Il colle Oppio che, insieme al Cispio e al Fagutale, è una delle tre alture che formano l’Esquilino, può essere considerato una sorta di giardino archeologico.
Ai tempi di Augusto la zona faceva parte della Regio III Isis et Serapis, così chiamata per la presenza di un tempio dedicato alle due divinità egizie, i cui resti sono ancora visibili in via Labicana. Qui, per buona parte, si estendevano la gigantesca Domus Aurea neroniana e le Terme di Traiano e di Tito. E sempre qui, in epoca cristiana, si stabilirono il titulus Eudoxiae e il titulus Equitii, su cui sarebbero sorte le basiliche di San Pietro in Vincoli e di San Martino ai Monti.
Per dare una degna cornice alle superbe rovine delle Terme di Traiano e di Tito, nel 1938 venne realizzato il Parco di Colle Oppio, arricchito all’epoca di portali d’accesso in travertino, fontane e opere di giardinaggio comprendenti 2.500 piante di rose e bellissimi pini dalle grandi chiome che andarono ad accrescere il fascino dell’ambiente, creando un ideale contrappunto alla visione dei ruderi superstiti. Oggi, purtroppo, il parco appare in uno stato di trascuratezza che però non compromette la bellezza di questo straordinario angolo di Roma.
L’itinerario parte da San Pietro in Vincoli. Il grande piazzale solitario corrisponde alla cima del Fagutale, la vetta occidentale dell’Esquilino. Qui la moglie dell’imperatore Valentiniano III, Eudossia, fece costruire sopra precedenti edifici una chiesa per conservare quelle che la tradizione indica come le catene di san Pietro prigioniero a Gerusalemme. Consacrata nel 439, la chiesa, che porta anche il titolo di eudossiana, fu più volte restaurata e rifatta. Importanti lavori vi condusse il nipote di Sisto IV, il cardinale Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. Infine, nei primi del Settecento la chiesa subì una profonda modifica ad opera di Francesco Fontana.
Dall’alto di un’ampia gradinata, domina la piazza, l’elegante portico a pilastri ottagonali, attribuito a Baccio Pontelli o, forse con maggior ragione, a Meo del Caprino: i capitelli recano l’insegna dei Della Rovere. Attraverso un bel portale marmoreo si entra nel vasto interno a tre navate, delle quali la centrale sembra ancora più ampia a causa del soffitto ligneo ribassato che racchiude il grande dipinto del Miracolo delle Catene di G.B. Parodi (1706).
Splendide sono le venti robuste colonne che sui due lati dividono le navate. L’arco trionfale è sostenuto da due antiche colonne di granito; qui ha ampiamente operato nel 1872 Virginio Vespignani, al quale si deve l’altar maggiore con baldacchino e la sottostante confessione in cui, attraverso due sportelli aperti, si vede l’urna dorata che contiene le catene di San Pietro.
La chiesa ha il suo punto focale nel michelangiolesco Mausoleo di Giulio II. Nonostante esso sia solamente la deludente attuazione del grandioso progetto voluto dal combattivo pontefice, e che sia persino privo delle sue spoglie sepolte anonimamente a San Pietro, la macchina scenica realizzata da un contrastatissimo Michelangelo emana un potere suggestivo enorme.
D’altro canto la sola gigantesca statua del Mosè basta a riscattare tutta la triste vicenda della tomba rimasta incompiuta: l’opera è una delle realizzazioni fondamentali di tutta la storia artistica, uno dei sommi capolavori di sempre e sarebbe sufficiente anche da sola ad assicurare gloria a Michelangelo.
Attraverso una porta a sinistra del monumento si entra nell’antica sagrestia, riccamente adorna di marmi policromi e di dipinti del Domenichino e della scuola degli Zuccari.
Uscendo dalla basilica ci s’incammina lungo le Sette Sale, l’antica via che si snodava avvolgendo tutta la zona delle terme di Traiano. Il nome deriva da quello che appariva un tempo come un incomprensibile rudere e che era in realtà costituito da sette giganteschi ambienti, gli unici allora visibili dei nove che componevano il deposito d’acqua delle antiche terme. La parte superstite della strada serpeggia fra erte muraglie di antichi conventi e muriccioli che chiudono antiche aree verdi fino a sboccare nell’affascinante spettacolo delle terme di Traiano.
Della colossale costruzione realizzata da Apollodoro in appena cinque anni e inaugurata dall’imperatore Traiano nel 110 d.C. rimangono soltanto alcune esedre la cui imponenza testimonia la grandiosità dell’impianto, che introdusse un nuovo concetto di pubblico servizio polivalente per tutte le esigenze del tempo libero. Le terme erano tecnicamente molto avanzate, come dimostrano il sistema di tubazioni idriche che è stato rinvenuto. La straordinaria ricchezza di opere d’arte e ornamenti che caratterizzavano l’impianto termale, la si può dedurre dalla quantità di statue che vi sono state rinvenute e dai cornicioni e dalle colonne che nel 1594 vennero portati alla Chiesa del Gesù.
Ma non tutte le emergenze archeologiche che caratterizzano il grande parco del Colle Oppio sono attribuibili alle rovine delle terme. Alcuni ruderi perimetrali appartengono infatti alla precedente Domus Aurea, salvatisi perché in posizione tale da non richiederne l’interramento, sorte subita invece dalla maggior parte dell’edificio, interramento sul quale venne ricavato il terrazzamento occorrente alle nuove costruzioni.
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