Luogo carico di leggende, quello della Valle delle Camene, sottostante il Celio.
Terme di Caracalla – visione d’insieme
Frequentato dalle Ninfe, le mitiche abitatrici delle fresche sorgenti che sgorgavano dalle sotterranee vene del Colle. Proprio qui sorgeva la Porta Capena delle mura repubblicane, dalla quale usciva la via Appia. L’attuale ampia strada fra i pini mediterranei intitolata “Viale delle Terme di Caracalla” corrisponde al percorso urbano della via Appia in epoca imperiale, quando le nuove mura sorsero più a sud.
Il nome di “Passeggiata Archeologica” non è registrato dalla toponomastica ufficiale, ma resta come toponimo non scritto nella storia culturale di Roma dalla fine dell’Ottocento in poi. Fu infatti all’insegna di questa espressione che venne combattuta un’aspra battaglia da parte di alcuni romanisti, preoccupati che l’espansione della capitale potesse travolgere alcune fra le più importanti vestigia del passato, fino a quel momento custodite dall’abbandono secolare in cui era caduta questa parte di Roma. Protagonisti dell’insistente campagna che martellò per decenni l’opinione pubblica e la classe politica furono gli accademici e uomini politici Ruggero Bonghi e Guido Baccelli.
Una prima legge fu approvata dal Parlamento il 17 luglio 1887. Ma esiguità di fondi, sabotaggi più o meno palesi da parte degli interessati costituiti, difficoltà di ogni genere costrinsero i lavori a tanta lentezza che di leggi ne occorsero almeno cinque prima che, dopo un deciso riavvio delle opere nel 1907 si potesse arrivare alla conclusione dell’impresa nel 1914.
Terme di Caracalla – ricostruzione
Anche se è stato osservato che la pur bella Passeggiata non è molto archeologica perché gli scavi sono stati limitati e si è preferito creare un grande parco in mezzo a monumenti di singolare importanza, l’impresa resta pur sempre una delle più importanti della “terza Roma” e ha costituito un grande esempio per l’attuazione del Parco Archeologico dell’Appia Antica che costituisce la prosecuzione della Passeggiata Archeologica.
Da ricordare che l’idea di un Jarden du Capitol era stata abbozzata fin dall’epoca della dominazione napoleonica a Roma.
E dunque, la valle che scende dal piccolo Aventino è dominata dall’imponente complesso di ruderi nei quali si possono facilmente individuare le diverse parti delle terme che, su modello di quelle traianee, furono costruite per volere di Caracalla a partire dal 212 d.C., come mostrano i bolli laterizi. In quello stesso anno fu creato un ramo speciale dell’Acqua Marcia, l’Aqua Antoniniana Iovia, che oltrepassava l’Appia sul cosiddetto Arco di Druso, poco prima della Porta San Sebastiano (questo, prima della costruzione della porta, costituiva in un certo modo l’ingresso monumentale della città). I lavori dovettero prolungarsi fino al 216 d.C., quando avvenne la dedica. Ma vi si lavorò fino ad Alessandro Severo e vi si fecero restauri fino a Teodorico.
Toro Farnese – Museo Archeologico di Napoli
Le Terme di Caracalla furono create soprattutto al servizio della cosmopolita popolazione del Porto Fluviale e furono estremamente lussuose e arricchite da opere d’arte, generalmente di dimensioni gigantesche. Riemersero soprattutto durante la campagna di scavo condotta nel XVIII secolo. Provengono da queste terme grandi vasche di granito che si trovano a piazza Farnese; i reperti più significativi sono quelli che hanno finito per prendere il nome dei Farnese stessi (il Toro Farnese, la Flora Farnese e l’Ercole Farnese che si trovano al Museo Archeologico di Napoli), oltre al Mosaico degli Atleti, scoperto nel 1824, che si trova ai Musei Vaticani.
Il complesso termale, le cui dimensioni furono superate solamente dalle Terme di Diocleziano, misuravano 337 metri per 328 (ma la curva delle esedre si allargava oltre i 400 metri). Il corpo centrale era di 220 metri per 114, che raggiungevano i 140 con la maggiore ampiezza della sala del calidarium.
Tale ambiente, assai decorato e ricco di opere d’arte, offriva, oltre ai bagni veri e propri, le solite possibilità di ginnastica, di lettura nelle biblioteche, d’intrattenimento nei portici perimetrali e lo svolgimento di gare nello stadio che si trovava nel fondo, le cui strutture nascondevano alla vista l’insieme delle cisterne d’acqua. L’acqua era fornita da un’apposita diramazione dell’Acquedotto Antoniniano che superava la via Appia sull’Arco di Druso. I servizi, che si avvalevano di una rete sotterranea di grandi ambienti e di strade percorribili con carri, erano per 1.600 persone. Negli stessi sotterranei, poco dopo la costruzione delle terme, fu ricavato un Mitreo di cui ancora si osservano le strutture caratteristiche.
Flora Farnese – Museo Archeologico di Napoli
Le terme restarono in totale abbandono dopo che Vitige ebbe tagliato i condotti d’acqua (VI secolo); tuttavia, per quanto spogliate e squassate, si rivelarono pressoché indistruttibili, giungendo ancora maestose fino a quando la creazione della Passeggiata Archeologica le liberò dagli acquitrini dei dintorni e dalla febbre malarica lasciandole immerse in zone verdi.
Di fronte a tanta solennità è il caso di ricordare l’atto di grande rilievo storico che si lega allo stesso nome di Antonino Caracalla: la concessione della cittadinanza romana a tutti i sudditi dell’impero. Nel marzo del 212 d.C. la promulgazione della Costitutio antoniniana concluse il lungo percorso storico di unificazione del mondo romano ed europeo, condotto attraverso la graduale concessione dei diritti del cittadino romano alle diverse città e alle diverse genti. Cento anni più tardi, con la pace concessale da Costantino nel 313, la Chiesa di Roma avrebbe avviato un nuovo processo storico per l’unificazione religiosa del mondo romano. Si sarebbe parlato di una civitas, una fides et commune jus.