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Santi Silvestro e Martino ai Monti
24 Febbraio 2016 by Ornella Massa
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La villa di Livia e la villa Farnesina al Palazzo Massimo con Paolo Biondi
30 Gennaio 2016 by Ornella Massa
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La rampa imperiale di Domiziano e la fonte Giuturna
12 Dicembre 2015 by Ornella Massa
Sono state di recente aperte al pubblico nuove aree all’interno dell’area archeologica dei Fori, che comprendono la Rampa Imperiale di Domiziano e il Lacus Iuturnae, la fonte Giuturna.
La Rampa Imperiale di Domiziano è di fatto l’ingresso monumentale ai palazzi imperiali, edificata nella seconda metà del I secolo dopo Cristo, la rampa collegava il Foro, cuore politico e amministrativo della città, con il centro del potere, ovvero il Palazzo Imperiale. Il valore simbolico di questo imponente ingresso, una vera ascesa alla residenza dell’imperatore, resta tutt’oggi evidente a chiunque ne varchi la soglia.
La Rampa si snodava lungo sette salite (tratti salienti) e sei tornanti, che si innalzavano fino a 35 metri (pari a oltre 10 piani): delle sette salite originali ne sono rimaste quattro, ora accessibili al pubblico con un percorso che termina con un affaccio inedito sul Foro romano.
La fonte di Giuturna o Lacus Iuturnae è invece una sorgente collocata nel Foro Romano tra la Casa delle Vestali e il tempio dei Castori.La fonte era tra le più antiche ed importanti della città di Roma e sorgeva alle pendici del Palatino. Venne dedicata a Giuturna, una ninfa sorella del re Turno, e la fontana che decorava la sorgente venne collocata in situ durante l’epoca repubblicana, tra la fine del II secolo prima di Cristo e l’inizo del I secolo.
Si tramanda che Giuturna venne amata da Giove che la trasformò in una fonte di eterna giovinezza, dove Giunone si bagnava riacquistando la sua giovane freschezza. In onore della ninfa a Roma e nel Lazio, si celebrava la festa Iuturnaria, per scongiurare la siccità.
Oggi la fonte è un complesso monumentale ben conservato che comprende diversi elementi: la vasca dove sgorga ancora l’acqua; il pozzo; l’edicola sacra e alcuni ambienti posti intorno alla sorgente.
La fonte era tra i numerosi santuari dedicati alle divinità acquatiche dove si recavano gli ammalati per cercare beneficio nelle acque considerate medicamentose.
La vicinanza della fonte al tempio dei Castori, ovvero i Dioscuri, indicati come Castori in epoca romana, sottolinea il legame che nella tradizione esisterebbe tra i mitici gemelli e la fonte.
La leggenda narra infatti che, nel corso della battaglia presso il lago Regillo svoltasi nel 499 avanti Cristo, che oppose i Romani ai Latini, alleati di Tarquinio il Superbo nel tentativo di riconquistare Roma, apparvero due misteriosi condottieri che guidarono Roma alla vittoria.
Subito dopo i due cavalieri furono visti abbeverare i cavalli alla Fonte di Giuturna ed annunciare la vittoria alla città, per poi scomparire.Il popolo identificò i Dioscuri con i due cavalieri.
Alla fine del I secolo dopo Cristo Frontino scrive un trattato sugli acquedotti dove indica la Fonte di Giuturna, Lacus Iuturnae, come una delle fonti dove già in età arcaica le genti si recavano per ottenere l’acqua.
Lo scavo effettuato nel 1900 ha indicato che già in epoca repubblicana la fonte era stata monumentalizzata, ma sono stati ritrovati resti di una sistemazione della fonte che possono essere fatti risalire alla censura di Emilio Paolo, 164 avanti Cristo.
Completavano la fonte, oltre le statue dei due Dioscuri, molte altre statue ed elementi architettonici.
Tra le prime una statua di Esculapio ed una di Apollo. Tra i secondi una serie di ambienti con funzione di tabernae e un ambiente, probabilmente di età traianea, trasformato successivamente con l’aggiunta di un’abside, detto dei “Quaranta Martiri”. I quaranta martiri a cui si fa riferimento sono quaranta soldati cristiani martirizzai in Armenia durante le persecuzioni di Diocleziano. Detto martirio è rappresentato in un affresco presente nel locale databile probabilmente all’VIII secolo dopo Cristo. -
Gli affreschi dell’era di Augusto a Palazzo Massimo
2 Dicembre 2015 by Ornella Massa
C’è molto, moltissimo della Roma di Augusto nelle ricchissime collezioni e nei cento capolavori contenuti nel Museo romano di Palazzo Massimo.
Anche volendo limitare la visita al solo periodo di Augusto, bisogna comunque fare delle scelte. E la scelta obbligata è quella degli affreschi dalla Villa di Livia e da Villa della Farnesina.
Prima però sarà bene fare una sosta al piano terreno a conoscere da vicino alcuni dei nostri protagonisti. La statua di Augusto vestito da Pontefice Massimo è una delle più belle e più significative tra quelle che ritraggono l’instauratore del principato romano. La carica, ripetutamente offerta dal Senato ad Augusto, fu accettata, infatti, soltanto alla morte del precedente pontefice, Marco Lepido, benché quest’ultimo fosse caduto in disgrazia. Il gesto indica un cambiamento di natura del riconoscimento: da carica elettiva e temporanea a caratteristica perpetua del principe. Nella stessa sala troviamo anche alcuni busti della famiglia di Augusto. Due di questi, di cui uno di bella fattura, ritraggono la moglie di Augusto, Livia;negli altri incontriamo le fattezze di Ottavia, sorella del principe, del figlioccio Druso e del figlio di quest’ultimo, Germanico.
L’ultimo piano è dedicato agli affreschi. Dalla villa di Livia ubicata al nono miglio della Flaminia, conosciuta come la villa ad gallinas albas (delle galline bianche), proviene una stanza sola, ma straordinaria. Si tratta del triclinio ipogeo della villa, scoperto nell’aprile del 1863 e da lì staccato nel 1952, dopo che i pochi decenni dalla scoperta erano bastati a rovinarlo più che nei due millenni precedenti. Le quattro pareti della stanza semi-interrata, utilizzata soprattutto come sala da pranzo e di ritrovo per difendersi dalla calura estiva, rappresentano il giardino esterno: un affresco animato da 23 alberi e 67 uccelli. Le ultime ricerche hanno permesso di datare il dipinto al 38 avanti Cristo, l’anno del matrimonio fra Augusto (allora Ottaviano) con Livia che aveva ereditato la villa, una casa di campagna per il suo otium, secondo la tradizione repubblicana, dalla ricca famiglia.Si tratta del primo esempio conosciuto di pittura da giardino: un modello che farà presto scuola, per esempio con i tentativi di imitazione nella villa della Farnesina, nell’auditorium della casa di Mecenate sull’Esquilino, in numerose case di Pompei e dell’area vesuviana. Ma oltre a inaugurare un genere pittorico, l’affresco di Livia è anche la prima espressione di quella che sarà la filosofia del principato in età augustea. Anche i vicini affreschi provenienti dalla villa della Farnesina, abitazione fra Trastevere e il Vaticano, vennero scoperti nella seconda metà dell’Ottocento, grazie ai lavori di consolidamento degli argini del Tevere. Si può dire oggi con certezza che provengono dalla villa fatta costruire dal generale e braccio destro di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa, in occasione del suo nuovo matrimonio con la figlia (l’unica, nata da un precedente matrimonio con Scribonia) di Augusto: sono quindi immediatamente successivi al 21 avanti Cristo.
Lo stile artistico è lo stesso dell’ipogeo della villa di Livia, la scuola, la stessa, diversa, talvolta opposta, è però la filosofia delle rappresentazioni, che rispecchiano lo spirito ribelle (al padre e alla matrigna Livia) di Giulia. Dal punto di vista iconografico, ad esempio, se la filosofia del principato augusteo trova in Apollo la divinità di riferimento (non a caso nel triclinio ipogeo predomina l’alloro, pianta sacra al dio), Giulia sembra invece preferire Dioniso, divinità invisa ad Augusto perché prediletta dal suo arcinemico Antonio. La scoperta di un quadretto raffigurante Dioniso e di una statuetta dello stesso dio, in quella che doveva essere la camera da letto di Giulia, permettono mille illazioni. Ma la casa era anche del marito di Giulia, Agrippa. Ce lo ricorda anche una delle pochissime rappresentazioni giunte fino a noi della battaglia navale di Azio.