo e di rappresentanza della città. Il primo a dare inizio alla costruzione di un nuovo complesso monumentale, che è presentato all’inizio come un semplice ampliamento dell’antico, è Giulio Cesare, fin dal 54 avanti Cristo. I successivi interventi del dittatore nell’antica piazza repubblicana sono radicali: scompare praticamente il Comizio, sostituito in parte dal Forum Iulium, mentre l’antica sede del Senato, la Curia Hostilia, ricostruita in una nuova posizione, si trasforma, significativamente, in un’appendice del nuovo foro, Curia Iulia. La Basilica Giulia, ricostruzione assai più imponente dell’antica Sempronia, e il rifacimento della Basilica Fulvia-Emilia concludono la ristrutturazione integrale dei lati lunghi della piazza.
La politica edilizia di Augusto, più prudente e oscillante, non può che tener conto di questa rivoluzione: il secondo lato corto della piazza, verso Est, viene occupato dal tempio del dittatore divinizzato, preceduto dai Rostri che fanno da pendant all’antistante tribuna, la quale ha sostituito, già con Cesare, i più antichi Rostra repubblicani.
Le necessità propagandistiche e dinastiche, che man mano si andranno determinando, condizioneranno i successivi interventi: un Arco partico – forse in seguito dedicato ai nipoti del principe, Gaio e Lucio Cesare, addossato al lato Nord del Tempio del Divo Giulio e contrapposto all’Arco Aziaco di Augusto, che sorge sull’altro lato – prefigura suggestivamente la successione all’Impero, di cui i due giovani erano destinati. Dopo la loro morte prematura, ha inizio un’intensa attività del nuovo erede, Tiberio, al quale si debbono la ricostruzione dei templi dei Castori e della Concordia. Lo stesso Tiberio, già imperatore, innalzerà un arco accanto alla facciata del Tempio di Saturno. Attraverso il rispetto formale per la tradizione, tipico della politica di Augusto, traspare il desiderio di impadronirsi di essa per strumentalizzarla a fini dinastici, come si può constatare con ancora più cara evidenza nel Foro di Augusto. La piazza del Foro, ormai privata della funzione politica originaria, si trasforma in uno sfondo di rappresentanza destinato a esaltare il prestigio della dinastia.
La struttura conferita alla piazza dall’opera di Augusto restò a lungo immutata: le inserzioni di nuovi edifici, come il Tempio di Vespasiano e quello di Antonino e Faustina, si adattarono, senza modificarla, alla struttura augustea. Solo Domiziano, in significativa coincidenza con la sua politica marcatamente monarchica, osò per primo inserire un elemento di rottura: la sua gigantesca statua equestre al centro della piazza, che divenne così quasi una mera cornice per il monumento destinato a esaltare il dominus et deus.
Solo a partire dal III secolo dopo Cristo l’area del Foro fu di nuovo invasa da costruzioni ingombranti: l’arco e la statua equestre di Settimio Severo e poi soprattutto le sette colonne onorarie sul lato meridionale, i monumenti commemoranti i decenni della Tetrarchia, i nuovi rostra sul lato orientale della piazza: tutto ciò è in relazione con i grandi lavori di rifacimento successivi al violento incendio di Carino, 283 dopo Cristo. La Colonna di Foca, del 608 dopo Cristo, probabilmente nient’altro che la riedificazione all’imperatore bizantino di un monumento già esistente, chiude la storia del Foro e costituisce ormai la testimonianza di una nuova epoca, già avviata con la trasformazione di molti edifici pagani in santuari cristiani: la Curia Iulia diviene Sant’Adriano, VII secolo dopo Cristo, mentre altre chiese si installano tutt’intorno all’area, da Santa Maria Antiqua ai Santi Cosma e Damiano.
Roma, 13 novembre 2019
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