La villa sta poco discosta dalla chiesa di San Cesareo, lungo il tratto urbano dell’Appia Antica – tratto che oggi prende il nome di via di Porta San Sebastiano –. È conosciuta come la Casina del cardinale Bessarione.
Intanto, chi era costui? Teologo e umanista, nacque a Trebisonda nel 1403. Morì a Ravenna nel 1472. Monaco basiliano, fu al servizio di Giovanni VIII di Costantinopoli e di Teodoro II Porfirogenito. Arcivescovo di Nicea, partecipò al concilio di Ferrara – Firenze per l’unione della Chiesa greca con quella latina, in qualità di oratore principale dei Greci; nell’esito felice, anche se non duraturo del concilio, ebbe gran parte. Creato da Eugenio IV cardinale dei Santi Apostoli – basilica che ospita la sua straordinaria cappella funebre – nel 1439, fu chiamato in Curia dal papa e nel 1449 trasferito alla sede vescovile di Sabina e poco dopo a quella di Tuscolo. Legato pontificio a Bologna, fu candidato all’elezione papale nel conclave del 1455. Nel 1463 divenne vescovo di Negroponte e poi patriarca di Costantinopoli. Contribuì alla diffusione in Italia del greco e specialmente della filosofia platonica. Tradusse in latino la “Metafisica” di Platone.
Era, dunque, un sublime uomo di cultura.
Così scrisse in una lettera: “Non c’è oggetto più prezioso, non c’è tesoro più utile e bello di un libro. I libri sono pieni delle voci dei sapienti, vivono, dialogano, conversano con noi, ci informano, ci educano, ci consolano, ci dimostrano che le cose del passato più remoto sono in realtà presenti, ce le mettono sotto gli occhi. Senza i libri saremmo tutti dei bruti.”
Da uno saggio di Fabio Prosperi, raffinatissimo studioso dell’Età Medievale, prendiamo le mosse per descriverne i tratti: «Forse è proprio questo incredibile stralcio di lettera la chiave per entrare in sintonia con le corde dell’animo di Bessarione. L’immagine delle casse dei suoi libri, donati a Venezia, che vengono trasportate a bordo di barche che scivolano sulla laguna verso la città del leone di San Marco, evoca l’arca che pone in salvo questo inestimabile retaggio che passa di mano dall’Oriente bizantino all’Occidente umanista. Proprio quei libri, scampati al diluvio ottomano, andranno a costituire il fondo primo della Biblioteca Marciana».
Bessarione non fu solo questo, non fu solo uomo di lettere. Lo vediamo impegnato a fianco di Giovanni Paleologo al concilio di Ferrara nel tentativo di ricucire lo Scisma di Michele Cerulario, tentativo nel quale si prodigò come teologo nel dibattere la questione del Filioque e come oratore sapiente nonostante la giovane età: a trent’anni fu lui a pronunciare il discorso di apertura. Cardinale di Santa Romana Chiesa, alto prelato del clero orientale passò al cattolicesimo occidentale probabilmente deluso
dalla insensata resistenza del clero orientale che ancora una volta vanificò tanto lavoro di ricucitura tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente, mantenne comunque l’abito di monaco basiliano ed ebbe la sua accademia proprio in Santi Apostoli, al tempo di Pomponio Leto e di Nicolò da Cusa.
E ora la casina romana a lui attribuita: pur compresa dalle Mura Aureliane, ha tutte le caratteristiche di una villa rustica del Rinascimento. E il giardino ne è la dimostrazione: con l’ausilio di siepi di bosso o di erbette odorifere nel Rinascimento si realizzarono così dei giardini le cui aiuole, disegnate in precise forme simboliche, facevano da contorno al passeggiare e al meditare sereno del padrone di casa. In tal modo il legame con il passato era reale e ideale allo stesso tempo, perché da un lato si recuperava l’arte, cioè il dare forma architettonica alla natura, e dall’altro si ricreavano a livello intellettuale gli antichi otia letterari.
Sul retro della casina, ci si ritrova nella zona riservata, vero hortus conclusus medievale, che ricorda le fasi anteriori dell’edificio. Durante il Medioevo la zona dove sorge la casina era caduta in rovina e le aree ai lati dei tratti urbani delle vie Appia e Latina erano divenute sede di vigne e di orti spettanti a chiese vicine, mentre la via di era trasformata in una miniera di marmi antichi.
Nella parte medievale dell’edificio si riconosce l’ospedale annesso alla chiesa di San Cesareo. Dopo il 1439 la casina divenne sede episcopale estiva. Il suo legame col cardinale Bessarione sarebbe provato da alcuni documenti che attestano la proprietà da parte del cardinale di una vigna situata tra i possedimenti della chiesa di San Sisto Vecchio e la chiesa di San Cesareo. Ma nulla di più, dal momento che nei fregi che decorano le stanze compare sempre lo stemma del cardinale Battista Zeno, vescovo di Tusculum dopo il Bessarione.
Ad ogni modo la casina mostra in anticipo alcune caratteristiche proprie delle ville rinascimentali, ovvero la tendenza a trasformare vecchie dimore suburbane in ville rustiche e a condurre un sapiente intervento architettonico che vada a fondersi con lo spazio naturale circostante; quindi può essere definita come un prototipo di residenza extraurbana all’interno del recinto difensivo romano.
Nella fase post-rinascimentale la storia della casina è a tratti nebulosa. In una pianta del 1551 la zona corrispondente alla Villa è segnalata come vinea del Cardinale Marcello Crescenzi, il cui stemma di famiglia è in effetti affrescato nella loggia della casina. Nel 1600 Clemente VIII concesse i due edifici contigui, casa e chiesa, al Collegio Clementino, da lui fondato nel 1594 e affidato ai Padri Somaschi, e la villa divenne luogo di incontri conviviali legati all’attività del Collegio. Soppresso il Collegio Clementino nel 1870, la casina fu affidata al Convitto Nazionale.
Ben presto tuttavia la villa cadde in abbandono e sul finire del secolo venne trasformata in osteria di campagna tramite una serie di interventi che la modificarono radicalmente: vennero chiusi gli archi della loggia; i soffitti e le pareti affrescate furono imbiancate; le sale, suddivise in più vani con dei tramezzi, vennero utilizzate come camere da letto o come depositi di attrezzi e prodotti agricoli.
Solo negli anni del Governatorato la casina tornò alla sua antica dignità. Espropriata nel 1926, essa venne fatta oggetto di ingenti restauri affidati all’Ufficio Antichità e Belle Arti.
Tornando al cardinale Bessarione, ci possiamo porre la domanda del perché abbia scelto di risiedere proprio in questa zona.
Pensiamo un attimo al fatto che la casina è posta non su una strada qualsiasi, bensì lungo l’Appia, la regina viarum, la strada che in antico condusse i Romani alla conquista non solo dell’Italia meridionale: il porto di Brindisi, ove l’Appia concludeva il suo lungo percorso, era la testa di ponte verso il Vicino Oriente. Ebbene, piace credere che nella casina egli vide non soltanto un luogo salubre e ameno, ma anche una parte di Roma in qualche modo più vicina alla Grecia; un legame ideale con la patria che non poté più rivedere.
Roma, 18 giugno 2019