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  1. Brani scelti

    Paolo Biondi racconta Livia

    Paolo Biondi ha pubblicato di recente una biografia di Livia per le Edizioni Di Pagina, disponibile anche in e-book. Lo stesso autore sceglie per Roma Felix due brani dal suo romanzo.

    La vita di Livia, moglie di Ottaviano Augusto, madre di Tiberio, nonna di Claudio, bisnonna di Caligola, IMG_2102.jpgtrisavola di Nerone, anima delle dinastia dei Cesari, signora di Roma per 67 anni: dal matrimonio con il successore di Giulio Cesare nel 38 avanti Cristo, fino alla morte avvenuta nel 29 dopo Cristo. Osteggiata dal figlio che lei impose come successore di Augusto. Denigrata da Tacito che ne raccontò l’epopea. Seppellita nell’oblio come è successo all’Ara Pacis, il monumento che ne celebrava i fasti, per secoli già nella Roma imperiale. La (vera?) storia della donna che pose le fondamenta dell’impero romano.

    In maniera esplicita si accusano qui direttamente gli storici che hanno voluto infangare la me­moria non solo di Livia ma, come si dice a un certo punto, delle “donne dei Cesari”, facendo diventare il nostro racconto non solo un’esaltazione della moglie di Augusto ma anche di tutte quelle donne che con lei hanno costituito la spina dorsale dell’i­nizio del principato romano: Ottavia, Antonia e Agrippina.

     

  2. La Villa di Livia raccontata da Paolo Biondi

    È uno dei più bei siti archeologici della periferia romana, eppure è conosciuto quasi solo da pochi specialisti.

    Villa di Livia

    Villa di Livia

    Tutti conoscono la più bella statua dell’imperatore Augusto esistente, l’Augusto loricato conservato ai Musei Vaticani; tutti conoscono il magnifico giardino dipinto su quattro pareti, conservato al Museo nazionale romano di Palazzo Massimo, dal quale sono poi state copiate importantissime pitture romane e pompeiane. Pochi sanno che entrambi questi gioielli provengono dalla Villa Livia situata al nono miglio della via Flaminia, dove ora sorge Prima Porta.
    La Villa, caduta in disuso e sparita dalla memoria sul finire dell’impero romano, fu riscoperta nel 1863. In quell’anno fu prima dissotterrata la statua di Augusto e, qualche giorno dopo, l’ipogeo magnificamente affrescato e in uno stato di conservazione ottimo.

    Villa di Livia - affresco

    Villa di Livia – affresco

    Ci si accontentò delle scoperte e gli scavi furono inspiegabilmente sospesi. Il sito fu nuovamente dimenticato e solo nel secondo dopoguerra, dopo che i tedeschi avevano scelto quel magnifico sperone di tufo a picco sulla valle del Tevere alle porte nord di Roma come postazione strategica, e i bombardamenti danneggiato pesantemente il soffitto stuccato e gli affreschi dell’ipogeo che avevano resistito per millenni, si decise di staccare gli affreschi del ninfeo. Il sito subì poi ulteriori danni a seguito della decisione di costruirci sopra un parco pubblico, finché all’inizio degli anni Ottanta si ordinò finalmente di riprendere gli scavi che ebbero un impulso decisivo dopo il 2000.

    Oggi, grazie anche agli interventi compiuti lo scorso anno un po’ frettolosamente ma con intelligenza in occasione del bimillenario della morte di Augusto, la villa si presenta nella sua bellezza e preziosità, con pavimenti e affreschi ricchi e stupefacenti. È soprattutto una testimonianza viva e presente della sua padrona,

    Villa di Livia - Affresco

    Villa di Livia – Affresco

    quella Livia che fu moglie di Augusto e personaggio chiave dei passaggi di Roma dalla Repubblica all’Impero, moglie, madre, nonna, bisnonna e trisavola di tutti gli imperatori delle dinastia dei Cesari, co – fondatrice della Roma dominatrice del mondo e partecipe della nascita e dello sviluppo del principato augusteo.
    La villa, che Livia dovette ereditare dalla ricca famiglia della madre Alfidia, è testimonianza dei gusti della sua padrona, del suo amore per la cultura, per la natura, per la medicina. In essa era il famoso laureto cantato da poeti e storici romani dal quale venivano i rami di alloro che cinsero i Cesari nei loro trionfi. Riscoprirla oggi è conoscere uno dei luoghi più intimi e cruciali al cuore della Roma augustea.

  3. Recensioni

    La cripta segreta dei sette anelli

    di Luca Volponi

    Luca Volponi scrive, per Amici di Roma Felix, una breve recensione sul nuovo libro di Leandro Sperduti, apprezzata guida ed affabulatore di alcune delle nostre passeggiate nella Roma antica e non solo.

     

    L’idea è semplice e come tutte le cose semplici funziona a meraviglia: ridonare interesse al mondo antico e al

    La copertina del romanzo di Leandro Sperduti

    La copertina del romanzo di Leandro Sperduti

    passato della nostra civiltà intrecciando storie al presente. Ci aveva già provato nel primo romanzo Leandro Sperduti, “I sette arcani del Vaticano” (Newton Compton, ppgg. 335, euro 9,90) che racconta la storia della ricerca impossibile dei sette pignora imperii, oggetti sacri ai quali i romani credevano che fossero affidate le difese magiche della città eterna. E ora, nella seconda fatica letteraria, s’addentra nel genere del giallo archeologico avendo, “La cripta segreta dei sette anelli” (Newton Compton, ppgg. 288 euro, 9,90) un argomento spinoso almeno quanto affascinante da sviscerare: il rapporto solido ma non ancora troppo approfondito tra il cristianesimo delle origini, almeno quello di ascendenza etno-cristiana, con una delle religioni misteriche più oscure e non del tutto decriptate dei primi secoli dell’Impero ovvero il mitraismo.
    continua…

  4. La tomba di Pietro, la necropoli e la Basilica

    La visita alla necropoli vaticana e alla tomba di San Pietro è tutt’oggi uno dei pellegrinaggi più importanti del mondo.

    Il "muro g"

    Il “muro g”

    La tomba dell’apostolo e copatrono di Roma si trova esattamente sotto l’altare maggiore della basilica ed è fulcro spirituale e storico dell’intera chiesa. Il sepolcro e l’area cimiteriale circostante vennero rinvenute sotto il livello delle Grotte Vaticane durante lo scavo eseguito negli anni quaranta voluto da Pio XII Pacelli.
    Oggi la Nicchia dei Palli, ovvero la confessione, l’altare clementino soprastante, la Cattedra e il Baldacchino del Bernini fanno della zona presbiteriale e costituiscono la parte più scenografica e monumentale della chiesa ma un tempo, durante il I secolo d.C., proprio sotto la cripta si trovava la tomba terragna di un povero pescatore della Galilea crocifisso durante le prime persecuzioni di Nerone.
    Tra il 64 e il 66 d.C. infatti, al posto della Basilica, vi era una zona di aperta campagna chiamata Vaticanus che la cinta muraria eretta da Aureliano a protezione di Roma lasciò fuori come zona extra urbana. Il Vaticanus era attraversato da tre vie consolari Aurelia, Trionfale, Cornelia e costituito dal colle Vaticano alle cui pendici Gaio Caligola fece costruire un ippodromo nel cui centro era l’obelisco egizio, in seguito spostato da papa Sisto V nella piazza della chiesa. L’ippodromo di Gaio Caligola fu poi chiamato circo di Nerone poiché divenne, proprio sotto quest’ultimo, teatro del massacro dei primi cristiani di Roma. Tra questi, anzi a capo della prima piccola comunità cristiana locale, vi era Pietro, crocefisso a testa in giù nel circo e poi sepolto in un’umilissima tomba ricavata sul pendio del colle adiacente al circo.

    La Crocifissione di san Pietro - Caravaggio

    La Crocifissione di san Pietro – Caravaggio

    La zona, essendo oltre le mura della città ma ben collegata ad essa, era un luogo adatto alle sepolture che sempre fiancheggiavano le vie consolari. Caso volle che, un cinquantennio dopo la morte di San Pietro, ricche famiglie pagane costruissero le proprie tombe di famiglia proprio nei pressi della sepoltura dell’apostolo sulla quale, tra il 150 e il 160 d.C., venne eretto un piccolo monumento denominato “Trofeo di Gaio” di cui scrive Eusebio di Cesarea nel suo Liber Pontificalis nel IV secolo.
    Dopo l’editto di Milano del 313 Costantino, su richiesta di papa Silvestro, costruì il primo Martirion cioè la prima basilica martiriale, il cui l’altare fu eretto direttamente sopra la fossa dove erano i resti del primo papa. Questa prima basilica martiriale subì molte trasformazioni nel corso dei secoli e andò completamente distrutta durante il VI secolo a causa problemi statici, ai quali Niccolò V, quando trasferì la sede papale dal Laterano al Vaticano, cercò di porre rimedio consultando anche Leon Battista Alberti, ma invano.
    Così nel 1506 Giulio II mise la prima pietra del nuovo tempio dove i geni del rinascimento e del barocco diedero gloria e splendore alla basilica più grande del mondo e ai pontefici che da essa cambiarono molte volte il corso della storia.
    Dopo aver visitato la necropoli e la tomba di Pietro la nostra visita proseguirà all’interno della Basilica e tra le opere più importanti avremo modo di ammirare e di parlare de “La Pietà” del giovane Michelangelo, “La Trasfigurazione” di Raffaello, il Baldacchino e la Cattedra del Bernini e le tombe dei papi e dei nobili conservate sino ad oggi.