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  1. Piazza del Popolo e il Tridente. Incontri con uomini straordinari

    «Progettata nella sua forma attuale dall’architetto Valadier, presa in prestito dagli artisti negli anni cinquanta e sessanta, trasformata in spazio fieristico e pubblicitario periodicamente,

    Piazza del Popolo - Roma

    Piazza del Popolo – Roma

    luogo di manifestazioni politiche di cui non si ha certezza circa la riuscita, è un punto di fuga del pedone verso la sua porta che conduce in piazzale Flaminio, annuncio della città che guarda verso Nord».
    Così, lo scrittore Fulvio Abbate descrive, col solito stile urticante, Piazza del Popolo nel suo Roma vista controvento (Bompiani, 2015, pp. 698).
    La nostra visita parte da qui, da una delle più belle piazze del mondo. Dove s’intrecciano, come sempre accade in ogni angolo di Roma, storie, miti, leggende. E vicende di artisti sublimi, quali Bernini, Valadier, Canova, Goethe. Tenendo da parte, per l’occasione, quello scrigno inestimabile di opere d’arte che è Santa Maria del Popolo, chiesa che, da sola, vale almeno due visite.
    Per comprendere la valenza strategica di questa porzione del Rione Campo Marzio, non si può prescindere dalla Flaminia, la via che da millenni mette in comunicazione l’Urbe con l’Italia settentrionale. Collegamento antico, se è vero che già l’uomo primitivo si muoveva lungo il suo tracciato.

    Piazza del Popolo e il Tridente

    Piazza del Popolo e il Tridente

    Poi, nel 220 a.C., il console Gaio Flaminio Nepote decise di restaurare e unificare i suoi vari tratti in modo che una via “consolare” collegasse Roma a Rimini. La strada fu poi restaurata da Augusto, Vespasiano e Adriano. Una volta arrivata a Rimini, la Flaminia piegava verso Milano e da qui una raggiera di strade si diffondeva in quella che oggi chiamiamo Europa, congiungendo i centri più importanti alcuni dei quali sarebbero diventati grandi capitali europee.
    Chi da Nord, quindi, avesse voluto arrivare a Roma, e non importa quale tipologia di viaggiatore fosse se mercante, pellegrino, re, regina, poeta o pittore, non avrebbe dovuto far altro che mettersi in cammino su un suo ramo e lentamente percorrerla tutta questa via, fino a Roma, entrando in città dall’odierna Porta Flaminia.
    Oltre la via anche la piazza ha una storia che copre un arco di tempo lunghissimo. Potremmo decidere di raccontare la sua storia partendo dal fatto che nel luogo occupato da Piazza del Popolo sorgeva, secondo un’antica tradizione, il mausoleo dei Domizi Enobarbi, la gens a cui apparteneva Nerone. E proprio qui, l’imperatore che la tradizione indica come colui che aveva fatto incendiare Roma, fu sepolto nel bel mezzo di un boschetto di pioppi. Per questo, il luogo assunse il nome del pioppo, populus in latino. Con l’avvento del Cristianesimo, si consumò, per Nerone, la resa dei conti. Era stato lui, del resto, ad accusare i cristiani di aver incendiato Roma e averli, per questo, condotti al martirio. A Roma, poi, si era radicata la convinzione che quella tomba sprigionasse forze diaboliche.

    Giuseppe Valadier

    Giuseppe Valadier

    Quindi, andava distrutta. Il popolo lo chiese a gran voce e papa Pasquale II, intorno al 1100, fece eliminare la tomba di Nerone, il mausoleo degli Enobarbi e sradicare il pioppeto. E al suo posto fece erigere una chiesa che, più tardi, sarebbe stata dedicata alla Madonna, ovvero la basilica di Santa Maria del Popolo.
    Da allora la piazza resterà praticamente la stessa fino al 1655. Quando l’intenso traffico verso il Tevere e l’imminente arrivo di Maria Cristina, ormai ex regina di Svezia, spinsero papa Alessandro VII Chigi a prendere la decisione di sistemare la porta e l’immenso spazio di fronte. Per l’impresa fu chiamato Gian Lorenzo Bernini il più importante degli artisti di Roma del momento, il quale immaginò quello spazio secondo una forma a trapezio da cui far scaturire il Tridente ed eresse due chiese gemelle: Santa Maria in Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, per sottolineare l’inizio del Tridente.

    Piazza del Popolo 1718 - Gaspar Van Wittel

    Piazza del Popolo 1718 – Gaspar Van Wittel

    Si dovrà attendere il 1800, il neoclassicismo e il genio di Giuseppe Valadier per avere la piazza come la vediamo oggi. Il trapezio non potrà che trasformarsi in ellisse, e il tema del “gemello” sarà ripetuto all’infinito all’interno dello spazio, in un continuo gioco di rimandi che si svolge intorno al visitatore attento.
    Quasi contemporaneamente all’inaugurazione della nuova Piazza del Popolo definita dal Valadier, un altro grande artista del neoclassicismo, Antonio Canova, muore lontano da quella Roma che lo aveva accolto il 9 ottobre del 1779, a soli 22 anni.
    Probabilmente proprio da quella Porta Flaminia entrerà il giovane Canova, attraverserà poi la Piazza del Popolo per raggiungere Palazzo Venezia sede dell’ambasciatore Girolamo Zulian che lo ospiterà i primi tempi.
    A Roma Canova crea le sue opere più belle: Amore e Psiche, Le tre Grazie e la Maddalena penitente, compiuta nel 1796 e divenuta presto celebre in tutta Europa. È Canova, dunque, un altro protagonista di questo capitolo del grande racconto di Roma. Nel 1803, il grande artista acquista una serie di proprietà a due passi da Piazza del Popolo per farne la sua casa studio, tuttora esistente, in via delle Colonnette. A pochi passi da via delle Colonnette, Canova creerà più tardi un altro studio che condividerà con il suo allievo più promettente, Adamo Tadolini.
    Lo studio resterà poi in eredità ad Adamo Tadolini e alla sua famiglia.

    Antonio Canova

    Antonio Canova

    Oggi trasformato in un prestigioso locale – museo, l’atelier ha mantenuto inalterato lo spirito degli ambienti, in cui sono confluiti modelli preparatori, opere definitive, disegni, articoli di giornale, studi anatomici, dando vita ad un casuale accostamento, che costituisce ancora oggi un unicum in cui s’intrecciano le testimonianze dell’arte di Canova e dei Tadolini, lungo quasi due secoli di scultura.
    Ma ancor prima che Valadier desse definitivo assetto alla piazza, e proprio mentre il giovane Canova vive la Roma della seconda metà del settecento, dalla porta Flaminia fa ingresso in città anche Johann Wolfgang von Goethe, che durante la tappa a Roma nel corso del suo grand tour in Italia, tra il 1786 e il 1788, soggiorna in via del Corso n.18, dove, dal 1997, c’è la Casa di Goethe, l’unico museo tedesco all’estero.
    Ma prima ancora un altro tedesco, Martin Lutero nel novembre del 1510, qualche anno prima della grande ribellione alla Chiesa di Roma che avrebbe prodotto la Riforma protestante, proprio a Piazza del Popolo si sarebbe gettato a terra esclamando: «Ti saluto, Roma santa! Sì, veramente santa a motivo dei santi martiri del cui sangue grondi!».

    Jack Kerouac

    Jack Kerouac

    Ma la piazza è davvero crocevia attraverso il tempo e così qui si aggira, esattamente nel 1966, Jack Kerouac, autore, dieci anni prima del romanzo Sulla strada, uno dei grandi manifesti della ribellione giovanile degli anni Sessanta, in preda ai fumi della birra e del cognac. Kerouac era arrivato in una piazza del Popolo «battuta dai venti e dalla luce come un mare», come poi scrisse.
    La piazza è luogo d’incontro a tal punto che qui s’incontrano abitualmente, negli anni Sessanta, presso il Caffè Rosati giovani artisti quali Franco Angeli, Fabio Mauri, Tano Festa, Mario Schifano, Jannis Kounellis e Giosetta Fioroni. Artisti che condivideranno una simile visione dell’arte, che elaboreranno questa visione dando vita ad un movimento che verrà indicato quale “Scuola di Piazza del Popolo” e che avrà nella galleria “La Tartaruga”, di via del Babuino, l’altro punto di riferimento.
    Proprio perché anche Franco Angeli è frequentatore abituale della piazza e delle vie che da essa si dipartono questa parte della città fa da fondale ad un incontro altrimenti davvero difficile da immaginare: quello di Franco Angeli e Jack Kerouac.

    Franco Angeli

    Franco Angeli

    La storia racconta che sebbene i due non entrarono insieme ad ammirare i capolavori di Caravaggio il Martirio di San Pietro e la Conversione di San Paolo conservati all’interno della basilica di Santa Maria del Popolo, ne rimasero, però, entrambi colpiti.
    La storia, che si tinge quasi di leggenda, prosegue e narra che Franco Angeli passando un giorno per via del Babbuino trovò un uomo buttato a terra come un sacco. Era ubriaco ed era stato picchiato.
    Senza porsi molte domande su chi fosse quell’uomo di fatto irriconoscibile, Angeli lo sollevò e lo portò presso il suo studio in Via Oslava. Lo adagiò sul divano e lasciò che l’uomo si riprendesse dalla sbornia e dalle botte riprendendo a dipingere una grande tela ispirata al Caravaggio ed intitolata “La deposizione di Cristo”. Dopo un certo tempo l’uomo si riprese e senza dire nulla prese un pennello e si mise a dipingere a sua volta l’opera insieme a Franco Angeli.

    La Crocifissione - Franco Angeli e Jack Keruac

    La Crocifissione – Franco Angeli e Jack Keruac

    La storia dice che i due terminarono insieme la grande tela, e che insieme la firmarono; e la storia narra pure che solo a quel punto Franco Angeli abbia realizzato che l’ubriacone pestato era lo scrittore americano. Avvenuto il reciproco riconoscimento i due decisero di scrivere sul retro della tela “Dipinto nel 1966 da Kerouac e Franco Angeli in Via Oslava 41 a Roma”.
    La tela venne acquistata poi da Gian Maria Volontè e scomparve dalla circolazione, prima di riapparire un una mostra ai Mercati di Traiano molto tempo dopo, dimostrando perciò che le leggende a volte possono pure divenire realtà.

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  3. Passeggiando per colle Oppio: la basilica di San Pietro in Vincoli, le Sette Sale e le terme di Traiano

    Il colle Oppio che, insieme al Cispio e al Fagutale, è una delle tre alture che formano l’Esquilino, può essere considerato una sorta di giardino archeologico.

    Terme di Traiano - emergenze a Colle Oppio

    Terme di Traiano – emergenze a Colle Oppio

    Ai tempi di Augusto la zona faceva parte della Regio III Isis et Serapis, così chiamata per la presenza di un tempio dedicato alle due divinità egizie, i cui resti sono ancora visibili in via Labicana. Qui, per buona parte, si estendevano la gigantesca Domus Aurea neroniana e le Terme di Traiano e di Tito. E sempre qui, in epoca cristiana, si stabilirono il titulus Eudoxiae e il titulus Equitii, su cui sarebbero sorte le basiliche di San Pietro in Vincoli e di San Martino ai Monti.
    Per dare una degna cornice alle superbe rovine delle Terme di Traiano e di Tito, nel 1938 venne realizzato il Parco di Colle Oppio, arricchito all’epoca di portali d’accesso in travertino, fontane e opere di giardinaggio comprendenti 2.500 piante di rose e bellissimi pini dalle grandi chiome che andarono ad accrescere il fascino dell’ambiente, creando un ideale contrappunto alla visione dei ruderi superstiti. Oggi, purtroppo, il parco appare in uno stato di trascuratezza che però non compromette la bellezza di questo straordinario angolo di Roma.

    Terme di Traiano - ricostruzione

    Terme di Traiano – ricostruzione

    L’itinerario parte da San Pietro in Vincoli. Il grande piazzale solitario corrisponde alla cima del Fagutale, la vetta occidentale dell’Esquilino. Qui la moglie dell’imperatore Valentiniano III, Eudossia, fece costruire sopra precedenti edifici una chiesa per conservare quelle che la tradizione indica come le catene di san Pietro prigioniero a Gerusalemme. Consacrata nel 439, la chiesa, che porta anche il titolo di eudossiana, fu più volte restaurata e rifatta. Importanti lavori vi condusse il nipote di Sisto IV, il cardinale Giuliano della Rovere, futuro papa Giulio II. Infine, nei primi del Settecento la chiesa subì una profonda modifica ad opera di Francesco Fontana.

    Catene di San Pietro - San Pietro in Vincoli

    Catene di San Pietro – San Pietro in Vincoli

    Dall’alto di un’ampia gradinata, domina la piazza, l’elegante portico a pilastri ottagonali, attribuito a Baccio Pontelli o, forse con maggior ragione, a Meo del Caprino: i capitelli recano l’insegna dei Della Rovere. Attraverso un bel portale marmoreo si entra nel vasto interno a tre navate, delle quali la centrale sembra ancora più ampia a causa del soffitto ligneo ribassato che racchiude il grande dipinto del Miracolo delle Catene di G.B. Parodi (1706).
    Splendide sono le venti robuste colonne che sui due lati dividono le navate. L’arco trionfale è sostenuto da due antiche colonne di granito; qui ha ampiamente operato nel 1872 Virginio Vespignani, al quale si deve l’altar maggiore con baldacchino e la sottostante confessione in cui, attraverso due sportelli aperti, si vede l’urna dorata che contiene le catene di San Pietro.
    La chiesa ha il suo punto focale nel michelangiolesco Mausoleo di Giulio II. Nonostante esso sia solamente la deludente attuazione del grandioso progetto voluto dal combattivo pontefice, e che sia persino privo delle sue spoglie sepolte anonimamente a San Pietro, la macchina scenica realizzata da un contrastatissimo Michelangelo emana un potere suggestivo enorme.
    D’altro canto la sola gigantesca statua del Mosè basta a riscattare tutta la triste vicenda della tomba rimasta incompiuta: l’opera è una delle realizzazioni fondamentali di tutta la storia artistica, uno dei sommi capolavori di sempre e sarebbe sufficiente anche da sola ad assicurare gloria a Michelangelo.

    Mosè - Michelangelo - San Pietro in Vincoli

    Mosè – Michelangelo – San Pietro in Vincoli

    Attraverso una porta a sinistra del monumento si entra nell’antica sagrestia, riccamente adorna di marmi policromi e di dipinti del Domenichino e della scuola degli Zuccari.
    Uscendo dalla basilica ci s’incammina lungo le Sette Sale, l’antica via che si snodava avvolgendo tutta la zona delle terme di Traiano. Il nome deriva da quello che appariva un tempo come un incomprensibile rudere e che era in realtà costituito da sette giganteschi ambienti, gli unici allora visibili dei nove che componevano il deposito d’acqua delle antiche terme. La parte superstite della strada serpeggia fra erte muraglie di antichi conventi e muriccioli che chiudono antiche aree verdi fino a sboccare nell’affascinante spettacolo delle terme di Traiano.
    Della colossale costruzione realizzata da Apollodoro in appena cinque anni e inaugurata dall’imperatore Traiano nel 110 d.C. rimangono soltanto alcune esedre la cui imponenza testimonia la grandiosità dell’impianto, che introdusse un nuovo concetto di pubblico servizio polivalente per tutte le esigenze del tempo libero. Le terme erano tecnicamente molto avanzate, come dimostrano il sistema di tubazioni idriche che è stato rinvenuto. La straordinaria ricchezza di opere d’arte e ornamenti che caratterizzavano l’impianto termale, la si può dedurre dalla quantità di statue che vi sono state rinvenute e dai cornicioni e dalle colonne che nel 1594 vennero portati alla Chiesa del Gesù.

    Domus Aurea - Ricostruzione del settore su Colle Oppio

    Domus Aurea – Ricostruzione del settore su Colle Oppio

    Ma non tutte le emergenze archeologiche che caratterizzano il grande parco del Colle Oppio sono attribuibili alle rovine delle terme. Alcuni ruderi perimetrali appartengono infatti alla precedente Domus Aurea, salvatisi perché in posizione tale da non richiederne l’interramento, sorte subita invece dalla maggior parte dell’edificio, interramento sul quale venne ricavato il terrazzamento occorrente alle nuove costruzioni.

  4. Roma massonica, ovvero la “città degli altri”

    Roma, non basta una vita titolava il grandissimo cultore di romanità Silvio Negro un suo libro-gioiello del 1962, appena ripubblicato dalla casa editrice Neri Pozza.

    L'Elefantino della Minerva

    L’Elefantino della Minerva

    Incredibili sono le sorprese che l’Urbe riserva anche a chi crede di conoscerla. Demolizioni, allargamenti, ripuliture aiutano moltissimo perché rompono, con il richiamo della novità, l’abitudine dell’occhio. Allora si comincia a capire che cosa rappresenti questa città nella storia del mondo, allora la continuità della sua storia e la grandezza e unicità del suo destino appaiono evidenti: c’è qualcosa a Roma che supera le generazioni e i secoli, li plasma e li ricrea secondo il suo genio, ed è veramente intangibile perché al di sopra della comune ragione degli uomini.
    Allora, accanto alle meraviglie classiche e cristiane, ecco che si mimetizzano altre storie, altri miti, altre sensibilità. Insomma, c’è anche la Roma “degli altri”. La Roma massonica, per esempio. Rappresentata da aspetti e luoghi poco conosciuti che compongono, pietra su pietra, un grande edificio di significato occulto e di messaggi sapienziali. Una Roma esaltata e propagandata soprattutto dopo l’avvento dell’Unità d’Italia e di una lunga serie di governi fortemente anticlericali.
    La visita che proponiamo è un viaggio alla scoperta del “non svelato”, del genius loci iniziatico e massonico di cui è intessuta la storia della città. L’Urbe, come già sottolineato, è una città che non ti aspetti. A cominciare dal suo stesso nome.

    Giordano Bruno - Campo de' Fiori

    Giordano Bruno – Campo de’ Fiori

    L’anagramma di Roma è Amor, in cui l’alfa privativo evoca la “non morte”. Attraverso un labirinto di percorsi simbolici che si snoda tra le piazze, palazzi e chiese della Città Eterna, ricca di suggestioni magiche ed arcane, impareremo a riconoscere i messaggi esoterici che si nascondono dietro un’opera d’arte. Questo sarà lo scopo della visita guidata che ci condurrà alla scoperta delle radici della massoneria operativa e speculativa celate tra le opere di molti artisti noti del ‘600 romano. Simboli esoterici e misteriosi guideranno i nostri passi fino a svelare gli ideali massonici che accompagnarono gli eroi del Risorgimento italiano e i primi governi dell’Italia unita. Itinerario: dai resti dell’Iseo Campense a Campo dei Fiori attraversando i rioni Pigna, Sant’ Eustachio, Parione e Regola.