prima pagina

  1. L’Ara Pacis di Augusto e Fausto Delle Chiaie

  2. Archeologia

    La policromia dell’Ara Pacis e i colori del Campo Marzio settentrionale

    Simone Foresta

    Simone Foresta, docente a contratto presso l’Università Federico II di Napoli, è esperto di archeologia greca e romana, di iconografia, fortuna dell’antico e museografia. Su questi temi ha pubblicato numerosi contributi in riviste nazionali ed internazionali.

    I colori dell'Ara Pacis

    I colori dell’Ara Pacis

    Tra i temi iconografici a lui cari c’è il “colore nell’antico” e per questo suo interesse ha curato nell’estate del 2014, insieme ad altri, l’evento “I colori dell’Ara” teso a ridare all’Ara Pacis i sui colori. Con molto piacere pubblichiamo l’incipit di un suo articolo apparso nel 2011 nel volume “Colore e Colorimetria Contributi Multidisciplinari”.
    Per chi fosse interessato aggiungiamo il link che conduce al testo nella sua completezza.

    L’Ara Pacis Augustae, votata dal Senato il 4 luglio del 13 a.C. per celebrare il ritorno dell’imperatore Augusto dalle campagne militari in Spagna e Gallia e dedicata il 30 gennaio del 9 a.C., appare oggi completamente bianca. I frammenti dell’altare, in marmo lunense, furono portati alla luce a partire dal ‘500, privi apparentemente dell’originaria policromia; la ricomposizione avvenuta nel 1938, in occasione delle celebrazioni per il Bimillenario della nascita di Augusto, ha contribuito a consolidarne un’immagine acroma; il contesto museale in cui essa è inserita esalta questa visione.

    continua…

  3. L’imperatore Augusto tra l’Ara Pacis e Fausto Delle Chiaie

    Dopo la sconfitta di Marco Antonio ad Azio nel 31 a.C., Augusto

    Augusto, imperatore

    Augusto, imperatore

    ritenne che il destino dell’umanità si fosse realizzato nella sue persona. Pianificò così la trasformazione di Roma; attraverso un sofisticato sistema di citazioni, elaborazioni e progetti architettonici l’imperatore espresse il suo essere unico signore del mondo e costruì la sua eternità attraverso il marmo, senza però che tutto ciò apparisse un eccesso. L’Ara Pacis Augustae, l’altare voluto dal Senato nel 13 a.C. per celebrare il ritorno dell’imperatore dalle campagne militari in Spagna e Gallia, divenne lo spazio privilegiato per esprimere il nuovo sentimento religioso e celebrare le imprese dell’imperatore.
    L’Ara Pacis Augustae è così uno dei più significativi monumenti dell’arte e la più compiuta espressione della pace garantita dal regime del primo imperatore di Roma.

    Res Gestae

    Res Gestae

    Augusto in persona nelle Res Gestae ci descrive l’altare costruito nell’area del Campo Marzio settentrionale, nell’immediate vicinanze di altri imponenti monumenti voluti dal princeps: l’Horologium e il Mausoleo. Strabone (V, 3, 8), geografo vissuto in età augustea, così descrisse come appariva il Campo Marzio in quel momento: “…l’ampiezza del piano è ammirevole e offre contemporaneamente, senza alcun impedimento, spazio per effettuare le corse dei carri e una serie di altre manifestazioni ippiche e insieme anche spazio per il gran numero di quelli che si esercitano con la palla, al cerchio e alla lotta. Inoltre le opere d’arte che stanno lì intorno, la terra che è coperta tutto l’anno d’erba, le corone di colli circostanti, che da sopra il fiume giungono fino alle sue rive presentando alla vista l’aspetto di una scenografia, rendono difficile distogliere lo sguardo altrove”.
    In occasione del Bimillenario della nascita di Augusto nel 1937, l’Ara Pacis, ridotta in frammenti portati

    Mausoleo di augusto

    Mausoleo di augusto

    alla luce a partire dai primi decenni del Cinquecento nei pressi della Basilica di San Lorenzo in Lucina, fu ricostruita ed esposta in piazza Augusto Imperatore, nel cuore di Roma. La stuttura, pensata per proteggere l’ara per durate il tempo delle celebrazioni augustee, ha custodito il monumento fino al 2000, quando è stata demolita per realizzare una controversa e voluminosa teca, progettata da Richard Meier.
    Dal passato abbiamo ereditato, in verità, diverse Arae Pacis: quella pensata dal Senato di Roma per celebrare il ritorno dell’imperatore dalla Gallia e dalla Spagna, quella realizzata secondo le indicazioni di Augusto, quella messa in salvo dall’imperatore Adriano e quella abbandonata nel Campo Marzio prima di sparire definitivamente alla vista degli antichi; poi ridotta in frammenti ricomparsi sul mercato antiquario nel Cinquecento, l’ Ara Pacis degli archeologi, e inoltre quella di Mussolini e poi ancora l’Ara vista e immaginata quotidianamente da ogni singolo visitatore o passante.
    La passeggiata vuole riscoprire la storia del monumento antico, le fasi della sua vita e delle sua ricostruzione attraverso uno dei significativi e suggestivi settori di Roma: il Campo Marzio. Partendo da piazza San Lorenzo in Lucina si giungerà al nuovo Museo dell’Ara Pacis, seguendo così il percorso che ha visto la nascita, la scomparsa e la ricostruzione del più importante monumento dell’arte augustea.
    La passeggiata però sarà anche l’occasione per incontrare e parlare con uno degli artisti di strada più eclettici ed ironici che Roma abbia mai avuto: Fausto Delle Chiaie.

    Fausto Delle Chiaie vicino alla sua opera "Lo chef consiglia: mezza porzione"

    Fausto Delle Chiaie vicino alla sua opera “Lo chef consiglia: mezza porzione”

    Delle Chiaie è il primo artista che a Roma dà vita ad un museo all’aperto, un museo di cui lui stesso è “il custode, il curatore, il trasportatore, l’allestitore, il fotografo, il pubblicitario, il direttore, l’opera stessa”, un museo tra l’Ara Pacis e il Mausoleo di Augusto che noi visiteremo e che ci permetterà di scoprire, se non ci è mai capitato prima, le sue opere nate dalla “robaccia”, sconcertanti per la loro semplicità, ma soprattutto per la loro arguzia.
    Un’arte che stimola e fa pensare come forse ormai raramente accade con l’arte contemporanea.
    La scelta del luogo non è casuale e potremo chiedere a Delle Chiaie qual è il suo rapporto con l’Ara Pacis con la Teca di Meier e il Mausoleo di Augusto.

  4. Recensioni

    Livia. Una biografia ritrovata.

    di Luca Volponi

    Luca Volponi recensisce, con competenza e accuratezza, il romanzo di Paolo Biondi.

    Croce e delizia di molti autori, il genere biografico prima o poi diventa l’arduo cimento col quale misurare

    Livia Drusilla

    Livia Drusilla

    anzitutto la propria capacità di raccontare senza lasciarsi coinvolgere, di riferire i fatti di una vita senza parzialità e di additare ad una esistenza correndo purtroppo il rischio di restarne ammaliati o, peggio, avviluppati. Per gli storiografi di professione è la sfida per rubare il mestiere ai romanzieri mentre per i narratori è l’occasione di provarsi nella difficile almeno quanto sublime arte dello scrivere di storia. In entrambi i casi, l’esperimento funziona se si è quanto più possibile neutrali rispetto al personaggio del quale ci si appresta a raccontare le vicende di vita, pubbliche o private che siano. Anche Paolo Biondi, che di mestiere è un abile notista politico, in questo “Livia. Una biografia ritrovata” edito in una veste tipografica elegantissima da Edizioni di Pagina (pp. 183, euro 15), affronta con destrezza entrambi i campi del romanzo biografico e della storiografia avendo per precipuo intento quello di restaurare il vero storico in maniera da riabilitare la memoria di Livia Drusilla, moglie del futuro Cesare Ottaviano Augusto, e di indagare sul peso della sua innegabile presenza nella transizione dalla repubblica dei triumvirati e delle guerre civili di Roma al principato e all’impero. continua…