Publio Elio Traiano Adriano, nato nel 76 e morto nel 138 dopo Cristo, muore a Baia, nei Campi Flegrei, di edema polmonare.
In ventuno anni di regno, Adriano era riuscito: a mantenere le conquiste del suo predecessore Traiano, a governare con tolleranza, a coltivare le arti e la filosofia, a continuare l’opera di abbellimento dell’Urbe e di molti altri centri dell’impero quali Antiochia, Alessandria, Segovia, Timgad in Algeria e, in Italia, Benevento.
Formatosi alla scuola ellenistica, Adriano si era comunque rivelato alto interprete della concezione architettonica imperiale romana. Emulo di Augusto, l’attività edilizia, durante il suo governo interessa di nuovo la zona del Campo Marzio, già ricca di monumenti del periodo augusteo. Per questo motivo qui sorgono altri portici, i templi dedicati a Marciana e a Matidia e si ricostruisce il Pantheon, che è corredato della grande cupola emisferica, che caratterizza la struttura attuale.
Tra le grandiose realizzazioni adrianee è impossibile non ricordare la villa residenziale presso Tivoli, ove l’imperatore, fervido ammiratore della civiltà greca e lui stesso dilettante di architettura, volle fossero riprodotti i più celebri edifici da lui visitati in Grecia e in Asia Minore.
A Roma, Adriano, sempre sull’esempio di Augusto, si fa erigere sulle sponde del Tevere un monumentale Mausoleo destinato a divenire il sepolcro dinastico degli Antonini. L’opera eseguita, forse, dall’architetto Demetriano e lo storico Cassio Dione, descrivendolo nella sua Storia Romana, parla, tra l’altro, di «un enorme monumento equestre che lo rappresentava in una quadriga. Era così grande che un uomo di alta statura avrebbe potuto camminare in un occhio dei cavalli, ma, a causa dell’altezza esagerata del basamento, i passanti avevano l’impressione che i cavalli ed Adriano fossero molto piccoli».
La zona scelta da Adriano per edificare il mausoleo furono gli Horti di Domizia, che si trovavano proprio di fronte al Campo Marzio, nell’ager Vaticanus, oggi rione Borgo. Per mettere in comunicazione il sepolcro con il Campo Marzio fu costruito quindi un nuovo ponte, che dal nome dell’imperatore fu detto Elio. Il ponte, corrispondente all’attuale Ponte Sant’Angelo, fu inaugurato nel 134 dopo Cristo come indicato dalle iscrizioni ripetute ai due ingressi, copiate nell’VIII secolo dall’«Anonimo di Einsiedeln». L’anonimo è un viaggiatore – pellegrino che visitò Roma in epoca carolingia e che compilò una sorta di guida con piante e disegni e descrizione dei principali monumenti della città, a uso di tutti quelli che fossero venuti poi a Roma.
Il ponte Elio non era un vero e proprio ponte perché, di fatto, connetteva solo la città con il Mausoleo e affiancò quello neroniano, posto più a valle: esso comprendeva tre grandi archi centrali, ancora oggi superstiti, e due rampe inclinate, sostenute da tre archetti, la rampa della riva sinistra, e da due, quella della riva destra. Queste strutture furono portate alla luce nel 1892 durante i lavori di sistemazione delle rive e furono in seguito inglobate nei muraglioni del Tevere.
Il mausoleo sorse subito là del ponte, sulla riva destra. La sua struttura, inserita nel Medioevo dentro Castel Sant’Angelo, si è in gran parte conservata. I lavori furono iniziati in una data che ci è ignota, forse intorno al 130 dopo Cristo, e completati solo nel 139, dopo la morte di Adriano a Baia. Il corpo dell’imperatore fu sepolto in un primo tempo a Pozzuoli.
Difficile sapere oggi l’aspetto effettivo della Mole adrianea, ma molto probabilmente il suo aspetto fu ispirato dal Mausoleo di Augusto che nel frattempo era stato terminato.
Si sa che il mausoleo era costituito da un basamento quadrato in opus latericium, corrispondente all’attuale muro di cinta, sul quale poggiava una costruzione cilindrica in opus caementicium rivestito di marmo, e su cui erano fissate tabelle pure marmoree con gli epitaffi dei personaggi sepolti all’interno del monumento.
Lo storico bizantino Procopio ricorda che sui quattro angoli del basamento poggiavano gruppi bronzei, rappresentanti uomini e cavalli. All’esterno era una recinzione, una cancellata sostenuta da pilastri, della quale si sono trovate le fondazioni in peperino. Su alcuni di questi pilastri posavano forse i pavoni in bronzo dorato, ora nel Cortile della Pigna in Vaticano.
L’ingresso originario, a tre fornici, non è conservato. L’ingresso moderno è più alto di 3 metri rispetto a quello antico. Da qui si può ammirare il tamburo del sepolcro, che costituisce la parte inferiore di Castel Sant’Angelo: esso è in opera cementizia, rivestita di blocchi di peperino, tufo e travertino. Il parametro esterno era marmoreo.
Attraverso un breve corridoio si accedeva al vestibolo quadrato, con una nicchia semicircolare nel muro di fondo; qui probabilmente era collocata la grande statua di Adriano, la cui testa, proveniente da Castel Sant’Angelo, è ora conservata nella Rotonda dei Musei Vaticani. È ignota invece la posizione del grande ritratto di Antonino Pio, la cui testa si conserva nel Castello.
L’atrio era rivestito di lastre di marmo giallo antico e sulla destra di esso ha inizio la galleria elicoidale che porta alla camera funeraria. Questo corridoio, in opera laterizia, era anch’esso rivestito di marmo fino a 3 m da terra, dove è una cornice. La volta è murata a secco; il pavimento, di cui sono conservati alcuni tratti, è in mosaico bianco. Quattro pozzi verticali servivano a illuminare la galleria. Questa descriveva un giro completo, raggiungendo un livello di 10 m superiore a quello del vestibolo. Qui s’innestava in un corridoio, che conduceva alla stanza sepolcrale, posta al centro del monumento. La stanza era quadrata, con tre nicchie rettangolari ad arco su tre lati, era interamente rivestita di marmo. L’illuminazione proveniva da due finestre che si aprivano obliquamente nella volta. Qui erano deposte le urne cinerarie di Adriano, di sua moglie Vibia Sabina, del figlio adottivo Elio Cesare e di tutti gli imperatori Antonini e dei Severi fino a Caracalla. Al di sopra della camera funeraria si trovavano due stanze sovrapposte, e forse anche una terza, entro l’elemento quadrangolare emergente al centro. Un tumulo di terra colmava lo spazio compreso tra di esso e il tamburo esterno, ed era coltivato a fitta alberatura. Questo podio sosteneva una quadriga bronzea con la statua di Adriano.
Il mausoleo fu incluso in un bastione delle Mura Aureliane, realizzato probabilmente da Onorio nel 403 d.C. Esso dovette sostenere, nel 537, l’assedio dei Goti di Vitige: allora, come narra Procopio ne La guerra gotica, i difensori utilizzarono come proiettili anche le numerose statue che ornavano il monumento. La trasformazione in castello avvenne probabilmente nel X secolo.
In seguito alla leggenda di origini medievali secondo cui l’Arcangelo Michele apparve a papa Gregorio Magno sulla sommità della Mole annunciando la fine della peste, nel 590 dopo Cristo, il Mausoleo di Adriano vide cambiare il suo nome in castellum Sancti Angeli e passò gradualmente sotto il controllo del Papato.
A partire dalla metà del Quattrocento, all’interno del Castello, furono realizzati gli appartamenti papali che arricchirono i piani nobili con ambienti dotati di raffinate decorazioni a grottesche; il castello divenne anche sede dell’Erario e dell’Archivio Segreto. In occasione del Sacco di Roma del 1527 le sue stanze ospitarono la corte pontificia di papa Clemente VII Medici, in fuga dai palazzi vaticani attraverso il Passetto di Borgo, corridoio che collega il bastione San Marco del castello con il Palazzo Apostolico.
Roma, 14 maggio 2017
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