In prossimità della piccola chiesa di Sant’Omobono, lungo il tratto più occidentale del vicus Iugarius, ai piedi del Campidoglio, è situata un’area archeologica ormai celebre, scoperta nel 1937.
L’esplorazione, ancora ben lontana dall’essere terminata, ha già restituito documenti di eccezionale importanza per la storia di Roma arcaica e repubblicana.
Si tratta di un’area sacra che include due piccoli templi che, fin dal momento della scoperta, sono stati giustamente identificati con quelli della Fortuna e Mater Matura, la fondazione dei quali è attribuita dalla tradizione antica a Servio Tullio. Gli scavi in profondità hanno permesso di ricostruire la storia del monumento e le sue diverse fasi – ben sette – che vanno dal XIV secolo avanti Cristo a un’ultima pavimentazione in travertino di età imperiale, forse domizianea, ma con rifacimenti adrianei. Restano tracce, al centro dell’area, di un doppio quadriportico quadrifronte, nel quale con tutta probabilità si deve identificare la Porta Triumphalis, attraverso cui i cortei dei trionfatori entravano in città dando inizio alla cerimonia spettacolare del trionfo riservata a un generale e alle sue truppe al rientro in patria.
La Porta Triumphalis, infatti, secondo le pochissime fonti a disposizione, non si apriva né nelle mura serviane né in quelle aureliane, ma nel breve tratto di mura tra la Porta Carmentalis e la Porta Flumentana, e quindi in una zona compresa tra il Campidoglio e il Tevere.
Il collegamento tra le diverse fasi archeologiche, che gli scavi nell’area di Sant’Omobono hanno restituito, e quelle testimoniate per i due templi dalle fonti letterarie sembra sufficientemente chiaro. L’area testimonia anche la presenza degli Etruschi in Roma già prima della costruzione dei templi arcaici, poiché qui è stato ritrovato un piccolo ex voto in avorio con l’iscrizione estrusca “araz silqetenas spurianas” che fa riferimento alla famiglia degli Spurinna, originaria di Tarquinia. Questa è, quindi, un’attestazione importante della presenza in Roma di gentes tarquiniesi ed è considerata un’indiretta conferma della dinastia dei Tarquini, che avrebbe avuto la stessa origine. La creazione dei templi può essere datata intorno alla metà del VI secolo avanti Cristo, in accordo con la tradizione che attribuiva questi edifici a Servio Tullio, che regnò a partire dal 579 fino al 537 avanti Cristo.
L’abbondante ceramica greca di importazione, attica, laconica, ionica, scoperta in connessione con i templi, conferma la loro cronologia e l’epoca della loro distruzione volontaria: poco prima della fine del VI secolo avanti Cristo. Anche in questo caso, la concordanza con la data della Repubblica è impressionante: i templi dinastici dei re etruschi di Roma sembrano
distrutti in coincidenza con il violento cambiamento istituzionale. Le terrecotte architettoniche del tempio orientale comprendono parti decorative, un fregio con divinità su carri e statue di terracotta a due terzi del vero, Ercole, una divinità femminile armata. Esse sono databili intorno al 530 avanti Cristo e oggi questi reperti sono conservati ed esposti nei Musei Capitolini.
La ricostruzione dei templi sarebbe dovuta a Furio Camillo, subito dopo la presa di Veio, 396 avanti Cristo. La fase successiva è data da frammenti di un’iscrizione su blocchi di peperino, scoperta al centro dell’area «M. Fulvio, figlio di Quinto, console, dedicò in seguito alla presa di Volsinii». Si tratta dunque del console Marco Fulvio Flacco che conquistò nel 264 avanti Cristo Volsinii, da cui portò via 2000 statue di bronzo, probabilmente depredando il vicino santuario federale etrusco di Fanum Voltumnae. È interessante notare che tutti i ricostruttori del santuario di Fortuna e Mater Matuta erano in rapporto con gli Etruschi e dedicarono un santuario sull’Aventino: Servio Tullio il Tempio di Diana, Furio Camillo il tempio di Giunone Regina, Fulvio Flacco quello di Vertumnus. Tra l’altro, si tratta di divinità «evocate», cioè sottratte ai rispettivi luoghi d’origine. Il livello successivo corrisponde certamente alla ricostruzione del 212 avanti Cristo, ricordata da Livio, successiva all’incendio del medesimo anno che distrusse il Foro Boario.
Sul lato opposto del Vico Iugario, si nota un portichetto tardo-repubblicano, costituito da due serie parallele di arcate in peperino con semi colonne tuscaniche, prolungato verso Nord da una simile struttura in travertino. Questo portico, che doveva avere inizio all’altezza del Portico di Ottavia, si dirigeva verso la Porta Carmentalis, tracce della quale sono state viste al centro della strada moderna. Il portico doveva, probabilmente, continuare fino ai templi di Apollo e di Bellona, tanto che un tratto di esso è ancora oggi visibile lungo i lati destro e posteriore al Tempio di Bellona. Il suo percorso ne rende probabile l’identificazione con la Porticus Triumphalis, collocato lungo il percorso dei cortei, tra il Circo Flaminio e la Porta Triumphalis.
Roma, 16 giugno 2019