Le piazze di Roma, più che in altre capitali, costituiscono il caratteristico nucleo della vita della città. Sia come spazio necessario allo svolgersi di una vita associata che ama gli spazi pubblici conclusi, sia come caratteristica espressione urbanistica. C’è chi ha addirittura classificato le piazze di Roma secondo alcune precise categorie (Armando Ravaglioli, Vedere e capire Roma, Edizioni di Roma Centro Storico, Roma 1980, pp. 523).
Ecco, allora, le piazze d’apparato, che scandiscono, epoca dopo epoca, le trasformazioni ideologico-religioso-politiche – piazza del Campidoglio, piazza San Pietro, piazza del Quirinale – tanto per fare qualche esempio.
Abbiamo poi le piazze spontanee, cresciute senza uno schema preordinato, ma trovando autonomi suggerimenti di spazio e di forma nelle condizioni ambientali, quali Campo de’ Fiori, piazza di Spagna e piazza Navona.
Ci sono anche le piazze di rispetto in questa incredibile città, create in funzione di un monumento dominante: Santa Maria in Trastevere, Barberini, piazza di Trevi, Sant’Ignazio e Sant’Eustachio, tanto per citarne alcune.
A queste vanno aggiunti i larghi: sono quelle piazze e piazzali di gran nome che costituiscono poco più di utilitaristici «slarghi» aventi funzione di spartizione del traffico, come piazza dei Cinquecento, di Porta Maggiore e piazza di Porta Pia.
E, per concludere, le piazze-giardino, di ispirazione londinese, attraverso la mediazione parigina. Sono quelle che non appartengono alla tradizione urbanistica romana che ha sempre tenuto separata la funzione civica da quella di distensione. Ad introdurre le piazze-giardino nei nuovi quartieri fu l’urbanistica umbertina: e Roma, allora, accolse piazza Cavour, piazza Risorgimento, piazza Indipendenza e piazza Vittorio Emanuele II.
Nel corso della visita si toccheranno, seguendo l’affascinante classificazione della vecchia guida, alcune delle piazze spontanee e di rispetto e in particolare le piazze Barberini, San’Ignazio, Navona, Sant’Eustachio.
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