Con piacere pubblichiamo il testo di Giulia Traversi.
La chiesa di Santa Maria sopra Minerva, uno dei rari esempi di chiesa gotica sopravvissuti a Roma,
meriterebbe più di una visita essendo, come altre chiese e edifici di Roma, un vero e proprio palinsesto in cui pittori, scultori e architetti di epoche lontane e diverse tra loro hanno lasciato opere uniche e di grande importanza storico-artistica.
Il toponimo “Supra Minervam” suggerisce che il primo edificio cristiano, un oratorio affidato alle monache basiliane, fosse stato eretto sulle vestigia di un tempio dedicato alla dea Minerva che qui aveva l’attributo di Chalcidica ovvero “Portiera”. Un’altra ipotesi vorrebbe che il nome Portiera fosse in realtà riferito al vicino Poticus Divorum, un’area porticata eretta dall’imperatore Domiziano in onore di suo padre e di suo fratello e che quindi in realtà i ruderi su cui l’oratorio insisteva siano proprio quelli del Porticus domizianeo.
L’oratorio poi, nel XI secolo divenne parte del complesso conventuale domenicano chiamato Insula Sapientiae e furono proprio i domenicani, grazie al patrocinio di Bonifacio VII, ad Iniziare nel 1280 la costruzione della vera e propria chiesa di notevoli dimensioni nello stile gotico dell’epoca.
Da allora pian piano questo tempio cristiano fu arricchito di decorazioni, capolavori e monumenti funebri di straordinario valore e bellezza come la tomba di Suor Maria Raggi del 1643 del Bernini. La particolarità del monumento risiede soprattutto nella sua tipologia, così diversa dalle grandi e ben più famose tombe papali della Basilica di San Pietro, conservando però la sontuosità e la ricerca dell’unione delle arti tipica del maestro che qui risiede soprattutto nel lucidissimo marmo nero trasformato in sontuoso drappo funebre. Parlando di drappi alla Minerva si può ammirare un altro “capolavoro sartoriale” quello della
veste rossa dell’Arcangelo Gabriele nell’Annunciazione di Antoniazzo Romano, Il Cristo Risorto di Michelangelo eseguito tra il 1519 e il 1521 ca. ma terminato da un suo allievo Pietro Urbano, tra l’altro seconda versione di un altro Cristo Risorto abbandonata a causa di una venatura scura affiorata proprio sul volto del Cristo e le raffinate scene della cappella Carafa affrescate da Filippino Lippi.
La visita si propone come un agile percorso tra le opere sopracitate, senza trascurare però una breve visita alle importanti sepolture che qui si trovano come i monumenti funebri di Papa Clemente VII e Leone X collocati in quello che un tempo era il coro gotico della chiesa trasformato in arco trionfale nel 1536 con lo scopo di divenire sede delle due sepolture progettate da Antonio da Sangallo e decorate da Nanni di Baccio Bigio e Raffaello da Montelupo, scultori rispettivamente della statua di Clemente VII e di quella di Leone X a quella del Beato Angelico 1455 di Isaia da Pisa (patrono universale degli artisti) infine una doverosa sosta sarà fatta innanzi a quella di santa Caterina da Siena il cui sarcofago è attribuito sempre ad Isaia da Pisa.
La visita terminerà nella piazza antistante alla chiesa dove particolare attenzione verrà posta alla famosa scultura del “pulcin della Minerva” ovvero la statua dell’elefantino eseguito da Ercole Ferrata su disegno del Bernini e base del più piccolo obelisco egizio di Roma che in antico adornava il tempio di Iside e Serapide poi ritrovato nel giardino dei domenicani dove l’antico tempio insisteva. Anche i padri domenicani fecero un progetto per la base dell’obelisco ma alla fine prevalse il progetto berniniano ispirato ad uno stravagante testo illustrato pubblicato nel 1499 a Venezia dal titolo Hipnerotomachia Poliphili, ed è proprio ad una delle illustrazioni contenute in esso a cui si deve quest’opera unica nel suo genere.
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