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  1. Articolo

    Luci e pietre di Roma

    Silvio Negro

    Nel 1959, Silvio Negro, giornalista, saggista e vaticanista, definito “il veneto che spiegò la Città Eterna ai romani de’ Roma”, illustrò, con un breve commento, alcune fotografie dei monumenti di Roma illuminati che l’Ente del Turismo intendeva pubblicare in un volumetto.

    Il Ponte degli Angeli – Scipione

    Andato però a vedere i monumenti in questione constatò che gli piacevano assai più prima, a luci spente. Scrisse ugualmente il pezzo promesso, ma volle trovare il modo di dire quale fosse il suo pensiero in proposito. L’articolo porta la data del 2 novembre 1959, giorno precedente alla morte. Questo è dunque l’ultimo scritto di Silvio Negro, pubblicato nel volume “Roma, non basta una vita”, edizioni Neri Pozza.

    Luci e pietre di Roma
    Un abisso separa Roma, la vecchia Roma, dalle città nuove e indifferenziate che le crescono intorno d’ogni parte, ma c’è qualcosa che colma quell’abisso. Un raffronto fra piazza Navona e piazza Bologna è senz’altro paradossale; eppure c’è una nota comune
    continua…

  2. Il Bernini giovane: la chiesa di Santa Bibiana

    Costeggiando il lato destro lungo la via Giolitti, in un contesto oggi sconvolto dal terrapieno ferroviario e dagli edifici della stazione Termini, è inserita la Chiesa di Santa Bibiana, la prima architettura progettata e costruita da Gianlorenzo Bernini a metà degli anni venti del 1600 per volere di Urbano VIII Barberini.

    Santa Bibiana – Giovan Battista Falda, 1669

    La chiesa sorge sui resti di una piccola basilica paleocristiana voluta da Papa Simplicio nel V secolo, e dedicata, per suo volere, alla giovane martire Bibiana, che sarebbe stata vittima della persecuzione anticristiana dell’imperatore Giuliano l’Apostata, 361-363, che ostacolò la fede cristiana nonostante la libertà di culto proclamata da Costantino nel 313.
    Il governatore Apronio avrebbe mandato, quindi, a morte i genitori della giovane, Fausto e Dafrosa, cercando successivamente di costringere Bibiana e sua sorella Demetria all’apostasia.
    Demetria morirà sotto tortura e Bibiana sarà flagellata a morte.
    Proprio all’inizio del pontificato di Urbano VIII, 1623, furono ritrovate le spoglie della giovane martire. Egli commissionerà il lavoro al giovane Bernini, obbligandolo a diventare un architetto e a ricostruire la chiesa dandogli un’impronta moderna, a raffigurare la Santa sull’altare maggiore, ma soprattutto ad essere il regista della campagna d’immagine che avrebbe lanciato il suo pontificato.

    Santa Bibiana – Gianlorenzo Bernini

    La facciata è composta da un portico a tre arcate alternate da paraste ioniche, sormontate da un nicchione centrale rettangolare con timpano e fiancheggiato da due ali a coronamento orizzontale con balaustra, ognuna aperta da una finestra. L’interno è a tre navate, separate da otto colonne di spoglio con capitelli corinzi e compositi tardo-antichi, sopra i quali corre la trabeazione.
    Bernini decise di conservare l’impianto dell’antica basilica, ma chiuse le finestre della navata centrale, aggiunse due cappelle ai lati e ricostruì la zona absidale, dove pose la statua di Bibiana. Bibiana è rappresentata un attimo prima di ricevere il martirio, abbracciata alla colonna dove sarà flagellata a morte, che si conserva ancora oggi a sinistra del portale centrale, protetta da una grata disegnata dallo stesso Bernini, grata identica a quella che sotto la statua nasconde il sarcofago in alabastro di età costantiniana che custodisce il corpo di Bibiana.
    Bibiana ha in mano la palma simbolo del martirio e ai suoi piedi un cespuglio di quella che era nota nel 1600 come “l’erba di Santa Bibiana”, un’erba ritenuta miracolosa, che cresceva in prossimità della chiesa.
    Le pareti della navata centrale furono decorate con affreschi che raccontano gli episodi della vita di Santa Bibiana: a destra quelli eseguiti da Agostino Ciampelli, pittore tardo-manierista; a sinistra quelli eseguiti da Pietro da Cortona, un giovane pittore toscano. Anche questo un debutto e alla sua prima collaborazione con Bernini.
    Di Ciampelli sono gli “angeli musicanti” in controfacciata.

    Roma, 17 giugno 2017

  3. Storia di Giovanni e Paolo alle Case Romane del Celio

    Chi erano Giovanni e Paolo? Due fratelli cristiani martirizzati durante l’impero di Giuliano l’Apostata (361-363).

    Martirio dei Santi Giovanni e Paolo – Piastrini, Triga e Barbieri.

    È quanto racconta la passio redatta nel IV secolo che consta di tre versioni consecutive: nella prima vengono presentati come maggiordomo e primicerio, ovvero capo della cancelleria imperiale, di Costantina, figlia di Costantino imperatore, poi come soldati del generale Gallicano e infine come privati cittadini, nella loro casa del Celio, molto munifici di elemosine e aiuti grazie ai beni ricevuti da Costantina.
    La versione adottata dalla tradizione racconta che nel 361 era salito al trono l’imperatore Giuliano, detto l’Apostata, per via della sua decisione di ripristinare il culto pagano. Egli, per farlo, chiamò a corte proprio Giovanni e Paolo così che potessero collaborare al progetto. I due fratelli – che dovevano avere molta considerazione a corte – rifiutarono l’invito dell’imperatore e Giuliano mandò loro il capo delle guardie, un certo Terenziano, con l’intimazione di adorare l’idolo di Giove. Persistendo nel rifiuto, Giovanni e Paolo vennero sequestrai nella loro casa per una decina di giorni, perché riflettessero sulle conseguenze del gesto d’insubordinazione attuato. A quel punto, un prete di nome Crispo, informato del fatto, si recò insieme con Crispiniano e Benedetta, entrambi cristiani, a visitare i due fratelli portando loro la santa Comunione e un po’ di conforto. Trascorsi i dieci giorni, Terenziano tornò alla casa minacciando e lusingando i due per tre lunghe ore. Vista l’impossibilità di convincerli ad adorare Giove, li fece decapitare e seppellire in una fossa scavata nella stessa casa, spargendo la voce che erano stati esiliati. Era il 26 giugno del 362.
    Crispo, Crispiniano e Benedetta, avendo ricevuto notizia della morte di Giovanni e Paolo, si recarono alla casa dei due fratelli, dove furono sorpresi dalle guardie dell’imperatore e, a loro volta, uccisi.

    Sala dell’Orante – Case romane

    Dopo questi drammatici eventi, il figlio di Terenziano cadde preda di un’ossessione: aveva continue visione dei due martiri che reclamavano giustizia, tanto che il padre decise di condurlo nel luogo della sepoltura. Qui giunto, il ragazzo riacquistò la serenità.
    Il successore di Giuliano l’Apostata, Gioviano (363-364) abrogò la persecuzione contro i cristiani e diede incarico al senatore Bizante di ricercare i corpi dei due fratelli, nella loro casa sul Celio. Quando i resti furono portati alla luce Gioviani ordinò a Bizante e a suo figlio Pammachio di far erigere un luogo di culto sopra la casa – sepolcro, costituito da una tomba capace di ospitare i corpi di Giovanni e Paolo.
    Su questo sepolcro fu eretto il piccolo vano della confessio, che successivamente fu inglobato in una basilica detta Celimontana edificata nel 389, basilica che, pur attraverso molti adattamenti, giunge fino ai nostri giorni ed è conosciuta con il nome di basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio.

    Confessio – Case romane

    I primi scavi sotto la basilica furono intrapresi nel 1887 dal padre passionista Germano di San Stanislao, rettore della basilica, che calandosi in una delle camere funerarie dell’area presbiteriale, scoprì vasti ambienti sotterranei le cui pareti conservavano, sotto un leggero strato di calce, tracce di pitture antiche. A guidare il padre nell’esplorazione dei sotterranei della basilica era stata, ovviamente, la passio dei due martiri, e il racconto maggiormente sostenuto dalla tradizione.
    Nuove indagini archeologiche furono condotte tra il 1913 ed il 1914 sempre dai padri passionisti e nel 1951 ulteriori interventi portarono alla riscoperta dell’intero complesso archeologico.
    Il complesso archeologico è molto articolato ed oggi in parte inglobato nella basilica, sia nella zona absidale che nella navatella destra.

    Clivus Scauri

    Lungo il clivus Scauri, il lato sinistro della chiesa ha riutilizzato la facciata della casa del II secolo dopo Cristo, quella in cui si sarebbero svolti i fatti narrati dalla passio di Giovanni e Paolo, e che, proprio perché inglobata nella chiesa, si è conservata in modo eccezionale, finendo solo in parte ricoperta dalle arcate medievali che scavalcano in questo punto la via.
    Per poter inglobare questa costruzione dentro la basilica per altro si possono notare oltre il taglio dell’edificio all’altezza del secondo piano, anche la chiusura delle finestre e delle arcate al pian terreno.
    In questo nucleo originale s’identifica una domus con impianto termale privato del II secolo dopo Cristo e un’insula, con portico e tabernae a livello della strada costruita all’inizio del III secolo dopo Cristo proprio lungo il clivus Scauri.
    Nel corso del III secolo le diverse unità abitative furono riunificate da un unico proprietario e trasformate in un’elegante domus pagana con ambienti decorati ad affresco.
    Tra tutti gli ambienti oggi visitabili, circa una ventina, uno di quelli con maggiore interesse è la così detta sala dell’Orante, dove in un affresco è riprodotta una figura a braccia levate in atteggiamento di preghiera, interpretata come il segno che quegli ambienti fossero utilizzati da una comunità cristiana primitiva.

    Case romane – interno

    La Confessio, che viene appunto legata al martirio di Giovanni e Paolo, si trova a metà della scala che conduceva ai piani superiori. Anche questo ambiente è decorato con affreschi a tema cristiano, risalenti al IV secolo dopo Cristo.
    Alcuni degli ambienti delle domus romane furono utilizzati anche in epoca medievale, tanto che in un settore del portico sono stati messi in luce i resti di un oratorio con affreschi datati tra l’ VIII e il IX secolo dopo Cristo, dove si può ammirare una rarissima rappresentazione della crocifissione del Cristo vestito.
    La piazza su cui si affaccia la basilica dei Ss. Giovanni e Paolo è uno dei luoghi più suggestivi della città per la presenza di testimonianze storiche distribuite lungo l’arco di due millenni; per il severo influsso dello stile romanico evocatore di tempi aspri e forti, e infine per il verde ambiente naturale della vicinissima Villa Celimontana.
    L’edificio molto danneggiato in occasione dell’invasione di Alarico, 410 dopo Cristo, dovette essere consolidato murando le aperture della facciata e creando due arconi di sostegno sul fianco sinistro. Le distruzioni operate da Roberto il Guiscardo, 1084, portarono alla ricostruzione del convento fatta tra il 1099 e il 1118, all’epoca di papa Pasquale II, dal cardinal Teobaldo il quale avviò anche la costruzione del campanile. I lavori furono portati a termine dal cardinale Giovanni di Sutri il quale, alla metà del XII secolo, ultimò l’elegante campanile ravvivandolo con ceramiche arabo spagnole, collegò campanile e convento con un edificio ad eleganti polifore e creò il portico sul cui architrave lasciò una lunga iscrizione.

    Soffitto a cassettoni – Basilica Santi Giovanni e Paolo al Celio

    Nel secolo XIII, il cardinale Cencio Savelli, poi Onorio III, costruì sul portico una galleria e aggiunse un anello di arcatelle decorative all’esterno dell’abside.
    Attualmente l’aspetto dell’interno è ricco e maestoso anche se non corrisponde all’attesa di chi entra, con gli occhi e lo spirito presi dal carattere romanico dell’esterno, questo perché l’interno è stato oggetto di radicali trasformazioni attuate per adeguare la struttura al gusto dei tempi che mutavano.
    Tra queste trasformazioni, ad esempio, il cardinal Cusani fece costruire nel 1518 il bel soffitto a cassettoni, il cardinal Howard nel Seicento fece eliminare il ciborio e schola cantorum cosmateschi e il cardinal Fabrizio Paolucci, tra il 1715 e il 1718, fece operare un totale rinnovamento della chiesa, intercalando le arcate con zone a muratura piena e creando una sobria decorazione a stucco.
    Al centro dell’abside si ammira un grande affresco del Pomarancio raffigurante il Redentore in gloria. All’altar maggiore c’è una splendida antica vasca di porfido con decorazioni settecentesche in bronzo dorato. All’interno, Benedetto XIII vi raccolse le reliquie di Giovanni e Paolo, ritrovate nel punto indicato ancora oggi nella navata da una lapide, nel corso di una delle tante esplorazioni condotte nel tempo.

  4. Agnese e Costanza: alle origini del cristianesimo

    Un viaggio nel tempo alla scoperta della piccola e amatissima martire Agnese nei luoghi che la videro protagonista, e che testimoniano l’ininterrotta devozione verso di lei, definita dalla pietà popolare la “piccola fidanzata dell’Agnello sulle orme degli Apostoli”.

    Basilica costantiniana di Santa Agnese

    Ma il viaggio nel tempo è anche andare alla scoperta di Costanza, principessa di nobilissimo sangue, figlia di Costantino il Grande, che pretese espressamente di essere sepolta in questo luogo per stare vicina alla martire da lei tanto venerata.
    Il complesso monumentale oggi è costituito da tre realtà: la basilica costantiniana di Sant’Agnese, la basilica di Santa Costanza e la più recente basilica di Santa Agnese.
    La basilica costantiniana di Sant’Agnese, fatta costruire proprio da Costanza, costituisce una delle più importanti basiliche cimiteriali. Essa fu realizzata proprio sulle catacombe cristiane, che avevano sostituito nel tempo quelle pagane, per onorare la giovane romana figlia di un liberto, martirizzata a tredici anni probabilmente nel corso dell’ultima persecuzione operata da Diocleziano tra il 303 e il 313, e che proprio qui era stata sepolta, dopo essere stata prima posta sul rogo e poi decapitata in quella che oggi si chiama Piazza Navona, dove infatti sorge la chiesa di Sant’Agnese in Agone.
    Dell’originale basilica, probabilmente costruita intorno alla metà del IV secolo dopo Cristo, poi restaurata da papa Simmaco (498-514) all’inizio del VI secolo contemporaneamente a un restauro che interessò anche il sepolcro vero e proprio della beata Agnese, oggi resta solo un grandioso muro perimetrale ellittico.

    Basilica di Santa Agnese

    L’attuale basilica di Santa Agnese fu invece costruita da papa Onorio I (625-38) proprio sulla tomba della santa. Essa si presenta a tre navate, pur avendo subito ripetuti restauri fra i quali quelli di Adriano I, di Paolo V (1614) e di Pio IX. Dell’epoca di Onorio è il bel mosaico nel catino dell’abside, mentre del periodo del pontificato di Paolo V è il ciborio sull’altare maggiore dove si trova la fine statua della martire, ricavata dallo scultore francese Nicolas Cordier (1610), sovrapponendo testa, veste e mani in bronzo dorato ad un antico torso di alabastro. La chiesa presenta un matroneo che fu forse la soluzione data all’esigenza di raccordarsi con il piano di campagna, che risultava sopraelevato rispetto alla costruzione fondata al livello della tomba venerata. Il livello reale della basilica, infatti, si raggiunge scendendo lungo una scalinata marmorea costruita nel 1590 e ornata di frammenti scultorei e di iscrizioni sepolcrali. La basilica volge l’abside alla via Nomentana, dove si affaccia anche un bel campanile del Quattrocento, con due ordini di bifore. Gli edifici annessi presentano fra l’altro una torre con lo stemma di Giulio II e la sala il cui pavimento cedette durante una visita di Pio IX, il 12 aprile 1885, lasciando il papa incolume. La giornata del 12 aprile fu giornata solenne fino al 1870, poiché in questa data, coincidevano la ricorrenza della prodigiosa incolumità conservata dal papa, con quella del ritorno di Pio IX da Gaeta il 12 aprile 1850, dopo gli eventi della Repubblica Romana. La giornata divenne così occasione di duplice festa, celebrata con pubbliche manifestazioni fino al 1870, quando furono realizzati archi di trionfo effimeri e con luminarie, che provocarono le reazioni dei liberali.

    Basilica di Santa Costanza

    Completa il complesso attuale, il mausoleo di Santa Costanza, costruito tra il 340 e il 345 dopo Cristo, fu a lungo utilizzato come battistero di pertinenza della basilica costantiniana, e che solo dal 1254, ebbe funzione di chiesa. A causa della sua particolare struttura architettonica di edificio a pianta centrale e delle decorazioni musive dell’interno, con scene di vendemmia, venne a lungo interpretato come Tempio di Bacco e così riportato in numerose illustrazioni.
    Splendida testimonianza di edificio paleocristiano a pianta circolare, preceduto da nartece, ha l’interno ripartito da dodici coppie di colonne, che definiscono un ambulacro a volta rivestito di bellissimi mosaici del quarto secolo e una zona centrale, dove oggi trova posto l’altare, sul quale piove abbondante luce dai finestroni posti sotto la cupola. Nel mausoleo si trova la riproduzione del sarcofago di porfido di Costanza, ospitato dai Musei Vaticani.

    Roma, 3 giugno 2017.