Le Terme di Diocleziano erano le più estese di Roma, tanto che potevano ospitare fino a tremila bagnanti. Furono costruite sullo schema delle Terme di Traiano e di quelle di Caracalla tra il 298 e il 305 d.C. da Diocleziano, che utilizzò largamente come mano d’opera i
condannati politici (e soprattutto i condannati a causa della loro adesione alla fede cristiana).
L’accesso principale era sul lato corrispondente all’attuale via Gaeta. Probabilmente la scelta del luogo – che comportò la distruzione di un intero quartiere del II secolo – fu dovuta all’abbondanza di acque che arrivavano in quest’area grazie a tre acquedotti.
Nella seconda metà del XVI secolo i grandiosi ruderi, che sorgevano in una zona elevata e salubre, suggerirono una nuova utilizzazione pratica: mediante adattamenti vennero ricavati, in alcune strutture superstiti, edifici per l’ammasso granario. Durante il pontificato di Pio IV, nel 1560, su suggerimento del sacerdote siciliano Antonio Lo Duca, vennero edificate all’interno delle vecchie terme la Certosa e la Basilica di Santa Maria degli Angeli per esorcizzare i fantasmi pagani.
A partire dal Settecento, le terme furono utilizzate anche per fini assistenziali in connessione con l’Ospedale di San Michele; Pio VII tentò di raccogliervi i mendicanti di Roma.
L’amministrazione napoleonica tentò un interessante esperimento sistemando nelle terme una manifattura per la lavorazione del cotone che si era cercato di produrre nelle bonifiche pontine realizzate da Pio VI. Ma il tentativo non andò a buon fine per lo scarseggiare della materia prima. Successivamente le terme furono utilizzate come carcere, come istituto per non vedenti, come birreria e sala da ballo. Fino a che, nel 1889, si mise finalmente mano all’allestimento del Museo Nazionale Romano capace di contenere una delle più importanti raccolte di scultura antica del mondo in un luogo assolutamente straordinario. Oggi, oltre all’antica sede delle Terme di Diocleziano, fanno capo al Museo Nazionale Romano anche Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e la Crypta Balbi.
Ai giorni nostri le Terme e la Certosa sono oggetto di un processo di restauro che ha finora permesso la riapertura di una parte del complesso monumentale e di due sezioni espositive di un articolato museo: la Sezione di protostoria dei popoli latini e quella Epigrafica sulla comunicazione scritta nel mondo romano. Allestita al secondo piano del Chiostro di Michelangelo, la Sezione protostorica del Museo Nazionale Romano riunisce le testimonianze archeologiche sulle fasi più antiche della cultura che emerge in tutto il Lazio antico fra XI-X e inizi del VI secolo a.C. (fine dell’Età del Bronzo, prima Età del Ferro e periodo orientalizzante).
La prima parte dell’esposizione riguarda la cultura laziale e il territorio del cosiddetto Latium Vetus (a sud del Tevere, con al centro i Colli Albani); attraverso i materiali archeologici vengono ricostruiti la struttura sociale, l’economia, la religione, l’ideologia, l’organizzazione territoriale e politica, i rapporti con le regioni vicine. Intorno alla metà dell’VIII secolo, periodo in cui si colloca tradizionalmente la nascita di Roma, le comunità del Lazio passarono da un’organizzazione di tipo tribale al primo emergere di città-stato; un’ulteriore profonda trasformazione fu stimolata dai rapporti con le regioni vicine, l’Etruria a nord, ricca di metalli e più avanzata sul piano economico, sociale e politico, e la Campania a sud dove, proprio in quel secolo, iniziò la colonizzazione greca. Nella seconda parte dell’esposizione sono presentati i singoli centri del territorio di Roma: i materiali esposti provengono tutti da scavi recenti. Vi si trovano rappresentati il comprensorio di Osteria dell’Osa-Castiglione, in cui si svilupperà la città latina di Gabii, e alunni centri minori: Castel di Decima, Acqua Acetosa Laurentina, Fidene, Crustumerium, La Rustica.
Il visitatore può, oltre al percorso museale di visita, godere anche della sontuosa e imponente Aula Decima, all’interno della quale sono esposte la grande tomba dei Platorini e due tombe a camera provenienti dalla necropoli della via Portuense con affreschi e stucchi; è poi possibile passeggiare nel grande Chiostro michelangiolesco della Certosa – inattesa oasi di pace e silenzio a pochi passi dall’affollatissima stazione Termini – dove sono esposte più di 400 opere tra statue, rilievi, altari, sarcofagi, provenienti dal territorio romano.
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