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  1. Saggio

    Illustri vittime dell’Anno Santo

    di Silvio Negro

    «Chi ha rivelato Roma ai romani è stato un non romano, un veneto, Silvio Negro, capo della redazione romana del Corriere della Sera e vaticanista di fama europea» ha scritto Stefano Malatesta nell’introduzione alla nuova edizione del prezioso volume di Negro “Roma, non basta una vita”, giunta in libreria solo pochi mesi fa in quarta edizione da Neri Pozza, dopo quella del 1965.
    Pubblichiamo “Illustri vittime dell’Anno Santo”, un saggio del 1951.

    I trattori romani che si mostrano piuttosto delusi a proposito dell’Anno Santo, hanno fatto male a credere che mesi buoni per i pellegrinaggi siano quelli di gennaio e di febbraio. Tutta la storia degli Anni Santi dice proprio il contrario, non solo, ma la detta storia…segnala quasi regolarmente insieme con l’affluenza dei pellegrini nei mesi buoni la loro carenza in quelli controindicati, con la conseguente delusione di osti ed albergatori.

    Roma 1400 ca. - Taddeo di Bartolo

    Roma 1400 ca. – Taddeo di Bartolo

    Il cronista Paolo Del Mastro, annotando quanto avvenne, ad esempio, nel 1450, dice che, dopo la prima affluenza natalizia per l’inizio del perdono, seguì una stasi che preoccupò molto gli «industrianti», tanto che pareva a ciascuno d’essere «disfatto». Ma con la buona stagione si aprì il flusso e fu tanto notevole che, sia Paolo Del Mastro che i suoi colleghi, per descriverlo non seppero far altro che attaccarsi alle vecchie immagini degli eserciti di formiche e delle nuvole delle cavallette. Al solito, passare sul ponte di Castel Sant’Angelo per andare alla basilica di San Pietro diventò un problema per l’ingorgo della folla e si dovettero prendere le misure d’ordine che già avevano colpito la fantasia di Dante, e mettere drappelli di sorveglianti per farle osservare. «Ed io, Paolo – dice il Del Mastro – ci fui più volte, insieme cogli altri, colli bastoni in mano a sfollare la gente».

    continua…

  2. RAFFAELLO PARMIGIANINO BAROCCI Metafore dello sguardo

    Tre giganti dell’arte italiana in un confronto senza precedenti.

    Raffaello - Studio compositivo per la "Deposizione" - Galleria Borghese

    Raffaello – Studio compositivo per la “Deposizione” – Galleria Borghese

    Dipinti, disegni e stampe raccontano la profonda relazione che lega Raffaello a Francesco Mazzola detto il Parmigianino e a Federico Barocci, entrambi ricordati dalle fonti più antiche come eredi dell’artista urbinate. “Raffaello, Parmigianino, Barocci”. È un confronto a tre quello che sta andando in scena ai Musei Capitolini, un’esposizione di sguardi incrociati: quello degli autori antichi sul Parmigianino e Barocci e la loro relazione con Raffaello; quello dei due pittori su Raffaello e, infine, lo sguardo stesso dei tre artisti rivolto allo spettatore negli autoritratti selezionati. L’esposizione si propone di evidenziare come il modello di Raffaello abbia concorso a determinare gli orientamenti artistici di Francesco Mazzola detto il Parmigianino e quelli, assai diversi, di Federico Barocci. Il Parmigianino e Barocci sono ricordati nelle testimonianze cinque-seicentesche come eredi dell’Urbinate e considerati entrambi tra i più magistrali disegnatori della loro epoca. Guardando a Raffaello con gli occhi del Parmigianino e con quelli di Barocci, l’esposizione affronta il tema del confronto e quello dell’eredità tra artisti vissuti in epoche e luoghi diversi.
    Mentre per il Parmigianino l’eredità spirituale trasmessa da Raffaello si fa risalire a una leggenda circolante a Roma subito dopo la morte precoce dell’Urbinate – che parlava di una trasmigrazione dell’anima di quest’ultimo sul più giovane artista –, il nesso tra Raffaello e Barocci, a partire dalle interpretazioni degli anni Ottanta del ‘500, affonda le sue radici nella comune patria di origine.

    Barocci - Tempietto in San Pietro in Montorio - Firenze

    Barocci – Tempietto in San Pietro in Montorio – Firenze

    In realtà non si dovrebbe parlare di influssi del pittore più antico bensì di rielaborazione di motivi iconografici, emulazione e diversificazione rispetto agli originali raffaelleschi. In particolare, nel caso del Parmigianino l’esame approfondito della sua opera ha consentito di rovesciare i termini del confronto e trasformare il Raphael redivivus in un alter Raphael, affermando così la sua alterità e originalità rispetto a quel modello. Quanto a Barocci, egli seppe declinare l’eredità raffaellesca, dovuta alla comune provenienza urbinate, in una sintesi tra tradizioni culturali diverse. Raffaello, Parmigianino e Barocci si espressero nella loro copiosa produzione grafica sperimentalmente e con forza innovativa. Per raccontare questo confronto a distanza, la mostra romana propone disegni e stampe dei tre artisti (tra cui lo studio per la Deposizione Borghese di Raffaello, gli studi per gli affreschi della basilica di Santa Maria della Steccata a Parma del Parmigianino e lo studio compositivo per la Deposizione di Perugia di Barocci), provenienti dal Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, dall’Albertina di Vienna, dalla Reale Biblioteca di Torino, dal British Museum e dalle Courtauld Institute Galleries di Londra, dal Rijksprentenkabinet di Amsterdam, dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe del Museo e Gallerie Nazionali di

    Parmigianino - Circe porge da bere ai compagni di Ulisse - Firenze

    Parmigianino – Circe porge da bere ai compagni di Ulisse – Firenze

    Capodimonte a Napoli, dallo Städelsches Museum di Francoforte, dalla Galleria Nazionale di Parma.Una selezione assai mirata di dipinti (per esempio, l’Annunciazione e il Riposo durante la fuga in Egitto di Barocci dalla Pinacoteca dei Musei Vaticani) richiamerà i nodi tematici principali offerti dalla grafica. Lo sguardo dei protagonisti di quell’ideale dialogo artistico, attraverso i loro autoritratti (lo straordinario Autoritratto giovanile di Raffaello e l’Autoritratto di mezza età di Barocci, entrambi dalla Galleria degli Uffizi, e i due Autoritratti del Parmigianino dall’Albertina di Vienna e da Chatsworth), introduce il percorso originale di quest’esposizione.

  3. Le cortigiane romane di Leandro Sperduti

  4. Racconti

    Splendori e miserie delle cortigiane romane

    di Luca Volponi

    Luca Volponi ci racconta un mondo femminile poco conosciuto che Leandro Speduti ci aiuterà a conoscere in una delle nostre passeggiate serali di luglio.

    Un po’ geishe giapponesi e un po’ etère dell’Antica Grecia. La civiltà delle cortigiane nella Roma rinascimentale e nell’Italia frazionata del tempo, ben descritta dal Cortegiano

    Cortegiano - Baldassarre Castiglione

    Cortegiano – Baldassarre Castiglione

    di Baldassarre Castiglione, meriterebbe un voluminoso trattato di storia del costume e della società del Quattrocento e del Cinquecento.
    Donne di umilissime condizioni, spesso figlie di prostitute od orfane che venivano affidate a illustri uomini d’affari o nobili principi della Chiesa affinché si avviassero alla professione, le cortigiane romane, quelle chiamate senza troppe metafore le curiali, dettero vita ad un fenomeno storico di vita e di costume fatto persino di scuole che insegnavano alle giovani fanciulle l’arte di diventare donne ambite e desiderate. Erano colte al punto da saper comporre madrigali o sonetti, recitare e cantare in pubblico, discutere con chiunque di letteratura, di musica e di arti e fare dei propri salotti la fucina delle interminabili discussioni sulle estetiche rinascimentali. Ed erano altresì ricchissime poiché per la loro qualità umana, la loro astuzia e intelligenza si accaparrarono i favori di uomini potenti e abbienti a qualunque consorteria municipale essi appartenessero. Pochi uomini sapevano resistere al loro fascino e alle loro lusinghe.

    continua…