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  1. Articolo

    Stanley Kubrick – L’Odissea di un grande visionario – 2/4

    di Paolo Ricciardi

    In occasione dei venti anni dalla morte del grande regista Stanley Kubrick pubblichiamo, in quattro puntate, con vero piacere un testo di Paolo Ricciardi che attraversa e analizza, sebbene brevemente, tutta l’opera, ma forse sarebbe più corretto dire l’epopea, di Kubrick.

    2001 Odissea nello Spazio – Stanley Kubrick – 1968.


    Qui si può leggere la prima parte del testo.

    La giostra dei contrari continua con quello che è stato spesso considerato il capolavoro di Kubrick, 2001: Odissea nello spazio, dove il conflitto fra l’uomo e la macchina produce uno scambio d’identità e, mentre il computer HAL 9000 con la sua rivolta fallita assume alla fine quasi un volto umano, lo sguardo dell’astronauta David Bowman appare sempre più freddo e assente. Famosi sono i tempi lunghissimi del balletto delle astronavi, il pezzo di autentico cinema sperimentale inserito nella parte finale per descrivere l’arrivo sul pianeta sconosciuto, e il finale, con triplice salto di Bowman attraverso il tempo, dalla giovinezza alla maturità alla vecchiaia, per poi rinascere come ‘feto astrale’.

    continua…
  2. Il colle del Quirinale, il Palazzo Pallavicini Rospigliosi e il Casino dell’Aurora di Guido Reni

    Il colle del Quirinale rappresenta la storia stessa di Roma: esso sta all’origine della città quasi

    Tempio di Quirino - Ricostruzione

    Tempio di Quirino – Ricostruzione

    come il Palatino perché di qui discesero le popolazioni dei villaggi che, nella valle del Foro, si incontrarono con gli abitanti della Roma quadrata e diedero vita al primo ordinamento cittadino. Tradizionalmente si ritiene che questi primi abitanti fossero i Sabini di Tito Tazio, poi assorbiti nella città latina.
    Il colle prese nome dalla costruzione di un Tempio di Quirino, localizzato tra la Via del Quirinale e la Via delle Quattro fontane, insieme con altri edifici sacri importantissimi tra i quali il Tempio di Serapide, costruito da Caracalla e localizzato tra Piazza della Pilotta e Piazza del Quirinale. Nel IV secolo l’imperatore Massenzio vi costruì piccole ma importantissime Terme, che, dopo la sconfitta di Ponte Milvio, cambiarono nome e vennero indicate come terme di Costantino.
    Nel corso dei secoli, il Quirinale mantenne la sua enorme importanza per un motivo apparentemente banale, ma che rappresentò la sua “fortuna”: la straordinaria aria temperata perfettamente salubre rispetto a molte altre zone dell’Urbe, insidiate, soprattutto d’estate, dai miasmi malarici.

    Terme di Costantino - Incisione Etienne Duperac 1575

    Terme di Costantino – Incisione Etienne Duperac 1575

    La presenza di reperti archeologici faceva del colle un luogo di grande fascino e di un certo interesse anche per gli artisti. Basti pensare che lo stesso Michelangelo saliva spesso al Quirinale per passeggiare tra le rovine dei templi maestosi che qui sorgevano e per incontrare Vittoria Colonna nei giardini del Palazzo Colonna che ancora oggi conservano i resti della scalea che conduceva al tempio dedicato a Serapide. Recenti ricerche indicano che le statue dei due Dioscuri, oggi collocate nella Piazza del Quirinale, potessero appartenere all’apparato decorativo di questo tempio, insieme con le statue del Tevere e del Nilo che oggi sono state collocate nella piazza del Campidoglio.
    Fu solo per questo che, a partire dal XVI secolo, i papi decisero di trascorrere molto tempo al colle per godere della sua aria frizzantina.
    Paolo III, per esempio, fu ospite della villa che il cardinale Ippolito d’Este aveva qui sistemato su di una proprietà dei Carafa che gli era stata affittata. Nel 1574, proprio di fronte alle rovine delle terme costantiniane, sulla sommità del colle del Quirinale, Gregorio XIII diede inizio alla costruzione di un palazzo che sarebbe diventato, in futuro, la residenza estiva dei papi. I lavori furono affidati ad Ottaviano Mascherino e si conclusero nel 1585.

    Terme di Costantino - Ricostruzione

    Terme di Costantino – Ricostruzione

    Il primo papa ad insediarsi definitivamente nel Palazzo del Quirinale fu Paolo V Borghese. E di lì a poco, anche suo nipote, il segretario di stato cardinal Scipione Borghese, decise di costruirsi un palazzo al Colle. E, per far spazio alla villa, le Terme di Costantino furono quasi completamente rase al suolo: la splendida dimora di Scipione si estendeva fino alle pendici del Viminale e confinava con un’altra enorme villa di una potente ed antica casata romana, gli Aldobrandini. L’enorme quantità di materiali, accumulati dopo la demolizione delle terme, fu quindi utilizzata per la costruzione del terrapieno sul quale doveva sorgere il casino dell’Aurora, risolvendo in un colpo solo due problemi: quello di utilizzare la gran mole di detriti che l’abbattimento delle terme aveva creato e permettendo che il casino avesse l’ingresso allo stesso livello del piano nobile del palazzo.
    La costruzione del palazzo di Scipione Borghese fu curata dal Vasanzio e dal Maderno, fra il 1611 e il 1616; contemporaneamente essi progettarono anche un ampio giardino digradante verso Magnanapoli.

    Aurora - Guido Reni - Casino Pallavicini

    Aurora – Guido Reni – Casino Pallavicini

    Nel 1612 Scipione commissionò a Guido Reni, per il suo Casino nel parco del suo palazzo, l’affresco dell’Aurora, terminato nell’agosto del 1614: il carro di Apollo circondato dalle figure delle ore è preceduto dall’Aurora mentre sopra i quattro cavalli vola Phosphoros, l’astro del mattino, con una torcia accesa; in basso a destra, una marina.

    Nel momento stesso in cui Guido Reni dipinge il Carro dell’Aurora per Scipione Borghese, Guercino sta dipingendo lo stesso soggetto per Ludovico Ludovisi nella scomparsa Villa Ludovisi sul Pincio e Pietro da Cortona si cimenta con un’Aurora nella Villa del Vascello al Gianicolo. Delle tre, quella di Pietro da Cortona purtroppo andò irrimediabilmente perduta a seguito dei bombardamenti francesi della Villa del Vascello durante la Repubblica Romana del 1849.
    Per motivi non documentati, avendo avviato quasi in contemporanea la realizzazione di quella che sarà la Villa Borghese sul Pincio, Scipione Borghese abbandonò la villa sul Quirinale, portandosi via molte delle antichità che aveva nel frattempo collezionato, ma lasciando nel palazzo statue e quadri d’immenso valore.

    Loggia - Affreschi di Paul Bril e Guido Reni

    Loggia – Affreschi di Paul Bril e Guido Reni

    Dopo l’abbandono da parte di Scipione Borghese, al palazzo subentrarono i Bentivoglio e, in seguito, il cardinale Mazzarino che lo ampliò, destinandolo ad ospitare, oltra ai suoi parenti, anche personalità francesi di passaggio e gli ambasciatori che prima avevano risieduto a Palazzo Farnese. Finalmente, alla fine del Seicento, il palazzo pervenne ai Rospigliosi, che intanto si erano imparentati con i Pallavicini. La nobile famiglia incrementò ulteriormente il palazzo, arricchendolo di decorazioni pittoriche che andarono a comporre la celebre Galleria d’arte che vantava opere di Botticelli, di Signorelli, di Rubens, dei Carracci, oltre ai quadri attribuiti Leonardo e al Caravaggio.
    Molto belle anche le sale affrescate da Paolo Brill; una loggia nel giardino è adorna di affreschi di Orazio Gentileschi e Agostino Tassi.
    Attualmente il palazzo – che, dalla costruzione di via Nazionale, è stato mutilato di una parte del giardino, anche per far posto a nuovi edifici – si presenta in fondo ad un vasto cortile, delimitato sulla strada da un alto muraglione con apertura a foggia di finestre. Il nobile edificio risulta articolato in vari corpi dominati dalla svettante loggia-belvedere. L’ingresso principale, sulla sinistra, è preceduto da un bellissimo porticato, al di là del quale si scorge il “giardino segreto” con un ampio ninfeo a grandi nicchie e statue.

    Casino delle Muse - Orazio Gentileschi ed Agostino Tassi

    Casino delle Muse – Orazio Gentileschi ed Agostino Tassi

    Sul retro del palazzo, si snoda un pittoresco insieme di edifici annessi, di passaggi e cortiletti. Sul fianco del cortile antistante, si sviluppa un giardino pensile al cui fondo sorge il celeberrimo Casino dell’Aurora, famoso per la decorazione pittorica del soffitto del salone realizzata da Guido Reni. La visita al Casino Pallavicini, noto anche come Casino dell’Aurora, sarà l’occasione non solo per ammirare il capolavoro di Guido Reni, ma anche per avvicinarsi alla filosofia e allo stile di vita, alla ragion d’essere di queste ville della prima metà del seicento. Ville nate non solo come mere residenze, ma come spazi per la meditazione e l’ozio, in un pieno revival degli horti romani.

    Roma, 11 marzo 2017

  3. Memoria, storia, arte: Cimitero Monumentale del Verano

    Non è solo un cimitero. Ma un pilastro dell’Urbe che custodisce la

    Ingresso del Cimitero del Verano – Roma.

    memoria e ne fa un’opera d’arte, con i suoi lunghi viali silenziosi ombreggiati dagli alberi. Abitato da angeli piangenti e da volti che racchiudono storie. I destini della gente comune, accanto a giganti dell’arte, della letteratura e della Storia, quella grande.
    Il Cimitero Monumentale del Verano è tutto questo. E non ha nulla da invidiare – salvo che per la cura e la manutenzione, ovviamente – ai cimiteri parigini di Père-Lachaise, Montparnasse, Montmartre.
    Il Verano è luogo di sepoltura da venti secoli, almeno. A testimoniarlo l’esistenza di una necropoli romana, le cosiddette catacombe di Santa Ciriaca. Il nome gli deriva dall’antico campo dei Verani, gens senatoria della Repubblica romana. Qui fu sepolto il martire Lorenzo, la cui basilica, proprio a due passi dal cimitero, ospita le sue spoglie, insieme con quelle di Stefano, il primo martire della storia cristiana.
    Fondato lungo la via consolare Tiburtina durante il regno napoleonico del 1805-1814, in ossequio all’editto di Saint Cloud del 1804 che imponeva le sepolture al di fuori le mura della città. Ricalcando, di fatto, l’antica legge romana che proibiva le sepolture all’interno del Pomerio, il sacro confine di Roma.

    Tomba di Goffredo Mameli – Verano – Roma.

    Il progetto fu affidato a Giuseppe Valadier tra il 1807 e il 1812. Consacrato nel 1835,i lavori proseguirono con i pontificati di Gregorio XVI e di Pio IX, sotto la direzione di Virginio Vespignani. L’edificazione del cimitero continuò anche dopo l’avvento di Roma capitale, 1870-1871, inglobando importanti appezzamenti come, ad esempio, villa Mancini sulla quale sorge l’area del Pincetto. L’ingresso principale a tre fornici reso imponente dalla presenza di quattro grandi statue che rappresentano la Meditazione, la Speranza, la Carità e il Silenzio, precede un ampio quadriportico, opera del Vespignani, completato nel 1880. L’attuale configurazione è successiva al bombardamento del quartiere San Lorenzo, 19 luglio 1943, in cui il Verano subì danni localizzati in tre aree: l’ingresso monumentale con il Quadriportico e il Pincetto, gli uffici della direzione e la zona davanti al Sacrario Militare. Esteso su un’area di 83 ettari circa, il Cimitero, con il suo patrimonio di opere d’arte, costituisce un museo all’aperto che non ha eguali per la quantità e la particolarità delle testimonianze: un inestimabile valore sotto il profilo storico-artistico e culturale. Una sorta di esposizione permanente di opere d’arte il cui stile va dal neoclassicismo al liberty. Sull’ingresso vegliano la Meditazione, la Speranza, la Carità e il Silenzio, quattro statue imponenti. Superato il quadriportico, il cui colonnato inquadra alcune tombe a parete e culmina nella chiesetta di Santa Maria della Misericordia, ci si trova immersi nella tranquillità delle cappelle e dei monumenti funebri. Proseguendo, ci si imbatte della

    Tomba di Ettore Petrolini – Verano – Roma.

    Scogliera del Monte: in questa affascinante area del Verano le lapidi si arrampicano su gradoni ricoperti di pietre che, in cima, ospitano delle cappelle. Bellissimi i ritratti realizzati da Filippo Severati nella seconda metà dell’Ottocento: all’epoca, opere di avanguardia realizzate con una tecnica particolare chiamata “smalto su lava”. In questa “città della memoria collettiva” di Roma, molti gli itinerari “a tema”: gli aspetti monumentali, quelli architettonico-urbanistici, le arti decorative e applicate, le memorie risorgimentali e della grande guerra, i letterati, i grandi del cinema e del teatro, i politici. Il pantheon dei nomi illustri è impressionante. Tra i letterati, ne citiamo solo alcuni: Sibilla Aleramo, Gioachino Belli, Trilussa, Massimo Bontempelli, Emilio Cecchi, Grazia Deledda, Natalia Ginzburg, Alberto Moravia, Elsa Morante, Gianni Rodari, Amelia Rosselli, Giuseppe Ungaretti, Elio Fiore. Tra i politici, patrioti, storici e intellettuali: Gaetano Tognetti Goffredo Mameli, Famiglia Garibaldi, Leonida Bissolati, Enrico Toti, Ernesto Nathan, Giorgio

    Tomba di Trilussa – Verano – Roma.

    Amendola, Ugo Trentin, Pietro Nenni, Giuseppe Saragat, Pietro Secchia, Giulio Andreotti, Armando Cossutta, Paolo Bufalini, Francesco Saverio Nitti, Lucio Colletti, Tullio De Mauro, Ugo Spirito, Giuseppe Di Vittorio, Leone Ginzburg, Nilde Iotti, Palmiro Togliatti, Luciano Lama, Ugo La Malfa, Ugo Longo.
    Poi, gli artisti, gli architetti e gli storici: Giacomo Balla, Pietro Canonica, Cesare Pascarella, gli architetti Marcello e Pio Piacentini, Enrico Lattes, Enrico Prampolini, Ettore Roesler Franz, Alberto Savinio, Rodolfo Lanciani, Giovan Battista De’ Rossi.
    Per il cinema, il teatro: Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Aldo Fabrizi, Alberto Sordi, Nino Manfredi, Alida Valli, Roberto Rossellini, Francesco Rosi, Alessandro Blasetti, Nanni Loy, Luigi Zampa, Carlo Lizzani, Luigi Magni, Elio Petri, Gillo Pontecorvo, Eduardo, Peppino e Luigi De Filippo, Vittorio De Sica, Checco Durante, Fiorenzo Fiorentini, Rina Morelli, Paolo Stoppa, Mario Scaccia, Amedeo Nazzari, Carlo Pedersoli, Bud Spencer,, Ettore Petrolini. Infine, la musica e la televisione: Giuseppe Sinopoli, Nino Rota, Gabriella Ferri, Rino Gaetano, Mario Riva, Raimondo Vianello.

    Roma, 6 maggio 2019

  4. Barocco insolito: la Cripta dei Cappuccini Chiesa di Santa Maria Immacolata

    Per raccontare il grande fascino della Cripta dei Cappuccini in via Veneto, proponiamo un capitolo del volume Roma vista controvento di Fulvio Abbate (Bompiani, Milano, 2015, pp. 697).

    La cripta dei Cappuccini a Roma.

    «Agli spagnoli, ai siciliani, ai leccesi, ai messicani, agli amanti di Halloween e dei film terrorizzanti del regista Dario Argento che magnificano le meraviglie del proprio barocco raccapricciante, i romani sono autorizzati a controbattere con lo spettacolo della cripta dei Cappuccini in via Veneto, compreso il sacello dove riposa Padre Mariano (1906-1972), il frate-professore che spiegava il Vangelo e molto altro nella televisione del servizio pubblico confessionale e concordatario al tempo monocolore e monocanale della Democrazia Cristiana, chiudendo i propri discorsi con un inamovibile e proverbiale “Pace e bene a tutti”.
    La cripta è infatti cosa davvero unica, forse nascosta rispetto all’occhio del visitatore ignaro o accecato soltanto dal binomio via Veneto-Dolce vita: e dunque puttane, cocaina, attori famosi, pessimo cibo ed escrementi di ratto nei migliori locali titolati, ma comunque degna di ogni possibile attenzione.

    La cripta dei Cappuccini a Roma.

    Se le omonime catacombe palermitane – dove i morti dimorano attaccati per il collo e per le natiche con gli abiti del proprio mestiere, già viste nel film di Francesco Rosi “Cadaveri eccellenti” – vanno associate alla teatralità espressionistica per la loro ridondanza scenografica, nel caso della sede romana bisogna pensare semmai all’astrazione pura: Mondrian piuttosto che Munch. In via Veneto infatti le ossa umane sono utilizzate, come elementi geometrici, per realizzare una decorazione parietale. Ai Cappuccini di via Veneto le vertebre, i bacini, le costole, i femori, cartilagini comprese, servono a comporre l’ornato delle cripte. Qualcuno, a suo tempo, pensò a installare, uno dopo l’altro, ogni pezzetto d’ossa al muro.
    Il discorso profondo che se ne deduce solo in apparenza riguarda il libro dell’Ecclesiaste, e anzi smentisce i capisaldi di quel testo: non è vero che tu, da morto, non servi più a nulla, guarda bene qui e scoprirai che non si butta niente nella versione più combinatoria del barocco.
    Nell’ordine, troviamo la cripta della resurrezione, la cripta dei teschi, la cripta dei bacini con un grande baldacchino (di bacini, ovviamente) dal quale pende un fregio di vertebre e due grandi fiori laterali formato da scapole con pendagli sempre di vertebre. La cripta dei tre scheletri, dove i piccoli scheletri – amati defunti di casa Barberini – sorreggono con una mano un cranio alato. Nel sito ufficiale è possibile leggere:

    La cripta dei Cappuccini a Roma.

    “Verso la metà del Settecento, con interventi successivi fino al 1870, questo luogo di sepoltura, di preghiera e di riflessione per i cappuccini – che vi scendevano ogni sera prima di andare a riposare – è stato trasformato in un’opera d’arte, per trasmettere il messaggio che la morte ferma le porte del tempo e apre quello dell’eternità”».

    Roma, 5 maggio 2019