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  1. I linguaggi del Medioevo: Santa Pudenziana

    Dopo la visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, siamo alla seconda tappa del nostro itinerario dedicato ai linguaggi del Medioevo a Roma.spaccato_assonometrico_fs La chiesa di Santa Pudenziana vanta un’altra splendida abside, in cui i fedeli del V secolo dopo Cristo potevano ammirare la Gerusalemme Celeste, loro futura dimora eterna.
    La Chiesa venne costruita su parte di un impianto termale più di recente individuato come cortile a pilastri e decorato con fontane del II secolo, che apparteneva a una dimora romana nota con il nome di Titulus Pudentis poi corrotto nel nome di Pudenziana.
    L’edificio basilicale originariamente a tre navate subì rifacimenti verso la fine del il XVI secolo per volere del cardinale Caetani e la chiesa fu trasformata e arricchita di nuove decorazioni.
    Il tema principale della vista riguarderà il mosaico che, tra quelli absidali, è il più antico di Roma anche se oggetto di ampi rifacimenti per quanto riguarda il lato destro, eccezion fatta per il volto di Pietro.

    Mosaico dell'abside

    Mosaico dell’abside

    Dalle iscrizioni note si deduce che la fondazione è legata a papa Siricio, e dunque ultimata entro l’anno 398, mentre la decorazione di poco successiva risale al pontificato di papa Innocenzo (401-17), durante il quale un presbitero di nome Leopardo fece realizzare i marmi (oggi scomparsi), le pitture e presumibilmente anche il mosaico absidale. Secondo il grande archeologo Giovanni Battista de Rossi fu proprio Leopardus Presbyter lo sponsor a cui va il merito principale del Cristo giudicante nel consesso apostolico che è il tema del mosaico. Cristo è rappresentato in trono, ammantato di una veste d’oro e fiancheggiato dagli apostoli vestiti con la toga dei senatori romani tra i quali si riconosce anche Paolo, in qualità di Doctor gentium.

    Mosaico dell'abside - particolare

    Mosaico dell’abside – particolare

    Le rappresentazioni della Ecclesia ex circumcisione e quella dell’Ecclesia ex gentibus incoronano rispettivamente Pietro e Paolo. Alle spalle dei personaggi raffigurati si staglia un grandioso scenario architettonico palesemente ispirato a un palazzo imperiale, mentre nel cielo aleggiano i simboli degli evangelisti. Una croce gemmata sovrasta la scena. Il fulcro sia visuale (soprattutto rispetto alle proporzioni originali, oggi lievemente alterate) che di significato di tutta la scena risiede nell’iscrizione del testo tenuto da Cristo:

    Mosaico dell'abside - particolare

    Mosaico dell’abside – particolare

    Dominus conservator ecclesiae pudentianae dove conservator dal I al IV secolo veniva usato in campo letterario, epigrafico e numismatico per indicare l’autorità imperiale o per le divinità ed esprimeva gratitudine per l’intervento in una situazione di difficoltà o pericolo. È da questo punto che partirà l’analisi dell’abside, che andrà a toccare i molteplici nuclei tematici presenti per comprendere la natura complessa e stratificata dell’opera.

  2. Museo dell’Alto Medioevo

    Inaugurato nel 1967, il museo ospita materiali volti ad illustrare l’età post-classica attraverso reperti provenienti prevalentemente da contesti romani e dell’Italia centrale.

    Decorazione per sella in oro.

    Decorazione per sella in oro.

    Il percorso espositivo inizia con la presentazione di alcuni oggetti del periodo tardo-antico, in particolare tre ritratti imperiali del v-vi secolo d.C. e iscrizioni funerarie. Le due sale successive accolgono una serie di materiali risalenti al periodo longobardo, illustrato prevalentemente dai reperti della necropoli di Nocera Umbra e Castel Trosino. Si tratta di notevoli corredi funerari, con armi e oggetti ornamentali di varia natura; in alcuni casi le sepolture di defunti di alto rango sono caratterizzate da oggetti di lusso: spade con elsa d’oro, finimenti da cavallo in argento, vasellame bronzeo ecc.

    Aula sectile di Porta Marina

    Aula sectile di Porta Marina

    L’età carolingia è documentata da arredi marmorei provenienti dalle chiese di Roma e del Lazio, in particolare recinzioni presbiteriali, capitelli, amboni, altari, cibori, con decorazioni in stile naturalistico e del repertorio geometrico. Sono esposti anche materiali ceramici recuperati nel corso di vecchi scavi nell’area del Foro Romano.
    Le sale successive sono dedicate ad insediamenti altomedievali della campagna romana come Santa Cornelia presso Veio e Santa Rufina sulla via di Boccea, che documentano le caratteristiche di insediamenti a sostanziale continuità di vita – sia pure con differenti ed articolate funzioni e destinazioni – dall’età romana a quella medievale. Di particolare interesse il grande mosaico pavimentale proveniente da Santa Rufina.

    Uno dei tessuti conservati presso il Museo dell'Alto Medioevo

    Uno dei tessuti conservati presso il Museo dell’Alto Medioevo

    Di particolare importanza l’aula sectile di Porta Marina, una delle più straordinarie scoperte del tardo-Impero: una grande aula riservata al culto cristiano, interamente rivestita di tarsie marmoree policrome figurate a soggetto religioso e simbolico, pervenutaci quasi integra e totalmente rimontata nel Museo. Un esempio meraviglioso della grande arte imperiale nell’ultimo secolo dell’Impero.
    L’itinerario di visita si conclude con una collezione di tessuti e rilievi prodotti in Egitto dall’età tardo-romana al periodo islamico; in particolare, arredi liturgici e tessuti decorati con motivi caratteristici di notevole eleganza artigianale.

  3. Santa Maria in Cappella a Ripa Grande, Vicolo dell’Atleta e San Benedetto in Piscinula

    Quello scrigno di straordinari gioielli d’arte, di fede e di storia che è il rione Trastevere si è arricchito, solo da pochi giorni, di un’altra gemma:

    Santa Maria in Cappella - Trastevere

    Santa Maria in Cappella – Trastevere

    l’antica chiesa di Santa Maria in Cappella. Dopo anni di restauro, la famiglia dei Doria Pamphilj, che da secoli ne è proprietaria, l’ha riaperta al pubblico in occasione del Giubileo della Misericordia.
    A due passi dal complesso monumentale di Santa Cecilia, la chiesa – detta anche ad pineam – è la superstite di una serie di piccole chiesette sparite nello sconvolgimento portato dalle opere di contenimento del Tevere. La sua dedicazione risale al 1090, ma prese il nome attuale a partire dal xv secolo, quando divenne sede della confraternita dei fabbricanti di «cupelle», ovvero i barili.
    Dopo la distruzione di Santa Maria della Torre, l’antichissimo oratorio dei marinai che sorgeva presso le torri di sbarramento del Tevere, la chiesetta ospitò per qualche tempo l’immagine della Madonna del Buon Viaggio, diventando il luogo di culto e delle promesse dei marinai di Ripa Grande. Annesso alla chiesa è un antico ospizio per anziani tuttora in funzione.
    Situata in fondo a via dei Genovesi, si apre su una sorta di piccolo atrio, con una semplice facciatina sormontata da un minuscolo campanile.
    La pianta corta e larga, divisa da due file di piccole colonne di spoglio, crea un ambiente fortemente suggestivo.
    A lato della chiesa è un chiostro, circondato da uno stretto portico su tre lati e da un muro che dà sul Lungotevere. Al centro del chiostro un orto con una fontana nel mezzo: era questo il famoso giardino pensile sul Tevere di donna Olimpia Doria Pamphilj. Doveva trattarsi all’epoca di una villetta assai amena che offriva la possibilità di fare con riservatezza i bagni nel fiume (la leggenda popolare parla infatti dei «bagni di donna Olimpia»).
    I principi Doria Pamplhilj ristrutturarono l’edificio, in forme neoclassiche, ai primi dell’Ottocento (notevole è la loggetta in fondo al chiostro, aperta verso l’Aventino). I Pamphilj avevano ottenuto da Innocenzo x il patronato della chiesa e dell’annesso «hospedaletto per i poveri» istituito da santa Francesca Romana che aveva abitato nei paraggi, nelle case della famiglia del suocero, i Ponziani. Nel 1860 il principe Andrea Doria Pamphilj trasformò l’istituzione nel primo gerontocomio di Roma, ancora in funzione.
    A pochi passi dalla chiesetta si apre alla vista il Vicolo dell’Atleta, una stradina su due livelli che, se non fosse per qualche auto e moto parcheggiate, potrebbe sembrare un borgo di campagna. Osservando bene la facciata di una casa dove oggi c’è un ristorante, si possono scorgere in una colonna della loggetta delle iscrizioni in caratteri ebraici. Qui sorse la prima Sinagoga di Roma, realizzata probabilmente intorno all’anno mille, cioè prima che la comunità fosse spostata al di là del Fiume (spostamento avvenuto durante il pontificato di da Paolo IV, Pietro Carafa, nel 1555).
    Il Vicolo è detto “dell’Atleta” perché nel secolo scorso fu rinvenuta, nel sottosuolo di questa casa, la statua dell’Atleta detto Apoxyomenos (dal greco “che si pulisce”, “che si raschia” con la strigile, l’olio con cui si era spalmato il corpo). Si tratta di una copia romana in marmo di un originale in bronzo dello scultore greco Lisippo ( IVsec. a.C.), collocata originariamente davanti alle terme di Agrippa, nei pressi del Pantheon. La statua ora si trova ai Musei Vaticani, nel Gabinetto dell’Apoxyomenos.

    San Benedetto in Piscinula - Trastevere

    San Benedetto in Piscinula – Trastevere

    Alla fine dell’epoca romana il più antico nucleo abitativo di Trastevere, raccolto intorno a piazza in Piscinula, utilizzava il fiume come fonte primaria di attività economiche e commerciali. La piazza triangolare ospita la deliziosa chiesa di San Benedetto in Piscinula, con campaniletto romanico.
    Con più di mille anni di storia, la chiesa è un insigne tesoro artistico medievale di Roma. La sua origine si perde nella notte dei tempi. Gli antichi documenti la citano soltanto, e nessun codice medievale ne riferisce le vicende.
    Sul sito della chiesa sorgeva in precedenza la Domus Aniciorum, la sontuosa villa dell’importante famiglia degli Anicii a cui apparteneva san Benedetto. In questo luogo il venerabile abate – venuto in città per completare gli studi – abitò durante il suo soggiorno a Roma intorno all’anno 480.
    Qui è ancora visibile la cella, piccolo spazio scelto dal santo come abitazione, e l’attiguo affresco della Madonna della Misericordia davanti al quale amava pregare. La tradizione vuole che sia questa la prima immagine della Madre di Dio oggetto di devozione di san Benedetto.
    La chiesa, piccola e discreta, fu costruita intorno al x secolo, anche se la cappella in cui si trova la cella di San Benedetto risale al secolo viii. Inizialmente dedicata alla Santa Vergine Maria, le fu in seguito imposto, dai devoti del santo, il titolo di San Benedetto. La denominazione “in Piscinula” si riferisce invece, secondo l’opinione di molti storici, alla prossimità delle piscine di antichi stabilimenti termali.

    Madonna con BAmbino e Sant'Anna - San Benedetto in Piscinula - Trastevere

    Madonna con Bambino e Sant’Anna – San Benedetto in Piscinula – Trastevere

    Malgrado le ridottissime dimensioni, la chiesa vanta diversi primati e custodisce importanti tesori storico-artistici, primo fra tutti il pavimento, formato dai bei mosaici di marmo in stile cosmatesco: si tratta dell’unico pavimento cosmatesco al mondo perfettamente conservato nelle condizioni originali. Tutti gli altri capolavori del genere hanno subito, nel tempo, varie alterazioni, mentre questo è intatto da circa mille anni. Un altro tesoro è custodito nel pittoresco campanile romanico che incorona la chiesa: benché sia il campanile più piccolo dell’Urbe, vanta al suo interno la campana più antica di Roma, fusa nel 1069!
    La chiesa con gli edifici annessi ospitano la Casa dove vivono oggi i giovani appartenenti alla Società Virgo Flos Carmeli. A questa comunità di preghiera, lavoro e studio la Diocesi di Roma ha infatti affidato la chiesa. La comunità si occupa, tra l’altro, dell’accoglienza dei pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.

  4. I linguaggi del Medioevo: Basilica di Santa Maria Maggiore

    Per la monumentale basilica, l’appellativo “Maggiore” sta ad indicare l’importanza di quella che probabilmente fu, con Santa Maria in Trastevere e Santa Maria Antiqua, tra le prime chiese romane a essere dedicata alla Vergine Maria.

    Arco trionfale - Santa Maria Maggiore

    Arco trionfale – Santa Maria Maggiore

    Ma nei secoli furono usati anche altri nomi per indicarla, soprattutto quelli di basilica Liberiana e Santa Maria ad Nives, entrambi legati alla leggenda della miracolosa nevicata del 5 agosto 356.
    Come molte chiese di Roma, anche Santa Maria Maggiore affonda le sue radici architettoniche e storiche nelle vestigia della Roma imperiale conservate per secoli sotto la struttura attuale, e tornate alla luce negli scavi condotti tra il 1966 e il 1971, durante i quali si rinvennero resti di un complesso di età augustea, se non addirittura di epoca precedente, poi ricostruito in epoca adrianea e costantiniana.
    Per i visitatori stranieri e per i romani che transitano tra Via Merulana e Piazza di Santa Maria Maggiore, la basilica quasi si nasconde dietro al fronte di laterizio e travertino di Ferdinando Fuga, che lascia solo intravedere l’antica facciata, il gioiello medievale conservato al suo interno.
    La parte più antica è legata alla committenza di Sisto III, il quale, secondo il Liber Pontificalis, fece fare la vasta decorazione musiva della navata centrale e dell’arco trionfale tra il 432 e il 440. A confermare la datazione e la committenza – anche se non tutti gli studiosi sono concordi – sta l’iscrizione al culmine dell’arco: Xystus Episcopus Plebi Dei, nella quale il Vescovo di Roma dedica la chiesa al popolo di Dio.

    Arco trionfale (particolare) - Santa Maria Maggiore

    Arco trionfale (particolare) – Santa Maria Maggiore

    La decorazione, che ha una specifica lettura dettata da ragioni teologiche e simboliche, parte dalla narrazione di episodi dell’antico testamento che confluiscono nel arco trionfale dove sono rappresentati i fatti della nascita e infanzia di Cristo, compimento storico del peregrinare del popolo eletto. L’abside non appartiene a questa prima decorazione ma a una più tarda, realizzata da Jacopo Torriti (1295), compiuta dopo la distruzione e l’arretramento dell’abside originale voluto da Niccolò IV (1288-1292). La Vergine qui è incoronata tra angeli, santi e committenti in una profusione di girali d’acanto. Questo ciclo decorativo è l’unico, tra quelli delle basiliche patriarcali, ad aver conservato un aspetto simile a quello originale,

    Mosaico dell'abside (particolare) - Santa Maria Maggiore

    Mosaico dell’abside (particolare) – Santa Maria Maggiore

    e lo si può considerare eccezionale per più di una ragione: per la vastità e il carattere intellettuale del suo programma ideologico; per il largo uso della tecnica musiva – tra le più preziose e durature – che solo qui si estende anche alla navata (contrariamente alle altre basiliche romane, dove per consuetudine si impiegava l’affresco); infine, perché è il primo ciclo monumentale romano di committenza ecclesiastica in un momento in cui la Chiesa di Roma, anche attraverso questa superba committenza, si affermava come nuovo potere ormai autonomo rispetto all’Impero, ormai prossimo alla fine.
    La visita si propone come una lettura a più livelli di questo straordinario documento storico e artistico che parla una lingua lontana ma ben comprensibile attraverso gli strumenti dei significati simbolici iconografici e liturgici.