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  1. Il primo luogo di culto cristiano nel cuore Foro Romano: la basilica dei Santi Cosma e Damiano

    A pochi passi dal Foro Romano, dal Palatino e dal Campidoglio, quasi defilata su un lato di via dei Fori Imperiali, ecco la Chiesa dei Santi Cosma e Damiano.

    Santi Cosma e Damiano – Interno.

    La struttura architettonica appare oggi composita per le vicende legate alle pagine della sua storia. Durante il grande incendio di Roma del 64 dopo Cristo la maggior parte degli edifici pubblici del lato Nord del Foro Romano andò distrutta e, dopo la vittoria nella guerra giudaica, l’imperatore Vespasiano realizzò qui il Foro della Pace, un grande complesso con tempio, giardino, fontane e un’aula rettangolare, la Biblioteca Pacis. All’inizio del IV secolo, l’imperatore Massenzio innalzò, a fianco della Biblioteca, l’imponente Basilica, con aula rotonda e ingresso monumentale sul Foro Romano, ancora visibile anche dall’interno della chiesa, coperta con una delle più grandi cupole realizzate a Roma nell’antichità. L’antica porta di bronzo, aperta sulla Via Sacra, è tra i pochi esempi conservati da allora e mantiene anche oggi la sua funzione. Secondo la tradizione, la rotonda era anticamente chiamata Tempio di Romolo, in memoria del figlio di Massenzio, morto all’inizio del IV secolo. Con la caduta dell’Impero Romano, sia la biblioteca che la

    Porta di bronzo dell’aula rotonda dell’edificio costruito da Massenzio.

    rotonda sono state abbandonate, seguendo la sorte di tutti gli edifici di culto pagano decretata dall’editto di Tessalonica dell’imperatore Teodosio II. Nel 526 papa Felice IV ottenne dal re Teodorico di poterne disporre e decise di unire i due edifici e di convertirli a uso religioso. Sorse così il primo luogo di culto cristiano nell’area del Foro Romano, da secoli dedicata alle funzioni civili e alla celebrazione del potere imperiale, vero simbolo della civiltà romana pagana. Il pontefice dedicò la chiesa ai Santi Cosma e Damiano, i due medici originari dell’Asia Minore che subirono il martirio nel 303 a Egea, e per questo motivo è conosciuta anche come “Basilica beati Felicis“. Le loro reliquie furono poi trasportate a Roma e disposte sotto l’altare inferiore della chiesa. Nel Medioevo la basilica dei Santi Cosma e Damiano era riconosciuta come uno dei principali centri di assistenza ai poveri e ai pellegrini a Roma. Una parte importante della vita spirituale della basilica fu la devozione mariana, iniziata nei tempi del papa Gregorio Magno, 590-604. L’edificio fu ampliato sotto Sergio I, 695, e Adriano I, 772, finché, nel 1512, venne affidato dal cardinale Alessandro Farnese ai Francescani del Terzo Ordine Regolare di San Francesco, i quali effettuarono una serie di restauri e di ampliamenti. Ma fu nel 1632, sotto Urbano VIII, che la chiesa fu totalmente rinnovata su disegno dell’architetto camerale Luigi Arrigucci, il quale decise, a causa del carattere malsano e acquitrinoso in cui versava il Foro Romano, di rialzare il pavimento di ben 7 metri, creando così una chiesa inferiore e

    Soffitto a cassettoni della chiesa dei santi Cosma e Damiano.

    una superiore. I Francescani, nello stesso periodo, commissionarono a Orazio Torriani l’edificio conventuale che si sviluppa sulla destra della chiesa. Originariamente l’accesso, quindi, avveniva dalla Via Sacra, attraverso il bellissimo portale del Tempio di Romolo: una vetrata, situata all’interno della chiesa, permette tuttora di ammirare la rotonda, posta all’interno della porta bronzea, che aveva funzione di atrio. L’ingresso attuale, invece, è posto su un lato della chiesa su via dei Fori Imperiali, attraverso un atrio sul quale si affaccia un tratto della parete in blocchi in opus quadratum dell’antica Biblioteca Pacis. L’interno della chiesa, a schema basilicale classico di tipo costantiniano, è a navata unica e presenta ora, al posto dell’originario soffitto a capriate lignee, una copertura impreziosita da una serie di cassettoni dipinti e dorati con lo stemma di Urbano VIII Barberini, tre api dorate su fondo azzurro, e con la Gloria dei Santi titolari. L’altare del presbiterio è ornato con una Madonna con Bambino dipinta su tavola da un anonimo romano del XIII secolo, mentre l’abside e l’arco trionfale presentano un complesso musivo tra i più belli e più antichi di Roma, insieme a quelli di Santa Pudenziana, Santa Prassede, San Clemente e Santa Maria Maggiore. Nel catino absidale, Gesù si eleva al centro su un cielo blu solcato da nuvole variopinte, che ricordano quelle del mosaico del catino absidale di Santa Pudenziana, circondato dai Santi Pietro e Paolo, vestiti di bianco, che introducono Cosma e Damiano, in atto di offrire corone gemmate, e Felice IV che presenta il modello della chiesa. Il volto di Felice IV si deve però a un rifacimento seicentesco. Completano la scena musiva San Teodoro con una corona e un’iscrizione in caratteri dorati con il loro nome. Più in

    Particolare del mosaico dell’abside della chiesa dei Santi Cosma e Damiano.

    basso, nella fascia inferiore, le dodici pecore convergenti al centro verso l’agnello che rappresenta Cristo stesso e che poggia le zampe sul monte dal quale originano i quattro fiumi del Paradiso. Questa porzione del mosaico è su fondo oro. Il tema trattato e le scelte compositive e rappresentative sono caratteristiche dell’arte musiva dell’epoca bizantina, presente anche a Ravenna nella decorazione della Basilica di Sant’Apollinare in Classe.

    Roma, 23 febbraio 2019

  2. Foro Romano: tra Scipione e Cesare

    Foro Romano, atto terzo. Dopo i due appuntamenti dedicati all’età arcaica, la visita proposta attraverserà il cuore monumentale dell’antica Roma

    Basilica Sempronia – ricostruzione.

    durante i secoli della Repubblica: dalla costruzione delle grandi basiliche consolari alla realizzazione del Comizio dove si decisero le sorti dello Stato. I templi, i portici, gli spettacoli, il grande piano monumentale cesariano e i lavori di Silla e Cesare.
    Dall’età regia fino all’avvento dell’età medievale, la valle del Foro è stata teatro di eventi e sede di istituzioni di importanza tale da aver determinato a più riprese il corso storico della civiltà occidentale, e da aver influenzato in modo preponderante le basi politiche, giuridiche culturali e filosofiche del pensiero occidentale.
    Nel 210 avanti Cristo Tito Livio racconta che nel corso della festa dei Quiquatri, una festività romana dedicata a Minerva, con consacrazione delle armi a Marte e celebrata il 19 marzo, cinque giorni dopo le idi di marzo, scoppiò un incendio intorno al Foro in più punti. Contemporaneamente vennero distrutte dal fuoco sette botteghe, in seguito sostituite da altre cinque e da nuove botteghe per gli argentari. Vennero poi aggrediti dal fuoco alcuni edifici privati, in quanto non vi erano in quell’area ancora le basiliche. Furono incendiate anche le

    Basilica Emilia – situazione attuale.

    carceri, il mercato del pesce e l’atrio della Regia. Il tempio di Vesta venne a fatica salvato, grazie soprattutto a tredici schiavi, che furono subito dopo riscattati a spese pubbliche e liberati. L’incendio continuò notte e giorno e non vi fu alcun dubbio che non fosse stato doloso, considerando che il fuoco era stato appiccato contemporaneamente in più luoghi.
    Di attività edilizia di una certa importanza al Foro si ebbe dopo la fine della Seconda Guerra Punica. Con le guerre contro gli Stati ellenistici Roma allarga il suo dominio anche al settore orientale del Mediterraneo, che diviene ormai un lago romano. Le necessità urbanistiche della capitale trovano evidente corrispondenza nell’intensa attività edilizia, che trasforma così in pochi decenni l’aspetto del Foro. Sorgono, nel II secolo avanti Cristo, ben quattro basiliche: Emilia, Porcia, Sempronia, Opimia, e vengono ricostruiti interamente i templi della Concordia e dei Castori, per ricordare solo i maggiori.
    La Basilica Sempronia venne costruita dal censore Tiberio Gracco nel 169 avanti Cristo. Per poter costruire la basilica Tiberio Gracco dovette comprare la casa di Publio Cornelio Scipione Africano che sorgeva proprio in questo luogo. Scavi recenti condotti nei sotterranei della Basilica Giulia hanno permesso di identificare i resti di una ricca domus databile tra il III e il II secolo avanti Cristo. Gli studiosi ritengono quindi che i resti di questa domus possano essere quelli della domus di Scipione Africano di cui parla priorio Livio.

    Basilica Emilia – ricostruzione.

    All’inizio del I secolo avanti Cristo, Silla regolarizzò lo sfondo verso il Campidoglio, fornendo alla piazza un fondale monumentale. Nello stesso tempo venne costruito il Tabularium, edificio destinato a ospitare gli archivi pubblici dello Stato: gli atti pubblici più importanti dell’antica Roma, dai decreti del Senato ai trattari di pace. Unica superstite delle basiliche repubblicane. la Basilica Emilia ci si presenta oggi nell’aspetto assunto in seguito ai numerosi restauri imperiali. Fondata dai censori del 179 avanti Cristo, M. Emilio Lepido e M. Fulvio Nobiliore – al secondo dei quali spetta in realtà la costruzione – essa prese in un primo tempo il nome di Basilica Fulvia. Dopo i restauri, dovuti a vari membri della gens Aemilia, essa avrebbe assunto il nome di Basilica Pauli. Secondo un’ipotesi recente, la sua costruzione sarebbe dovuta a Emilio Paolo nel corso della censura del 159 avanti Cristo La basilica non era altro che uno spazio coperto, destinato, nella cattiva stagione, a svolgere le funzioni che erano proprie del Foro: e quindi a ospitare i tribunali e tutte quelle attività economiche che in periodo più favorevole si svolgevano all’aperto. Il più ampio spazio possibile veniva coperto a mezzo di file di colonne e pilastri, destinati a sostenere la copertura, così che ne originava una serie di navate.

    Fregio della Basilica Emilia – I secolo avanti Cristo – Punizione di Tarpea e Rito nunziale.

    Le basiliche Porcia e Sempronia furono sostituite dalla Giulia, costruita per ordine di Cesare e terminata da Augusto. Inoltre sotto Cesare si ebbe un radicale spostamento della Curia Giulia, che al posto dell’antico rituale orientamento secondo i punti cardinali, venne orientata verso gli assi del contiguo Foro di Cesare. La Curia era una sorta di templum, era cioè di un’area ritualmente delimitata dagli auguri, e quindi orientata secondo i punti cardinali, come testimoniano, oltre agli scrittori antichi, i resti conservati. Deve il suo nome alle assemblee dei “curiati”, cioè dei cittadini ponderati in base al censo, che si svolgevano nel Comizio; qui si affacciava la prima curia di Roma, la Curia Hostilia, edificata secondo la leggenda da Tullo Ostilio, terzo re di Roma. Dopo essere stata danneggiata da un incendio nel 52 avanti Cristo venne restaurata. Ma come detto sopra, sarà Giulio Cesare a dare inizio ai lavori di realizzazione del Foro di Cesare che interessarono tutta quest’aerea: sia i Rostra che la Curia vennero costruiti in posizione più scenografica, con impianto più monumentale. L’edificio fu terminato da Augusto il 28 agosto del 29 avanti Cristo. Restaurata sotto Domiziano nel 94, venne rifatta di nuovo da Diocleziano, in seguito all’incendio del 283 durante il regno dell’imperatore Carino. Nella Curia si trovava anche l’altare della Vittoria.

    Roma, 20 febbario 2019

  3. Articolo

    I fori romani, dentro il cuore di Roma antica

    di Andrea Giardina

    Pubblichiamo un articolo di Andrea Giardina, storico di Roma Antica, apparso nella rivista National Geographic il 1 giugno 2018.
    I secoli di incuria e gli interventi del Ventennio fascista hanno profondamente cambiato il loro aspetto. Studi recenti ci dicono che i fori erano spazi chiusi da alte mura, isolati rispetto al fermento della vita

    Il Foro Romano in una rara immagine del 1911. Si ringrazia Roma Sparita.

    cittadina. Al loro interno, però, mille attività prendevano vita: c’era spazio per il sacro e il profano, il lavoro più febbrile e lo stanco chiacchiericcio degli sfaccendati.
    Ricostruire mentalmente le architetture, gli spazi, la vita che si svolgeva nella zona dei Fori di Roma, è un’impresa difficile e appassionante. Il problema più ovvio è rappresentato da ciò che manca. Ogni tanto qualcuno si diverte a calcolare quante sono le pagine perdute dei giuristi romani rispetto a quelle pervenute nel Digesto, quante le epigrafi, quanti gli storici e i poeti cancellati per sempre. Si potrebbe fare lo stesso con i resti dei Fori: quanti metri cubi di materiali – pietre, marmi, mattoni, malta – rimangono oggi degli antichi edifici romani? Il calcolo, anche se inevitabilmente approssimativo, darebbe la dimensione tangibile del nostro irrimediabile lutto.

    continua…

  4. Porta Asinaria

    Roma è la sola capitale europea ad aver mantenuto in modo abbastanza completo il circuito delle antiche mura difensive. Gli sventramenti tardo-

    Porta Asinaria – 1870 circa. Si ringrazia RomaSparita

    ottocenteschi e quelli del fascismo hanno devastato larghe zone della città quali il Vaticano, Piazza Venezia, l’Esquilino, ma hanno risparmiato le mura iniziate da Aureliano nel 271 e completate dai suoi successori nel 289. Mura costruite in economia, inglobando costruzioni preesistenti, come ad esempio la Piramide e l’Anfiteatro Castrense, che si dipanavano intorno alla città per 18 km per un’altezza di 7 metri.
    Porta Asinaria è una delle quattordici porte che si aprivano nelle mura. Sebbene gli studiosi non siano d’accordo sull’epoca di trasformazione della porta da semplice apertura di terz’ordine ad accesso monumentale, concordano invece sul fatto che molto presto ci si rese conto che l’intera area compresa tra la Porta Metronia e la Prenestina-Labicana, oggi Porta Maggiore, non era sufficientemente sicura. Vennero pertanto erette le torri cilindriche ai lati del fornice, alte circa 20 metri, ancora perfettamente conservate, e si provvide al rivestimento in travertino tuttora visibile sul lato esterno nonché all’apertura delle finestre per le “baliste”, macchine da guerra costituite da una specie di balestra atta a lanciare sassi o grossi dardi.

    Porta Asinaria e Porta San Giovanni – 1900 circa. Si ringrazia RomaSparita.

    In effetti, il restauro curato dallo stesso Aureliano poco dopo l’edificazione del muro, o da Massenzio circa un secolo dopo o ancora all’epoca dell’imperatore Onorio nel 401 – 402, promosse una porta che era poco più di una posterula al rango di porta vera e propria come la Pinciana e la Metronia.
    L’Asinaria è la sola, tra le porte antiche di Roma, ad avere contemporaneamente torri cilindriche affiancate a torri quadrangolari e questo conferma che, come le altre due, era in origine un’apertura di scarsa importanza, posta al centro di due delle torri a base quadrata che componevano la normale architettura delle mura. Una struttura così poderosa ne faceva, di fatto, una fortezza.
    Legata a diversi importanti avvenimenti storici: è famosa per essere stata utilizzata dai Goti di Totila, che la trovarono aperta, come anche la Porta San Paolo, per l’ingresso e il saccheggio della città il 17 dicembre 546 con relativa distruzione, secondo i cronisti dell’epoca, di un terzo della cinta muraria, poi frettolosamente ricostruita. Ma già qualche anno prima, nel 537, l’invito ai Goti, rivelatosi poi falso, ad entrare in Roma da quella porta costò a papa Silverio la deposizione dal soglio pontificio per tradimento.
    Nel 1084 passarono da qui anche l’imperatore Enrico IV e l’antipapa Guiberto di Ravenna per scacciare l’allora papa Gregorio VII, il cui

    Porta Asinaria – 1954 circa. Si ringrazia RomaSparita.

    liberatore, Roberto il Guiscardo mise a ferro e fuoco tutta l’area lateranense, arrecando gravi danni alla porta e alle mura circostanti. Anche il re Ladislao di Napoli entrò da qui nel 1404, e quattro anni dopo ne ordinò, per la prima volta, la chiusura per motivi difensivi. Ma fu riaperta dopo solo un mese. Venne definitivamente chiusa nel 1574, contemporaneamente all’apertura della vicina Porta San Giovanni, resa necessaria nell’ambito della ristrutturazione dell’intera area lateranense per agevolare il traffico da e per il Sud d’Italia. A quell’epoca, del resto, la porta Asinaria era divenuta ormai quasi inagibile per il progressivo innalzamento del livello stradale circostante, circa 9 metri, e anche per questo era ormai del tutto inadeguata a sostenere il volume di traffico, sebbene apparisse molto più imponente dell’altra.
    E’ proprio l’interramento progressivo che, però, ha consentito la conservazione, come è avvenuto anche per la Porta Ostiense, della fortificazione interna, conferendo all’intera struttura l’aspetto di un’opera difensiva autonoma.
    La porta deve il suo nome all’antica via Asinaria, percorso molto precedente alla stessa cinta muraria, che l’attraversava confluendo, più avanti, nella via Tuscolana. All’interno della città la via Asinaria diventava invece, con un singolare accostamento toponomastico, la Via Santa, che dal Laterano conduceva alla Basilica di San Pietro: in occasione delle incoronazioni dei nuovi pontefici nel Medioevo essa veniva percorsa dai papi neoeletti in processione, nella loro duplice veste di Pontefice e Vescovo di Roma. In documenti risalenti al 934 essa viene indicata con il nome di “Porta S. Johannis Laterani”, mentre nel XIII secolo è attestata la denominazione di Porta Lateranense.

    Porta Asinaria, Porta San Giovanni, Piazzale Appio e Basilica di San Giovanni. Si ringrazia RomaSparita.

    Nei pressi della porta venne rinvenuta una delle pietre daziarie, sistemate nel 175 e scoperte in tempi differenti nelle vicinanze di alcune porte importanti, ne sono state trovate solo altre due, vicino alla Salaria e alla Flaminia. Queste pietre erano poste a individuare una sorta di confine amministrativo, e nei loro pressi si trovavano gli uffici di dogana. Ma se questi uffici provvedevano alla riscossione delle tasse sulle merci in entrata e in uscita dalla città, in epoca medievale, dal V secolo e almeno fino al X, vennero adibiti anche alla riscossione del pedaggio per il transito dalle porte, alcune delle quali, secondo una prassi divenuta normale, erano addirittura di proprietà di qualche ricco possidente o appaltatore. In un documento del 1467 è riportato un bando che specifica le modalità di vendita all’asta delle porte cittadine per un periodo di un anno. Da un documento del 1474 si apprende che il prezzo d’appalto per la porta San Giovanni, da leggersi pertinente alla Porta Asinaria visto che la San Giovanni venne aperta un secolo dopo, era pari a ”fiorini 74, sollidi 19, denari 6 per sextaria”, dove con la parola sextaria si indica che il

    Porta Asinaria in una stampa antica.

    pagamento avveniva in rate semestrali: Si trattava, secondo gli studiosi, di un prezzo abbastanza alto, e intenso doveva quindi essere anche il traffico cittadino per quel passaggio, per poter assicurare un congruo guadagno al compratore. Guadagno che era regolamentato da precise tabelle che riguardavano la tariffa di ogni tipo di merce, ma che era abbondantemente arrotondato da abusi di vario genere, a giudicare dalla quantità di gride, editti e minacce, che venivano emessi.
    Dopo la chiusura avvenuta nel 1574 la porta rimase chiusa per più di due secoli quando il 21 aprile del 1954 venne riaperta in occasione della festa del Natale di Roma, dopo un lungo e accurato restauro. Oggi la porta è utilizzata solo come passaggio pedonale.

    Roma, 16 febbraio 2019