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  1. EUR: CIAK SI GIRA!

    Nell’immaginario comune il quartiere dell’EUR è probabilmente l’esempio più evidente di architettura razionalista romana, e contemporaneamente l’immagine della forza politica e dell’innovazione che il fascismo volle dare di sé.

    L'E42 nel 1945 - Foto da Romasparita

    L’E42 nel 1945 – Foto da Romasparita

    In realtà la storia dell’E42 – come fu ufficialmente denominato alla sua nascita il quartiere che sarebbe dovuto sorgere nel 1942 per ospitare l’Esposizione Universale anche in funzione celebrativa della marcia su Roma  – di razionalista, dal punto di vista architettonico, ha molto poco.  Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i lavori, in quella vasta area di aperta campagna, erano appena iniziati e non furono mai portati a termine, così come non sarà mai compiuto nella sua interezza il progetto originario riguardante l’intera area. I pochi edifici ultimati verranno requisiti da ufficiali e soldati nazisti durante l’occupazione di Roma, successivamente sostituiti dagli Alleati che arrivarono con la liberazione. Alcune aree edificate vennero invece occupate dai profughi giuliano – dalmati che all’inizio della guerra erano stati alloggiati dentro Cinecittà, e che all’atto della liberazione si trovarono privati anche di quell’unico riparo che erano stati gli studi cinematografici malamente separati.

    Il Piccone Demolitore - Gaia - Metro San Paolo - Roma

    Il Piccone Demolitore – Gaia – Metro San Paolo – Roma

    Ancora occuparono alcuni edifici anche i tanti senza tetto romani che avevano perduto tutto a seguito dei bombardamenti alleati.
    Alla fine degli anni quaranta le strutture dell’E42 sono già in gran parte fatiscenti, tanto che in molti ne proporranno l’abbattimento. Sarà Alcide de Gasperi, pare su suggerimento di Giulio Andreotti, a decidere nel 1951 la ripresa dei lavori e il completamento del progetto, con le necessarie modifiche. E’ così che l’E42 lascerà il passo al nuovo quartiere che, negli anni sessanta, assumerà ufficialmente il nome di E.U.R. (Esposizione Universale Roma) e poi quello attuale – seppure pochissimo conosciuto e ancor meno utilizzato dai romani – di Quartiere Europa.
    Il nuovo progetto previde il restauro di quanto già costruito e fosse possibile restaurare, l’abbattimento delle strutture troppo degradate e soprattutto l’avvio di un’opera di riconversione avrebbe dovuto rispondere a diverse esigenze: attenuare il carattere “di regime” dell’EUR, renderlo più organico al resto della città e infine dar vita, almeno in certa misura, a un luogo di sperimentazione architettonico-urbanistica.

    Il Padre di Famiglia - Nanni Loy 1967 - Sullo sfondo il Palazzetto dello Sport - Foto da Romasparita.

    Il Padre di Famiglia – Nanni Loy 1967 – Sullo sfondo il Palazzetto dello Sport – Foto da Romasparita.

    È in quest’ottica che nascono per esempio il Palazzo dell’ENI, il Palazzetto dello Sport progettato da Vitellozzi e Nervi, il Palazzo della Democrazia Cristiana di Saverio Muratori e la scelta di destinare vaste aree all’edilizia residenziale cambiando radicalmente il carattere e la fisionomia del quartiere.
    Del progetto originario venne mantenuta la scelta di curare particolarmente il paesaggio e destinare ampi spazi al verde, così che l’EUR ancora oggi ha uno dei più estesi polmoni verdi della città. A completare la realizzazione delle aree verdi fu chiamato Raffaele de Vico, illustre paesaggista già voluto a tutti i costi dal direttore del progetto originario dell’E42, quel Marcello Piacentini che ebbe un così gran peso nell’architettura romana ufficiale del regime e che fu colui che impresse il carattere così fortemente monumentale al nuovo quartiere che molti avevano pensato razionalista.
    Nonostante il carattere monumentale ed autocelebrativo, le architetture bianche in mezzo al nulla, chissà quanto ispirate dalle opere metafisiche di  Giorgio de Chirico, entrarono molto presto nell’immaginario di artisti diversi, registi e non solo, tanto che ogni angolo del quartiere fu scelto, e ancora spesso lo è, come scenografia ideale di film e spot pubblicitari.

    Anita Ekberg - Le Tentazioni del Signor Antonio - Federico Fellini, 1962 - Foto da Romasparita.

    Anita Ekberg – Le Tentazioni del Signor Antonio – Federico Fellini, 1962 – Foto da Romasparita.

    Probabilmente la prima scena girata all’E2/EUR è una scena di Roma città aperta di Roberto Rossellini, ma subito dopo lo seguiranno Luchino Visconti con Bellissima, Elio Petri con La decima vittima, Federico Fellini con Boccaccio ’70, solo per ricordarne alcuni di cui il Titus di Julie Taymor e La grande bellezza di Paolo Sorrentino sono gli esempi tra i più recenti.
    La passeggiata si snoderà tra gli ampi viali dell’E42/EUR, e toccando alcune delle sue bianche architetture sarà l’occasione per raccontare il quartiere anche come set cinematografico, ma non solo. Il quartiere infatti nasconde anche tanta arte decorativa ed applicata: affreschi, mosaici, bassorilievi, mobili. La passeggiata sarà l’occasione anche per disvelare questo aspetto meno conosciuto dell’E42/EUR.

    Roma, 18 febbraio 2018

  2. Trasteverine per caso, Trasteverine per forza

    17 Trastevere è uno dei quartieri antichi di Roma che ha ceduto molto del suo carattere alla modernità e alla contemporaneità del “mordi e fuggi”.

    Lina Cavalieri

    Chi cammini oggi per le vie del quartiere incontra ristoranti, trattorie, bar, negozi finti alternativi e botteghe storiche che spesso, loro malgrado, di storico non hanno più nulla. Difficile è, per chi cammini oggi, nelle vie strette del quartiere cogliere il suo aspetto medievale quasi inalterato e rintracciare l’essenza della sua storia.
    Questa storia, per caso o perché davvero l’origine dei Trasteverini è diversa da quella dei Monticiani, come la tradizione vuole che sia, spesso coincide con la storia di donne che qui sono nate, hanno lottato o semplicemente sono passate e, in qualche maniera, trasteverine sono diventate. Alcune hanno finito con il lasciare al quartiere il cuore, la ribellione indomita e la vita.
    Sarà forse pure per il carattere combattivo che da sempre è riconosciuto agli abitanti di Trastevere, ma queste donne, che si possono incontrare passeggiando per le sue strette vie, attraversano il tempo e lo spazio e ripropongono spesso, oggi, questioni che risolte ed antiche non sono, ma che restano attuali.

    Giorgiana Masi – Tano d’Amico

    Donne diverse eppure simili nelle loro istanze di libertà e di uguaglianza. Giovani e moderne come Giorgiana Masi, la cui vita fu stroncata manifestando per affermare un diritto di tutti: quello di poter manifestare in piazza il proprio dissenso senza rischiare di essere uccisi per questo. Si chiede in pratica l’abrogazione dei trentasei articoli della Legge 152, meglio nota come “Legge Reale”.
    Donne come Giuditta Tavani Arquati, sposa per amore a 14 anni, e rivoluzionaria da sempre e per sempre. Giuditta immaginò e volle un mondo libero e più giusto per se, per i suoi figli e per tutte le generazioni successive e per questo idea di società repubblicana e libera organizzò la lotta al Papa re preparando la via, in quel lontano 1867, alla conquista della città di Roma.
    La figura e l’azione di Giuditta Tavani Arquati rimasero così impresse nella memoria non solo di Trastevere, ma dell’intera città di Roma, che fu fondata, il 9 febbraio 1887, un’Associazione che portava il suo nome. Questa Associazione fu sciolta nel 1925 dal governo fascista, per tornare a nuova vita solo dopo la Liberazione.

    La Fornarina – Raffaello Sanzio

    Alcune donne di Trastevere passano poi dalla storia al mito come Lina Cavalieri, ma ancor più come La Fornarina di Raffaello, tanto mitica che molti studiosi del pittore, ancora oggi, dubitano della sua esistenza ritenendola una sorta di summa di tutte le donne affascinanti e seducenti che entrarono nella vita dell’artista e condivisero con lui i piaceri che lo portarono ancor giovane alla morte. Il fascino della seduzione de La Fornarina, Trasteverina per antonomasia, quale simbolo di tutte le donne, ancora oggi emana dal dipinto che la rappresenta e soggioga chiunque si fermi ad ammirarlo.
    Sarà per tutte le storie femminili che l’attraversano, ma Trastevere diviene, per caso o per forza, il luogo naturale dove approdano due realtà femminili per eccellenza: la Casa Internazionale delle Donne e l’Archivio dell’Unione Donne Italiane (UDI).
    L’UDI nasce nel 1944 – 1945 dai gruppi di difesa delle donne e subito s’impegna per realizzare il tessuto polito e sociale necessario alla riuscita della campagna per il diritto al voto delle donne. Il 31 gennaio 1945 fu emanato il decreto legislativo che conferiva il diritto di voto alle Italiane che avessero almeno 21 anni con eccezione delle prostitute schedate che lavorassero fuori dalle case dove era loro concesso di esercitare la loro professione.

    Le 21 donne della Commissione Costituente

    In questa legge non si faceva però menzione della possibilità delle donne di essere elette, diritto che verrà conquistato con il decreto n. 74 del 10 marzo 1946. Questo decreto faceva seguito ad un telegramma composto dall’UDI l’11 febbraio 1945 ed indirizzato al ministro Bonomi, nel quale si chiedeva l’eleggibilità delle donne. Con questo decreto erano eleggibili le donne italiane a partire dal loro venticinquesimo anno di età.
    Le donne italiane diventavano in questa maniera cittadine con pieni diritti.
    Le prime elezioni amministrative alle quali le donne furono chiamate a votare si svolsero il 10 marzo 1946, mentre le prime elezioni politiche fu il Referendum istituzionale per decidere la forma di governo tra Monarchia e Repubblica, che si svolse il 2 giugno 1946.
    Gli effetti del decreto che sanciva la cittadinanza con pieni diritti per le donne si fecero sentire già nelle elezioni per l’Assemblea Costituente dove furono elette 21 donne, di cui cinque, Maria Federici, Angela Gotelli, Nilde Jotti, Teresa Noce e Lina Merlin, faranno parte della Commissione per la Costituente incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione repubblicana.
    A conclusione dei lavori verrà varata nel 1948 la Costituzione Italiana che all’articolo tre recita:
    “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
    E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

    Le donne per la prima volta al voto nel 1946

    Stabilendo per le donne pari diritti e pari dignità sociale in ogni campo.
    Per un lungo periodo di tempo l’UDI è l’associazione che, per definizione, in Italia rappresenta le donne e che viene percepita come allineata e complementare alla Sinistra.
    Con il IX Congresso, tra il 1981 e il 1982, l’UDI rimette in discussione la propria organizzazione e si rinnova totalmente senza abbandonare i temi che da sempre la hanno caratterizzata. Così la nuova azione politica dell’UDI è stata ripensata in funzione di due realtà presenti nella società italiana: le donne giovani e le immigrate.
    L’UDI dispone di un Archivio costituito da tutti quei documenti che testimoniano le fatiche che le donne hanno dovuto affrontare per sottrarsi al patriarcato, agli usi e costumi e al senso comune.
    L’Archivio comprende 6000 fascicoli, 1374 manifesti, 3000 fotografie, una collezione di giornali d’epoca, e una documentazione cartacea che copre gli anni che vanno dal 1944 al 2000.

    Manifestazione organizzata dall’UDI

    Aprirà l’archivio, per le socie e i soci di Roma Felix, Rosanna Marcodoppido. Rosanna fa parte dal 1974 dell’UDI. E’ stata per molti anni la vicepresidente dell’Associazione Nazionale degli Archivi dell’UDI. Ha organizzato seminari e convegni sull’esperienza storica femminile, sulle radici del Patriarcato e gli stereotipi sessisti, sui legami d’amore. E’ impegnata nella rete cittadina “Io decido” e nel movimento “Non una di meno”. Numerosi suoi articoli sono apparsi su alcuni giornali e riviste femministe.

    Roma, 2 aprile 2017

  3. Quadraro. Il quartiere ribelle

    Il Quadraro è un quartiere di Roma, posto nel quadrante sud – est, che oggi sollecita sentimenti contrastanti: molti non sanno nemmeno identificarlo nel più ampio settore del Tuscolano e almeno altrettanti lo immaginano, senza forse esserci stati e solo sulla scorta del racconto, come desolato e pericoloso, abitato da cittadini se non violenti certamente un po’ fuori dal comune.

    Gente di Quadraro - David "Diavù" Vecchiato

    Gente di Quadraro – David “Diavù” Vecchiato

    In realtà gran parte di questo immaginario è dovuto all’oblio in cui dal 10 aprile 1944 il quartiere è stato fatto più o meno consapevolmente cadere.
    Una rimozione collettiva e si potrebbe dire storicizzata non solo del quartiere e della sua gente, ma anche dei relativi fatti che a quel 10 aprile portarono e che lasciarono un segno indelebile nel Quadraro.
    Tutto il quadrante della città che si disponeva e si dispone intorno alla Casilina e che si estende fino alla Tuscolana, fu zona chiave durante l’occupazione nazista: la Casilina soprattutto era percorsa dai convogli tedeschi che potavano munizioni e rifornimenti alle truppe che stavano difendendo la Linea Gustav. Cassino, Monte Maio, Esperia, tutto il basso Lazio insomma e i territori confinanti potevano essere raggiunti da Roma percorrendo la Casilina.
    La Resistenza romana fu particolarmente impegnata in questa parte della città. Non solo i partigiani del CLN, ma anche Bandiera Rossa operarono in questa parte della città, con operazioni di attacco alle forze tedesche, di assalto alle colonne dei convogli, con l’obiettivo certamente di impedire che i rifornimenti arrivassero verso la linea Gustav, in primis Monte Maio avamposto di difesa di Monte Cassino, ma con l’obiettivo anche di ridistribuire i viveri così sottratti alla popolazione ridotta alla fame.

    Gino Scarano - David "Diavù" Vecchiato

    Gino Scarano – David “Diavù” Vecchiato

    La collaborazione tra partigiani e gente era perciò strettissima. In cambio la gente copriva la fuga dei partigiani, aiutava la lotta e sosteneva la resistenza e ospitava disertori che si sottraevano alla giustizia militare, non senza la collaborazione dei tanti parroci del territorio che non si tirarono in dietro.
    Il tessuto sociale e la condivisione delle stesse istanze e degli stessi bisogni, insieme ad una conoscenza del territorio ed una sua particolare conformazione geologica fece si che presto questa parte della città diventasse un luogo dove più semplice era nascondersi.
    «Vuoi sfuggire ai nazisti? Rifugiati in Vaticano o vai al Quadraro»: così si diceva a Roma nei mesi terribili dell’occupazione. La fama di questo spicchio a sud-est della città veniva addirittura paragonata all’extraterritorialità vaticana.
    Il bisogno di ribellione, la necessità di tornare liberi, dei suoi cittadini stavano poi in tanti atti di opposizione al regime in cui i combattenti erano consapevoli di esporre la propria persona al rischio di morte.

    Okurimono - Fin Dac - Quadraro

    Okurimono – Fin Dac – Quadraro

    Tra questi un episodio, mai completamente chiarito nella dinamica e che nel tempo ha assunto quasi la connotazione del mito, ne spiega il carattere indomito: era il 10 aprile del 1944, quando un gruppo di tedeschi in divisa cominciò a provocare Giuseppe Albano, il celeberrimo Gobbo del Quarticciolo – figura volutamente descritta come ambigua ed ambivalente dopo la guerra, una sorta di Robin Hood sottoproletario, un po’ rapinatore e un po’ partigiano – seduto ai tavoli dell’osteria “Da Giggetto” al Tuscolano insieme con i suoi amici. Lui non si fece pregare e sparò ai tre nazisti.
    Più probabilmente il Gobbo, che per due mesi con la sua banda aveva dato filo da torcere ai Nazisti nel quadrante Centocelle Quarticciolo, si ritrovò solo per caso insieme ai tre soldati tedeschi e per paura di essere riconosciuto e portato in galera, sparò per primo, uccidendoli.

    Numero dei probabili deportati durante il Rastrellamento

    Numero dei probabili deportati durante il Rastrellamento

    L’episodio non è mai stato chiarito nel dettaglio e non si sa quanto esso abbia influito sulla decisione di Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma, di impartire una lezione esemplare alla popolazione del quadrante sud – est della città. Lezione che si tradusse nel rastrellamento del “Nido di Vespe”, il nome che i Nazisti usavano per indicare il Quadraro.
    Presa la decisione il 17 aprile 1944 l’esercito tedesco entrò nel quartiere e arrestò più di 900 uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni, che furono deportati in Germania per lavorare nell’industria bellica. Alla fine della guerra, un numero imprecisato (chi dice 2 chi dice 200) di abitanti del quartiere fece ritorno a casa dopo un estenuante viaggio fatto per lo più a piedi.
    E per ironia della sorte o solo per incuria statale, lunga fu la battaglia che consentì a queste persone il riconoscimento del loro status di deportati e solo tardivamente al Quadraro sarà conferita la Medaglia d’oro al valor civile.

    Particolare del monumento che commemora il Rastrellamento

    Particolare del monumento che commemora il Rastrellamento

    Passeggiare per le vie del Quadraro restituisce ancora oggi, in un quartiere ancora romanissimo sebbene multietnico, lo spirito di quella comunità che non accettò di farsi schiacciare dal nazifascismo. E permette anche di respirare, a ridosso di una strada così affollata e trafficata come la Tuscolana, una certa aria intima, di paese, che fa di questo quartiere una nuova isola da scoprire navigando attraverso l’arcipelago urbano.
    La visita che proponiamo sarà l’occasione di ricordare la storia del quartiere, ma anche di incontrare la straordinaria vitalità artistica di oggi, che prende forma e colore sui muri piccoli delle case del quartiere. Muri che ricordano tele e che nel loro insieme costituiscono il M.U.Ro, il Museo Urban di Roma, una delle prime esperienze di museo all’aperto dopo quella storica di Fausto delle Chiaie all’Ara Pacis.
    Il racconto del quartiere si appoggia quindi ai tanti straordinari murales realizzati da artisti qui confluiti da diversi paesi, che prestano gratuitamente il loro contributo a favore di un quartiere che vive quotidianamente immerso in un progetto di arte visiva che rispetta la sua identità e racconta la sua storia. M.U.Ro. è un progetto ampiamente condiviso e principalmente autoprodotto grazie ai contributi dei soci sostenitori, alle aste delle opere che gli artisti hanno appositamente realizzato e ad una serie televisiva andata in onda su Sky Arte.

  4. Incontri in ….. Trastevere

    Trastevere è uno dei quartieri più noti di Roma. I turisti fanno un “must” della visita al quartiere.

    Piazza Santa Maria in Trastevere

    Piazza Santa Maria in Trastevere

    E’ una necessità, quasi obbligo, camminare per le sue vie ed entrare, quindi, nella cartolina nella quale esso è stato incastonato quasi a viva forza. Una cartolina in cui però Trastevere perde quasi completamente la sua vera natura. Non quella architettonica. Trastevere rimane una delle zone di Roma che più ha mantenuto il suo legame con i secoli passati, lambito solo dal profondo rinnovamento che la città subì all’indomani dell’annessione all’Italia Unita.
    Camminando tra le sue vie è facile riconoscere l’impostazione medievale, le vie strette e tortuose, i resti architettonici di epoca romana spesso incastonati nei muri più moderni. La trasformazione è stata quasi tutta sociale. Essa è iniziata verso la fine degli anni cinquanta del novecento, agli inizi del boom economico e non si è più fermata.
    Il quartiere operoso, produttivo grazie alle manifatture, notissima quella degli arazzi che si trovava dentro il grande complesso di San Francesco a Ripa, o quella dei tabacchi, tradizionalmente in Piazza Mastai, o grazie ai mulini alimentati dalle acque che venivano giù con forza dal Gianicolo, lascia il posto al quartiere cartolina dove il Rugantino ed il Meo Patacca, da personaggi del mondo reale che riassumono in se un certo spirito del popolo, divengono vuoti stereotipi.

    Nuccia accetta Meo Patacca come suo sposo - Tavola di Bartolomeo Pinelli

    Nuccia accetta Meo Patacca come suo sposo – Tavola di Bartolomeo Pinelli

    Anche in questo Trastevere va incontro ad un cambiamento che è quasi a se stante rispetto a quello del resto della città. D’altra parte esso corrisponde all’originale Transtiberim, la parte della città al di là del fiume, lì dove si estendevano i campi coltivati e dove viveva una miscellanea di popoli, un “meltin’ pot”, come diremmo oggi. Gente operosa che svolgeva numerosissime attività.
    E’ nel Transtiberim che si trovavano i campi che il popolo romano donò a Muzio Scevola e a Cincinnato, e sempre qui si trovavano gli Horti di Cesare, giardini che Cesare stesso legò con un testamento al popolo romano.
    Il Transtiberim era il fuori città, escluso dalla città quadrata fondata da Romolo, da qui non passarano mai le Mura Serviane, ma solo, molto più tardi, le Mura Aureliane. Ma il Transtiberim era fondamentale per il controllo del guado del Tevere e le genti diverse che abitavano le sponde del fiume dovettero trovare un accordo, che passò attraverso guerre e aspri confronti, ma alla fine venne costruito il ponte, il Sublicio, dalla fondazione mitica. IL Sublicio collegò tra loro le due sponde e le relative genti, ma quelle del Transtiberim rimasero comunque diverse e, nel tempo, diedero origine ad un popolo minuto che fece delle molteplici attività artigianali e commerciali la propria ragione di vita. Chi viveva qui, infatti, faceva il vasaio, lavorava l’avorio, il cuoio, faceva l’ebanista o il mugnaio poiché dai tempi più antichi lungo le pendici del Gianicolo e giù fino al Tevere qui c’erano i mulini.
    Il carattere del luogo era decisamente popolare, come testimoniato dai culti che nel Transtiberim si praticavano, ma un popolo dal carattere internazionale se è vero che le testimoniante indicano la presenza di due estese comunità straniere: una siriana e l’altra ebraica.

    Santuario Isiaco - Gianicolo

    Santuario Isiaco – Gianicolo

    Le testimonianze sono la presenza di templi, come quello isiaco sulle pendici del Gianicolo, oggi incluso in villa Sciarra, e l’identificazione del cimitero ebraico più antico di Roma, scoperto in prossimità di Porta Portese. E sempre nel Transtiberim che è stata identificata la sinagoga più antica, quella a cui faceva riferimento la comunità ebraica prima che fosse creato il ghetto medievale.
    Ma non solo popolo abitava il Gianicolo e le sue pendici, ma anche una certa aristocrazia. Così sembra che l’attuale Villa Farnesina occupi in tutto o in parte la villa di Clodia, celebre come Lesbia di Catullo, e così pure che qui sorgesse la villa di Agrippa.
    A testimoniare poi il ruolo importante di controllo sui traffici fluviali, ben prima che sorgesse il porto di Ripa Grande, qui fu costruito il grande porto fluviale romano con i suoi estesi magazzini, e qui sono stati identificati i resti dei Castra Ravennatium, ovvero l’acquartieramento dei marinai di Classe, che probabilmente svolgevano funzioni di polizia portuale, oltre a curare la preparazione delle naumachie.
    Il rione, nella fase storica, era attraversato da due strade entrambe antichissime e percorse già dall’uomo primitivo.
    Quella detta Via Campana, che si dirigeva verso sud, e che successivamente sarebbe divenuta la via Portuensis, che permetteva alle antiche tribù e poi alla città di Roma di collegarsi alle saline alle foci del Tevere e quindi al mare, e la seconda che creava una comunicazione con l’Etruria e che sarebbe poi diventata la via Aurelia, il cui primo tratto corrisponde proprio a Via della Lungaretta.
    Intorno a questi due assi viari si costituì il rione che crebbe in maniera irregolare, con vie strette e tortuose, assetto urbanistico che si consolidò nel Medioevo e che ancora oggi permane.

    Via della Lungaretta 1946

    Via della Lungaretta 1946

    Tra le casupole spiccavano le due chiese più antiche di Santa Maria in Trastevere e di San Crisogono.
    Santa Maria in Trastevere divenne il cuore del rione dopo l’intervento di Giulio II che fece aprire un nuovo asse viario che corrisponde a Via della Lungara – Via della Scala, a cui si aggiunse un terzo asse viario voluto da Paolo V, che è Via San Francesco a Ripa che collega Santa Maria in Trastevere con San Francesco a Ripa.
    Il carattere popolare continuò a permanere e il rione non fu residenza di cardinali e vi risiedette solo una modesta nobiltà. Anche dopo l’unità d’Italia, gli urbanisti di Roma capitale volsero il loro sguardo altrove e il quartiere rimase sostanzialmente fedele a se stesso custodendo al suo interno una sorta di enclave della romanità più vera.
    L’unico intervento significativo dopo l’unità fu, nel 1886, l’apertura del Viale del Re, poi Viale del Lavoro, oggi Viale Trastevere. La via avrebbe dovuto servire di collegamento tra la stazione ferroviaria (quella che oggi si trova in piazza Ippolito Nievo) e via Arenula, ma la costruzione del Ponte Garibaldi ritardò, e la stazione fu declassata a favore di Roma Termini. Alla stazione di Piazza Ippolito Nievo restò solo il compito di smistamento delle merci, almeno fino agli anni trenta del novecento, quando perse anche questa funzione.
    Oggi il quartiere è preda di un turismo e di una frequentazione che ne hanno alterato profondamente il carattere e soprattutto il tessuto sociale.

    Madonna de Noantri

    Madonna de Noantri

    Ciò nonostante esso è in qualche maniera alla ricerca della sua passata identità con la riscoperta di una certa romanità che passa anche attraverso il recupero di una festa dal nome significativo: la Festa de Noantri dedicata alla Madonna de Noantri.
    Una romanità, quella trasteverina, che si rifà o che comunque ha le sue radici in quelle genti del Trans Tiberim e che, per questo motivo, profondamente diversa dalla romanità di altri quartieri della città, come quella che ancora oggi può respirarsi alla Garbatella, che trova le sue radici in una condizione sociale in qualche misura più moderna.
    Trastevere è, quindi, un’altra delle isole dell’arcipelago Roma e passeggiare tra le sue vie consente di imbattersi in luoghi, come la casa di Ettore Fieramosca, e personaggi dalle storie particolari alcuni dei quali ammantati di leggenda. Qui, nel Trans Tiberim, sono nati Rugantino e Claudio Villa, Bartolomeo Pinelli e Alberto Sordi, ma anche donne diversamente affascinanti che, se pur non sono di nascita trasteverine, lo divennero per assidua frequentazione come Giuditta Tavani Arquati e Lina Cavalieri, che D’Annunzio definì: “la massima testimonianza di Venere in Terra”.