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  1. Roads of Arabia. Treasures of Saudi Arabia.

    La mostra racconta la storia dello sviluppo della penisola araba nel corso

    Orecchini a campanella in mostra.

    dei millenni ed esplora come gli elementi culturali siano una fusione di tradizione e modernità. Gli oggetti esposti comprendono capolavori archeologici e opere d’arte iconiche, che abbracciano secoli di storia araba. La mostra, unica nel suo genere – portata a Roma dal Ministero della Cultura dell’Arabia Saudita e dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo d’Italia – esplora il ricco patrimonio della penisola arabica attraverso capolavori archeologici, importanti opere d’arte e documenti antichi. Includendo oltre un milione di anni di storia, dalla preistoria alla formazione del Regno dell’Arabia Saudita, il percorso espositivo illustra la profondità e l’ampiezza della civiltà araba.
    Sono esposti oltre 450 manufatti rari, venuti alla luce grazie ad importanti scavi archeologici. Saudi Aramco è l’exclusive sponsor dell’evento che è supportato dalla Fondazione Alda Fendi. Accompagna la mostra il catalogo, edito da Electa, con un ricco apparato di saggi di approfondimento che ci avvicinano al mondo archeologico saudita per scoprire i molti siti archeologici, situati in tutto il mondo arabo, patrimonio mondiale dell’UNESCO.
    PER SAPERNE DI PIU’: ROADS OF ARABIA

    Roma, 16 febbraio 2020

  2. Il Mitreo del Circo Massimo

    Il Foro Boario, la pianura compresa tra il Campidoglio, il Palatino,

    Una ricostruzione del Foro Borio.

    l’Aventino e il Tevere, è un luogo cruciale per la storia della fondazione della città di Roma. Si ritiene oggi, che proprio qui abbia avuto luogo la nascita di una realtà “urbana” già prima della fondazione leggendaria di Roma che viene collocata nel 753 avanti Cristo.
    Un’altra caratteristica di questa ampia pianura è quella di essere legata a doppio filo alla presenza del punto di guado e di approdo sul fiume e la vocazione a mercato degli animali. Questo legame stretto è testimoniato anche dal mito: qui si svolge una parte dell’epopea di Ercole. E’ proprio qui, infatti, che l’eroe approda con la mandria sacra sottratta a Giasone ed è proprio qui che il gigante Caco gliela sottrarrà, rifugiandosi poi sulle

    Una ricostruzione del Circo Massimo in cui si vedono i carceres in prossimità dell’edificio in cui fu poi ricavato il mitreo.

    pendici dell’Aventino.
    D’altra parte la natura geologica del monte Aventino, ricco di grotte in cui ripararsi, di boschi e di acque sorgenti, ne farà, dal più antico un luogo ideale per il pascolo delle greggi. Nel mito quindi Ercole salirà all’Aventino, sconfiggerà Caco e si riprenderà le mandrie.
    Il punto di approdo sito nella pianura del Foro Boario coincideva con l’area del guado: chi veniva da Nord, dove per Nord si intende in questo caso il territorio degli Etruschi, e volesse proseguire verso Sud o raggiungere la foce del Tevere, attraversava il fiume proprio sfruttando la presenza dell’isola e si immetteva su una via che passava alla base del monte Aventino e che decorreva quasi parallela all’attuale Via Marmorata.
    La presenza dell’approdo e del guado fa di questa pianura, già in tempi antichissimi, un crocevia di genti e di ve di comunicazione fra l’attuale Campania a Sud e i territori etruschi a Nord, tra il Tirreno e la zona più interna corrispondente ai territori falisco – sabini. E’ quindi naturale che

    Lo sbocco della Cloaca Massima nel Tevere.

    qui si viene a creare, soprattutto dopo la bonifica, dovuta alla costruzione, alla fine del VI secolo avanti Cristo, della Cloaca Maxima, un mercato e un’estesa area sacra: non solo Ercole, con il tempio di Ercole Vincitore, ma anche l’Ara Massima dedicata a Ercole ma precedentemente dedicata al dio fenicio Melqart, e ancora templi dedicati alla Fortuna e alla Mater Matuta, e ad altri dei, divinità antichissime, italiche ma anche di popoli orientali.
    Quale luogo quindi può essere più adatto per collocare un mitreo se non un’area in cui si commerciava con animali, tra cui proprio i bovini, e dove genti di diversa provenienza potevano incontrarsi ed erigere i propri templi?
    Il Mitreo viene scoperto negli anni Trenta del Novecento, esso infatti si trova sotto un palazzo a Nordest del Circo Massimo verso il Tevere. Il

    Uno degli ambienti del mitreo del Circo Massimo.

    palazzo in origine era la sede del pastificio Pantanella e venne acquistato dal Governatorato di Roma negli anni Venti del Novecento per creare al suo interno la sede dei Magazzini del Teatro dell’Opera di Roma. Durante i lavori di scavo per la creazione di alcuni depositi nel 1931 venne rinvenuto, a una profondità di circa 14 metri, un edificio costruito e modificato su un arco di tempo piuttosto lungo. Attualmente possono essere identificate tre grandi fasi di edificazione: la prima risalente alla prima metà del I secolo dopo Cristo, la seconda risalente alla seconda metà del medesimo secolo, e infine la fase che va dalla fine del III secolo all’inizio del IV secolo dopo Cristo. L’edificio, nel suo complesso è allineato all’antica via ad duodecim Portas, che corrisponde alla moderna via dell’Ara Massima di Ercole. La via lo separava dai carceres del Circo Massimo, cioè dai cancelli da cui

    Pianta del mitreo del Circo Massimo.

    prendevano il via i cavalli che correvano nel Circo Massimo. Non è al momento noto la destinazione di uso dell’edificio, la cui fase costruttiva risale alla prima metà del I secolo. Esso è costituito da quattro ambienti paralleli divisi da spessi muri in laterizio e tagliati longitudinalmente da un corridoio che collegava l’ingresso principale a Sud-Ovest con quello posto lungo il lato Nord-Est. Non è nota la destinazione d’uso di questi locali che oggi vengono interpretati alternativamente come horrea, ovvero dei magazzini di stoccaggio delle merci del mercato, oppure delle stalle per i cavalli che poi avrebbero corso nel Circo Massimo.
    Alla fine del I secolo dopo Cristo la struttura dell’edificio venne modificata profondamente: vennero creati a Sud-Est dei nuovi setti murari molto robusti che avevano la funzione di sostenere le volte del secondo piano. L’esistenza di questo secondo piano è oggi testimoniata dalla presenza di

    Il rilievo di Mitra nel mitreo del Circo Massimo.

    una scalinata che conduceva a una terrazza prospiciente il Circo Massimo. E’ possibile che in questa fase l’edificio diviene ancor più funzionale al Circo stesso, ad esempio è probabile che esso venisse utilizzato come deposito degli attrezzi di scena degli spettacoli.
    Il mitreo viene realizzato tra la fine del III e l’inizio del IV secolo dopo Cristo. La sua presenza non porta a una sostanziale modifica dell’edificio, ma certamente a una sua consistente modificazione decorativa: ad esempio gli ambienti vengono rivestiti con marmi di pregio.
    L’ingresso al mitreo avviene da Est, quindi esso è rivolto verso il Circo Massimo in corrispondenza dei carceres. Questo ambiente si presenta ancora oggi pavimentato e appare laterale rispetto alla sala principale del mitreo, che quindi non era a vista di chi entrava: i rituali che si svolgevano all’interno della sala del culto erano quindi celati ai passanti. Per

    Rilievo della tauroctonia – Cautes, la spiga di grano e la scena del trasporto del toro nella grotta.

    raggiungere la sala del rito è necessario percorrere un lungo corridoio, che immette in un vestibolo e solo a partire da questo locale che si sviluppa il vero santuario dove si riunivano gli iniziati. L’inizio dell’area propriamente usata come santuario è segnato dalla presenza di due nicchie al cui interno si scorgono due basi marmoree su cui appoggiavano le due statue dei dadofori, portatori di fiaccola, Cautes e Cautopates. Uno aveva la fiaccola alzata e simboleggiava il giorno, l’altro portava la fiaccola abbassata a simboleggiare la notte.
    La zona del vero e proprio santuario è costituita da una serie di ambienti successivi e comunicanti tra loro. Di questa zona fa parte anche un ambiente dotato di un ingresso con architrave di marmo e gradino, che resa piuttosto isolato dalla struttura propria del santuario, e che oggi viene interpretato come apparitorium, ovvero come una sorta di sacrestia.
    Un arco immette nell’ambiente più sacro del mitreo. Questo presenta lungo i lati due podi su cui i fedeli iniziati prendevano posto per partecipare delle funzioni rituali e del banchetto. Al centro del pavimento un grande tondo di alabastro inserito in un quadrato di cipollino simboleggiava il disco solare. Sulla parete di fondo è stata collocata la tauroctonia, ovvero l’episodio più

    Il rilievo della tauroctonia – Il Sole e il corvo.

    importante della storia di Mitra, ovvero l’uccisione del toro da parte dell’eroe dal cui sangue si origina la vita.
    La scena è stata rinvenuta fuori posto e di fatto non se ne conosce, a oggi, la collocazione esatta.
    L’archeologo Antonio Maria Colini, che durante gli sterri legati all’apertura della “Via del Mare”, negli anni tra il 1936 e il 1937, ebbe la possibilità di esplorare tutto il settore tra la via della Bocca della Verità e la via di Porta Leone descrive, nel suo testo intitolato “Rilievo mitraico di un santuario scoperto presso il Circo Massimo”, con queste parole la scena della tauroctonia: ….“(Mitra ha il volto) piegato di fianco, incorniciato da riccioli, ha un aspetto molto giovanile: gli occhi fissi lontano danno ad esso un’aria di sognante astrazione. Il dio indossa una tunica a maniche, serrata alla cinta, e un paio di brache che coprono anche i piedi; sulle spalle ha gettata la clamide; sul capo porta il berretto frigio ornato d’una stella. L’aria tagliata nella corsa lo investe e ne solleva gli indumenti. Mitra è saltato in groppa al toro….”

    Il rilievo della tauroctonia – La Luna, Cautopates, la testa del toro e il pugnale.

    La scena è quella canonica e vi sono tutti gli elementi classici: i dadofori Cautes e Cautopates, la spiga che nasce dalla coda del toro, il cane e il serpente che ne leccano il sangue, lo scorpione che lo morde ai genitali. In una scena più piccola a sinistra Mitra trasporta il toro nella grotta, mentre nei due angoli opposti, in alto, sono scolpiti il Sole e la Luna. Vicino al Sole c’è il corvo, che ne è la sua rappresentazione, che ha il ruolo di indicare a Mitra i passi da compiere.
    Antonio Maria Colini prosegue la sua descrizione: ….“Il fondo della scena è tutto ineguale, ma liscio, tranne che nell’angolo sinistro, ove è scolpita la roccia della mistica montagna in cui s’apre in basso l’imboccatura della grotta. Avanti a questa è rappresentata una piccola figura simile in tutto ai dadofori (e quindi a Mitra), ma d’aspetto ancor più giovanile, che porta sulle spalle un toro trascinandolo per le zampe anteriori. Sul terreno sotto di esso guizza un piccolo serpe. La roccia, scolpita a bozze e a fori, s’innalza compatta per un tratto, poi forma una risega dalla quale emerge una sorta di vetta. Sopra l’imboccatura della grotta da un foro s’affaccia una lucertola”….
    Nella parte superiore del rilievo è visibile la seguente iscrizione: “DEO SOLI INVICTO MITHRAE TI(BERIUS) CL(AUDIUS) HERMES OB VOTUM DEI

    Il rilievo della tauroctonia – Il cane, il serpente e lo scorpione.

    TYPUM D(ONO) D(AT)” ovvero «Al dio Sole invitto Mithra, Tiberio Claudio Hermes in seguito ad un voto dà in dono».
    La scena della tauroctonia ha dimensioni imponenti, 87 cm di altezza e 164 di lunghezza, e anche per questo motivo è uno dei rilievi mitraici più importanti che si conoscano. Nella sua posizione originale era collocato su parete mediante perni e grappe.
    In questo mitreo è stato poi ritrovato anche un secondo rilievo di dimensioni minori, anche questo oggi collocato in una posizione non originale, in cui è riportata un’altra scena di uccisione del toro.

    Roma, 8 febbraio 2020

  3. Civis, Civitas, Civilitas.

    Italo Gismondi nasce a Roma il 12 agosto 1887 e diventa architetto e archeologo. Agli inizi del Novecento viene nominato direttore degli scavi di

    Italo Gismondi mentre lavora alla realizzazione de Il Plastico.

    Ostia, e per più di quarant’anni il suo interesse principale sarà proprio quello di studiare e rivelare la storia dell’antica città romana.
    Probabilmente il motivo per cui Gismondi è però noto al vasto pubblico è un altro: la realizzazione tre il 1935 3 il 1971 di un plastico di Roma. Il Plastico, così famoso da meritarsi il titolo con la lettera maiuscola e di non aver bisogno di altre specificazioni, rappresenta, in scala 1:250, la città di Roma agli inizi del IV secolo, quando regnava Costantino.
    Inizialmente Gismondi realizza solo il centro monumentale della città antica. Questa parte de Il Plastico sarà pronta per l’allestimento della Mostra Augustea della Romanità del 1937 e verrà realizzato all’interno degli edifici dell’ex pastificio Pantanella, utilizzando tutte le fonti disponibili a partire dalla Forma Urbis, così come era stata ricostruita e pubblicata da Rodolfo Lanciani.

    Il Plastico di Gismondi – Una veduta d’insieme.

    Per i monumenti, di cui restava e resta ancora testimonianza, furono realizzati piante e prospetti, per le unità abitative, che per la maggior parte nel tempo erano e sono andate disperse, furono realizzati alcuni modelli rappresentativi dell’edilizia romana.
    Il Plastico è realizzato in gesso alabastrino, con armature in metallo e fibre vegetali. L’intera opera è costituita da circa 150 telai, assemblati, quasi sempre, lungo gli assi stradali.
    Successivamente alla Mostra Augustea della Romanità del 1937 Il Plastico venne ampliato e finì con il rappresentare tutta l’area urbana dell’antica Roma compresa dentro le Mura Aureliane. Il Plastico trovò la sua naturale casa all’interno del Museo della Civiltà Romana inaugurato all’EUR nel 1955.
    Ma l’opera di Gismondi non si ferma qui. Egli infatti realizzerà non solo Il Plastico ma molti altri modelli. Di questi cinquantotto sono esposti insieme

    Foro di Pompei.

    a sei calchi di sculture rappresentanti famosi personaggi del mondo romano alla mostra Civis Civitatis Civilitas.
    L’opera di Gismondi è un’operazione di enorme interesse perché risponde all’esigenza di indagare una realtà complessa, quale una città antica come Roma che ha conquistato il mondo antico ponendosi al suo centro, utilizzando strumenti materiali, quali il modello in scala, anticipando quello che oggi viene realizzato attraverso la realtà virtuale. L’importanza di questo tipo di approccio, il suo significato e le sue ricadute sono assolutamente contemporanei, basti pensare che dal 1996 un team di esperti sta realizzando un’applicazione per cellulari e visori 3D, nonché un sito, che è una ricostruzione tridimensionale della città di Roma Antica all’interno delle Mura Aureliane permettendone una visita virtuale, proprio a partire dalla suggestione sollecitata dall’opera di Gismondi.
    Interpretare il mondo antico, e in particolare quello delle più grandi civiltà del passato del bacino del Mediterraneo come il mondo romano e quello greco, attraverso la sua realtà urbanistica e architettonica, dove architettura e urbanistica sono filosofia di vita e definizione di rapporti

    Meta Sudans.

    anche sanciti dal diritto e dalle leggi, ha una lunga tradizione che vede ad esempio in Giovan Battista Piranesi un punto di riferimento fermo e importante, che certamente Gismondi ha tenuto presente nel suo lavoro.
    Nella mostra in corso ai Mercati di Traiano viene però fatto un passo ulteriore poiché la realtà della cultura romana viene divisa in sette macrotemi che indagano e sono direttamente connessi con la vita del Civis, cioè del cittadino romano, con la Civitas, che nel mondo romano indicava sia lo status giuridico della cittadinanza romana, che l’insieme dei cittadini romani, quanto un insediamento rubano non organizzato in urbs, ovvero in città, e la Civilitas, ovvero l’arte di governare la società.
    Il primo tema è quello degli spazi pubblici e qui vengono presentati i modelli che descrivono i Fori, le Curie, i Capitolia e i templi. Quindi l’acqua nel decoro della città attraverso la descrizione delle fontane, dei ninfei e ovviamente delle terme. Non può mancare il tema dello spettacolo,

    Ninfeo di Side.

    espressione sociale per antonomasia, indagato con i modelli di teatri e anfiteatri. Archi trionfali e onorari e le porte urbiche sono l’occasione per parlare del trionfo, dell’onore e del passaggio. Il commercio è descritto attraverso i mercati e la memoria, declinata in individuale, familiare e dello Stato, attraverso i modelli dei sepolcri e dei monumenti. Infine le infrastrutture, forse uno degli aspetti più caratteristici del mondo romano, con modelli di ponti, acquedotti, cisterne e castelli di distribuzione dell’acqua.
    Con questa tipologia di edifici pubblici e privati Roma antica si estende nel mondo antico oltre le sue mura, e in ogni punto dell’impero che a partire dal Mediterraneo si irradierà verso tutti e quattro i Punti Cardinali. Questo aspetto viene affrontato in mostra mettendo a disposizione del visitatore i modelli relativi a diverse città del mondo romano. Così accanto al modello

    Mercato di Sertius a Timgad.

    del Foro di Augusto, troviamo quello della città di Pompei, tra i ninfei viene presentato quello della città di Side, e tra i mercati quello di Sertius a Timgad, tra i monumenti funebri il mausoleo dei Giulii a Saint Rémy, e tra gli archi quello di Besançon.
    Quando Roma conquistava con il suo esercito un territorio, questo veniva subito sottoposto all’organizzazione giuridica e legislativa di Roma e anche l’organizzazione urbanistica cambiava: lo spazio veniva organizzato in maniera regolare intorno al cardo e ai decumani, con il Foro al centro. Questa organizzazione non riguardava solo le città di nuova creazione, ma investiva anche centri già esistenti. Ostia, che essendo nata come castrum e con funzioni difensive e non possedeva un Foro, in questo senso può essere una realtà esemplificativa: il Foro viene creato quasi a viva forza sotto il governo dell’imperatore Adriano, nel 120 dopo Cristo, interrompendo il decorso del cardine massimo e posizionando qui il Capitolium.

    Teatro di Dougga.

    Il Capitolium a Ostia, ma in tutte le città romane è la struttura che segna il passaggio definitivo al mondo romano, la completa assimilazione ad esso. Il Capitolium viene posto in posizione dominante nel Foro, e assume il ruolo di portare dentro la realtà conquistata o creata ex novo il simbolo più emblematico di Roma: il tempio dedicato alla Triade Capitolina: Giove, Giunone e Minerva. In mostra vengono esposti i modelli del Capitolium di Pompei e di Brescia tra i tanti possibili.
    Con il Capitolium arrivano gli edifici destinati alle principali funzioni pubbliche: la Basilica, per amministrare la giustizia, la Curia, una sorta di replica del Senato di Roma dove si riunisce il Consiglio Cittadino e il Macellum dove si scambiano le merci.
    La nuova città sarà dotata quindi di tutte le infrastrutture necessarie al suo funzionamento: acquedotti e fontane, come la Meta Sudans di cui in mostra è esposto il modello, strade e ponti, mura e porte. Ma arrivano anche i

    Arco di Besançon.

    luoghi di aggregazione per antonomasia: gli anfiteatri, il Colosseo ma non solo, e i teatri, come quello di Dougga, dove tutti i cittadini si riuniscono e dove la classe politica e aristocratica si mostra al suo popolo.
    Ma la mostra non è solo fredda e scientifica elencazione di monumenti, ma anche ricostruzione della vita attraverso la testimonianza di chi quella vita la ha vissuta e la ha descritta, oppure ne ha studiato e analizzato alcuni aspetti problematici. Così lungo il percorso si possono ascoltare le narrazioni degli autori classici che investono gli ambiti più diversi. Il retore Elio Aristide declama all’imperatore Antonino Pio nel II secolo dopo Cristo l’orazione “a Roma”, in cui vengono descritti con chiarezza evidente tutti i motivi per cui il dominio di Roma si esplicava con tale grandezza e determinazione.
    Seneca lamenta all’amico Lucilio di non riuscire a studiare in casa perché essa è troppo vicina alle terme, e da queste proviene un tale trambusto che egli ne è continuamente distratto.
    Cicerone, critico sulla necessità di costruire teatri stabili in muratura e di offrire al popolo tutto spettacoli di varia natura, lascia di questi una descrizione così minuziosa da rendere i suoi scritti quasi un’istantanea fotografica.
    Significativa ancora la testimonianza di Apollodoro di Damasco, noto architetto che aveva progettato il foro di Traiano e il relativo Mercato, che nel suo testo “L’arte dell’assedio” analizza le strutture e macchine difensive di alcuni centri urbani dell’impero.

    Roma, 3 febbraio 2020

  4. Colombario di Pomponio Hylas

    Colombario di Pomponio Hylas

    Appartata in un angolino del parco degli Scipioni, un piccolo edificio sembra quasi passare inosservato. Basta varcare la soglia e scendere una scala ripida, per ritrovarsi in un’atmosfera rarefatta: lungo quelle scale, nella parete frontale, due grifi davanti ad una cetra fanno la guardia ad una epigrafe all’ingresso mosaicato. Stanno lì contro il malocchio.
    Tesserine di un colore scuro si stagliano su una base dorata per indicare i proprietari del sepolcro: Pomponio Hylas e sua moglie Pomponia Vitalinis. Alla fine della scala, non un sepolcro angosciante ma un delicato e prezioso recinto sacro si fa ammirare per la bellezza dei suoi colori nel ritmo alterno dei frontoni: rossi sanguigni, terre bruciate e azzurri oltremare, e figure e racconti.
    Le edicole, che sembrano piccoli templi, scandiscono le pareti di questo straordinario colombario. In uno esiguo spazio triangolare del frontone

    Frontone con il centauro Chirone e Achille – Colombario di Pomponio Hylas.

    davanti alla scala, il centauro Chirone, figlio di Crono e di Filira, ammaestra Achille al suono della lira nella pace dei Campi Elisi. Sotto, nel fregio dell’architrave, Ocno/Bianore – figlio del dio Tiberino e dell’indovina Manto – svolge la sua fune, in compagnia di Cerbero e di una Danaide. Sulla volta, tre amorini in uno spazio di viti: uno con un papiro in mano, l’altro fa l’equilibrista su un ramo, e un altro ancora, impegnato nella lettura, si ciondola da un tralcio. Orfeo domina sovrano la composizione di questo concerto ultraterreno. Il “racconto”, raccolto in più episodi, deve però rimanere misterioso, un invito a non rendere palesi i segreti del mito di Orfeo. I due committenti, i due defunti raffigurati da eroi al centro dell’edicola, sono dunque seguaci della fede orfica. Ecco che allora tutto deve essere letto in chiave allegorica. Perfino il levitare sospeso di quelle Nikai, vittorie alate, che dal colmo della volta annunciano il loro messaggio di vittoria sulla morte e l’eterna salvezza.

    Colombario di Pomponio Hylas.

    Un raffinatissimo luogo di sepoltura, il colombario di Pomponio Hylas, tornato alla luce nel 1931, è un seminterrato, costruito tra il 14 e il 54 dopo Cristo. L’ambiente di 4 metri per 3, è in parte scavato nella roccia e in parte costruito in opera cementizia e conserva ancora la ripida scala originale. Il proprietario, Pomponio Hylas, visse nel periodo dei Flavi, tra il principato di Tiberio e quello di Claudio. Lo si sa grazie a due delle nicchie, una dedicata ad un liberto di Tiberio e l’altra ad un liberto di Claudia Ottavia, figlia di Claudio e Messalina.

    Roma, 27 gennaio 2020