All’inizio del IV secolo Roma si era trasformata dal piccolo agglomerato di villaggi collinari di mille anni prima in una vasta e irregolare metropoli.
Il cristianesimo aveva messo radici nella città fin dall’anno 60 circa, al tempo della predicazione di Pietro e della di Paolo ai Romani, e verso la fine del II secolo o la metà del III fioriva una stabile e prospera comunità cristiana. Ma la vera storia della Roma cristiana ebbe inizio il 28 ottobre del 312, quando Costantino sconfisse il co-imperatore Massenzio, conquistando così, insieme con Roma, il dominio di tutta la parte occidentale dell’impero. L’importanza politica di Roma era diminuita, giacché con la riforma amministrativa di Diocleziano, tra il 285 e il 305, i quattro co-imperatori della tetrarchia avevano adottato nuove residenze imperiali: nessun imperatore risiedeva ormai a Roma se non per breve tempo, e i principali dicasteri civili e militari si erano trasferiti in gran parte nei nuovi centri amministrativi o viaggiavano al seguito delle corti itineranti della tetrarchia. A Roma era rimasto il Senato, ma in pratica il suo ruolo si limitava a funzioni onorifiche e cerimoniali.
Nel Foro romano fu innalzata, dopo l’incendio del 283, la nuova aula del Senato, la Curia Senatus, visibile ancora oggi; dirimpetto fu quasi
completamente ricostruita la basilica Giulia, danneggiata dallo stesso incendio. Furono riparati i rostra, ovvero la tribuna per gli oratori di fronte alla Curia, e sullo sfondo furono erette cinque colonne onorarie dedicate a Diocleziano e ai suoi imperiali colleghi. Ancora più straordinaria fu l’attività edilizia di Massenzio, sia per la brevità del regno, sei anni dal 306 al 312, sia per la quantità e grandiosità delle opere: ristrutturò dalle fondamenta il tempio di Venere e Roma costruito da Adriano all’estremità orientale del Foro, di fronte al Colosseo. Accanto a esso costruì nel giro di tre anni la Basilica Nova, una gigantesca aula con volte a crociera sopra la navata e, su ciascun lato di questa, tre enormi nicchie con volte a botte, i cui avanzi sono ancora oggi i più imponenti del Foro. L’edificio, terminato e in parte modificato da Costantino, fu detto comunemente Basilica Costantini. Poco lontano, una struttura più antica, oggi corrispondente alla chiesa dei Santi Cosma e Damiano, fu completamente rimaneggiata e divisa in due da una parete absidata: la metà anteriore fu rivestita di marmi e verso il Foro le fu
anteposta una rotonda a cupola, oggi detta impropriamente tempio di Romolo, con facciata ricurva ornata da colonne. Quest’edificio, completato da Costantino, era forse la sala di udienza del praefectus urbi. Quest’area era diventata, col passare dei secoli, una grandiosa mostra di architettura di Stato, dove romani, provinciali e stranieri potevano ammirare templi, palazzi, edifici amministrativi, basiliche, portici: enormi costruzioni di marmi o di finto marmo, con capitelli dorati, archi trionfali e statue onorarie che nel complesso dovevano creare un effetto molto simile a quello che oggi produce il Vittoriano.
Quando nel 312 entrò in Roma, Costantino pensava probabilmente di trasformare la città nella capitale cristiana di un impero cristiano. In realtà, col passare del tempo l’impero divenne, sotto la sua guida, sempre più cristiano, ma Roma, capeggiata dall’aristocrazia senatoriale, gli oppose resistenza, e i grandiosi edifici chiesastici eretti come monumenti alla nuova fede non raggiunsero mai il cuore della città. Sappiamo infatti che le basiliche di San Pietro, il piccolo sacrario sulla tomba di San Paolo, San
Giovanni in Laterano, San Lorenzo fuori le Mura furono costruite da Costantino ben lontane dal centro della città, proprio per non turbare una cittadinanza ancora fortemente pagana.
Nel 326 un’aperta rottura col Senato provocò la partenza definitiva da Roma di Costantino, che si cercò una nuova capitale e nel 330 fondò, in Oriente, Costantinopoli. Roma gli era venuta meno. La Nuova Roma nata sul Bosforo divenne così ciò che la vecchia Roma non era ancora disposta a essere.
Specialmente il Foro era rimasto una riserva del paganesimo. Fra il 337 e il 341 fu eretta lungo la via Sacra una serie di statue, tra cui alcune di divinità antiche; le poderose colonne del tempio di Saturno furono ricomposte intorno al 400 e dotate di rozzi capitelli ionici, di un tipo in disuso a Roma da trecento anni; infine, all’altra estremità del Foro fu restaurato nel 394 il tempio di Vesta.
Per tutto il IV secolo Roma continuò a presentare ai visitatori un volto
essenzialmente classico, secolare e pagano. La visita dell’imperatore Costanzo II nel 357 comprendeva il Foro Romano, «abbagliante con la sfilata delle sue meraviglie».
Parallelamente, nel IV secolo gli imperatori emanarono una serie di decreti diretti alla progressiva soppressione dei culti e dei santuari pagani: nel 346 fu proibito il culto pubblico agli dei, dieci anni dopo furono chiusi i templi. Mentre si cercava di eliminare il paganesimo, restavano comunque i suoi monumenti, a ricordo del grande passato e a perenne memoria dell’antica potenza della città e dell’impero. Ancora nel 530, durante l’assedio gotico, Roma era ancora popolata di statue. Al Foro, il santuario di Giano conteneva un simulacro bronzeo del dio alto sette piedi e mezzo.
Ma nel 395, a Roma, il paganesimo fu definitivamente soppresso. E mentre la città diventava sempre più cristiana, la Chiesa si romanizzava, assumendo un atteggiamento positivo verso il passato dell’Urbe.
Nel 410 su Roma si abbatté una catastrofe: in agosto, una banda di Visigoti capeggiati da Alarico invase la città e la saccheggiò per tre giorni. L’imperatore d’Occidente, dal 395 vi era un impero occidentale distinto da quello Orientale, rimase inerte a Ravenna. E Roma restò indifesa. Sul Foro Romano furono danneggiati la basilica Emilia e l’adiacente Secretarium del Senato.
Nei decenni successivi, la città continuò ad andare in rovina e a essere preda di ogni nemico. E anche la struttura fisica si andava deteriorando. I materiali preziosi, trafugati dai templi, venivano reimpiegati, nella maggior parte, nella costruzione delle chiese. Dal disfacimento materiale di Roma a partire dal IV secolo sorse la Roma cristiana. Ma la città, nonostante tutto, esisteva ancora: le mura, riparate dai Bizantini, erano ancora in piedi; le vie principali e le piazze erano tenute sgombre. E nel 608 la colonna eretta nel Foro romano in onore dell’imperatore Foca fu innalzata su una pavimentazione risalente al III secolo. La gente scendeva ancora al Foro per fare acquisti, tra le merci erano compresi gli schiavi, e per scambiarsi notizie, mentre nel Foro Traiano, rimasto in piedi fino al VII secolo, si tenevano adunanze letterarie.
Quando il 3 settembre del 509 sale al soglio pontificio Gregorio detto poi “Magno”, l’unico responsabile politico, militare, amministrativo, assistenziale di Roma era ormai la Chiesa. Di conseguenza, anche in campo edilizio e urbanistico, la responsabilità ricadde sul papa, vista la totale negligenza del governo bizantino.
Tra le opere più importanti, un edificio pubblico situato dalla parte opposta del Foro, sotto la pendice Nord-occidentale del Palatino, fu trasformato
nella chiesa chiamata, dal 635, Santa Maria Antiqua. Eretta nel tardo I secolo come aula di rappresentanza, intorno alla metà del VI secolo doveva essere diventata un corpo di guardia a protezione della rampa che conduceva ai palazzi in cima al colle, sede del governatore bizantino. La sala – come si addiceva al viceré dell’imperatore cristianissimo – era decorata con pitture murali di soggetto sacro che si richiamavano ai mosaici giustinianei nella cosiddetta Porta di Bronzo, ossia nel corpo di guardia del palazzo imperiale di Costantinopoli. Nei due secoli seguenti l’aula trasformata in chiesa fu decorata a più riprese con nuove pitture murali, finché nell’847 l’edificio fu sepolto da una frana; i beni e i diritti della chiesa furono allora trasferiti a Santa Maria Nova, posta all’estremità orientale del Foro, dall’altra parte della Via Sacra.
Gli avanzi di Santa Maria Antiqua, scoperti nel 1702, furono scavati e identificati nel 1900: le decorazioni murali sovrapposte, rimaste per tanti secoli inaccessibili e quindi intatte, fanno di questa chiesa un vero museo della pittura romana del VII-VIII secolo, in cui sono conservate le tracce del reciproco influsso che si esercitò allora tra elementi occidentali e orientali.
Fra il 625 e il 638 la Curia Senatus al Foro romano fu trasformata da papa Onorio I nella chiesa di Sant’Adriano; e l’Alta Corte di giustizia del Senato, divenne un oratorio dedicato a Santa Martina.
Roma, 18 gennaio 2020