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  1. Santa Prisca e i suoi enigmi. Il rebus delle martiri e il Mitreo più affascinante di Roma

    L’Aventino o il colle dei misteri. Scrigno inesauribile di memorie cristiane e pagane. In special modo quando ci si accosta alla basilica di Santa Prisca e al suo Mitreo.

    Mitreo - Santa Prisca

    Mitreo – Santa Prisca

    Ma chi era Prisca, a cui è intitolata la basilica al Rione Ripa? La vergine e martire la cui festa si celebra il 18 gennaio, o la moglie di Aquila, amico di san Paolo e san Pietro? E come sbuca fuori un Mitreo proprio accanto alla cripta della chiesa? Cercare risposte a queste domande significa immergersi in un vero e proprio intreccio di enigmi.
    Intanto la basilica di Santa Prisca, dedicata alla martire omonima, fu edificata ai tempi di Onorio I tra la fine del IV secolo e gli inizi del V Le origini del titulus sono incerte. A questo lasso di tempo risale il Titulus Priscae, descritto proprio dove oggi sorge la basilica. Accanto a questo primo Titulus, riferito alla stessa chiesa di Santa Prisca, troviamo, qualche secolo dopo, un’altra denominazione: Titulus Aquilae et Priscae.
    Due tituli, dunque, riferiti a due diverse tradizioni, insistono sulla stessa area: la prima relata a una martire Prisca vergine e martire, e l’altra relata ai due coniugi Aquila e Prisca (o Priscilla) molto cari all’apostolo Paolo e martirizzati, a causa delle fede cristiana.
    Comunque, nel V secolo, la basilica occupava gran parte dell’area del titulus, insistendo con l’abside sul vestibolo di un mitreo venuto alla luce solo nel 1934 insieme con resti di antiche costruzioni del tempo di Traiano. Occupando questa posizione la basilica venne ad avere la facciata sull’antico Clivus Publicus, odierna via di Santa Prisca.

    Battesimo di Santa Prisca - Basilica di Santa Prisca - Roma

    Battesimo di Santa Prisca – Basilica di Santa Prisca – Roma

    La chiesa è stata, però, più volte restaurata: da Adriano I (772-795) e da Pasquale II (1099-1118), per primi. Quindi nel XV secolo un incendio ne distrusse la parte anteriore e Callisto III (1455-1458) si occupò del nuovo restauro. Durante le modifiche apportate alla chiesa nel corso del XVII secolo, vennero alla luce quattro arcate con intradossi decorati di epoca antica, impostati sulle relative colonne e un capitello corinzio. Con l’aggiunta delle quattro arcate, la basilica acquistava una grandiosa navata centrale. Seguì il restauro voluto da Clemente XII, nel corso del quale, nel 1827, si sostituirono anche le capriate con una maestosa volta a cassettoni, per motivi di stabilità. Trasformazioni che nel loro complesso ne hanno offuscato, purtroppo, l’originaria bellezza.

    L’identificazione della titolare della chiesa è, come si accennava sopra, legata a due titoli: il Titulus Priscae e il Titulus Aquilae e Priscae. Sin dai primi secoli la chiesa dell’Aventino ebbe sempre la denominazione di Titulus Priscae, senza meglio precisare di quale Prisca si trattasse. Attualmente, negli atti ufficiali, la chiesa parrocchiale di Santa Prisca risulta intitolata a Santa Prisca vergine e martire. È titolo cardinalizio, vi si celebra la festa della titolare il 18 gennaio e vi si tiene la Stazione Quaresimale il martedì della Settimana Santa. Quanto all’identità della santa, gli Acta Sanctorum narrano di una fanciulla tredicenne martirizzata durante l’impero di Claudio il cui corpo venne sepolto nelle catacombe di Priscilla sulla via Salaria e, nel 776, le sue spoglie mortali furono trasferite sotto la piazzetta antistante la chiesa di Santa Prisca all’Aventino.
    Ma ecco che gli itineraria dei secoli VII e VIII parlano di una Prisca martire sepolta nelle catacombe di Priscilla, mentre il Codice Epternacense del Martirologio Geronimiano ha un’aggiunta dell’VIII secolo, in cui si registra, al 18 gennaio, Priscilla, da non confondersi con Prisca, sepolta sempre sulla via Salaria.
    Nel Sacramentario Gregoriano è dedicata una messa il 18 gennaio ad una martire Prisca. E sempre il 18 gennaio, il Martirologio di Reichenau e quello di Beda il Venerabile pongono il natalis di Santa Prisca.

    Vita di Santa Prisca - Particolare degli affreschi del Presbiterio - Basilica di Santa Prisca (si ringrazia Corrado de Alvariis per la foto)

    Vita di Santa Prisca – Particolare degli affreschi del Presbiterio – Basilica di Santa Prisca (si ringrazia Corrado de Alvariis per la foto)

    Accanto al Titulus Priscae troviamo, nel secolo VIII, anche la denominazione Domus o Titulus Priscae et Aquilae. A tal proposito gli Acta Sanctorum dicono che anche i coniugi Aquila e Prisca subirono il martirio e vennero sepolti nelle catacombe di Priscilla sulla Salaria, insieme con Prisca vergine e martire la quale, secondo l’archeologo Giovan Battista de Rossi, sarebbe stata la loro giovane figlia, martirizzata verso la metà del I secolo. In seguito (metà del secolo IX) le reliquie dei coniugi furono trasportate nella chiesa dei Santi Quattro Coronati al Celio.
    Il Titulus Aquilae e Priscae è collegato alla tradizione secondo cui la chiesa di Santa Prisca è stata costruita nei pressi dell’antica Domus dei due santi coniugi, di cui si fa più volte menzione negli Atti degli Apostoli e in tre Lettere di san Paolo.
    I due provenivano dal Ponto ed erano fabbricanti e commercianti di tende. Si erano convertiti al cristianesimo ed erano diventati amici di san Paolo, a Corinto, e di San Pietro, a Roma. La loro casa era diventata una chiesa domestica, dove i sacerdoti erano accolti per sfuggire alla persecuzione e celebrare l’eucarestia. Quando Pietro venne a Roma per la prima volta, tra il 42-43, dovette conoscere e battezzare Aquila e Prisca, che abitavano all’Aventino.
    In conclusione, quale che sia l’identità della Prisca cui si è sempre riferito il Titulus della chiesa, non vi è dubbio che le due Prisca, sia la moglie di Aquila che la Prisca vergine e martire, attuale titolare della parrocchia, siano state venerate insieme. Del resto, tutto il ciclo pittorico all’interno della chiesa si riferisce alle due Prisca: la pala d’altare rappresenta la moglie di Aquila che riceve il battesimo da san Pietro, mentre negli affreschi del presbiterio si narrano le vicende di Prisca vergine e martire.

    Mitra e Saturno - Mitreo di Santa Prisca

    Mitra e Saturno – Mitreo di Santa Prisca

    Nel 1934 gli Agostiniani, presenti nella basilica di Santa Prisca dal 1600, si misero alla ricerca della domus di Aquila e Prisca eseguendo degli scavi nel sottosuolo della chiesa. Dopo quattro anni di scavo intorno alla cripta, invece della venerata casa, i padri portarono alla luce l’esemplare più raro dell’archeologia mitraica. Il Mitreo è situato ad est della cripta, oltre le fondamenta dell’abside. Per le sue dimensioni non doveva accogliere che qualche decina di membri.
    Fu costruito ex novo, come si può dedurre dalla tipologia dei muri costruiti alla fine del II secolo e quelli risalenti al I secolo, seguendo tutte le leggi che regolavano la costruzione del tempio. Quest’ultimo è orientato verso est, cioè verso il punto dove sorge il sole, dove è pure situato l’altare.
    Prima di raggiungere il tempio vero e proprio, vi è un vestibolo. In esso troviamo, quasi intatto, l’angolo per l’uccisione delle vittime, consistente in un piccolo recinto a muro, tinto in rosso cinabro, dove venivano offerti e uccisi quattro animali: un vitello, un agnello, un maialino e un gallo. Addossati a quell’angolo si notano i resti di una colossale statua in stucco colorato rappresentante il dio Cronos. Muovendo dal vestibolo per entrare nella cella del tempio vero e proprio, s’incontrano due nicchie dei Dadofori Cautes e Cautopates, rappresentanti rispettivamente la luce e la notte. Avanzando ancora, entrambe le pareti del Mitreo si presentano affrescate con le raffigurazioni dei Sette Gradi d’Iniziazione. Continuando sulla corsia del Mitreo si giunge all’altare, chiuso dalla nicchia dove si può ammirare, praticamente intatta, la

    Mitra - Mitreo di Santa Prisca

    Mitra – Mitreo di Santa Prisca

    rappresentazione, tra le più complete, del mito del dio Mitra, ritratto mentre scanna il toro sacro mentre, dopo averlo catturato dentro una grotta. L’uccisione del toro darà origine ad una serie di piante importantissime per la vita dell’uomo. In particolare dal sangue la vite e dal midollo il grano.
    Il mitreo di Santa Prisca si presenta non solo abbastanza ben conservato, anche se durante il regno di Teodorico ha subito un’intenzionale profanazione seguita da distruzione, ma mostra alcune sue originalità, quali la rappresentazione del Dio praticamente nudo e la presenza di Oceano/Saturno realizzato con pezzi di anfora tenuti insieme da stucco e quindi dipinti.

  2. Villa Celimontana e il ninfeo nascosto

  3. Roma degli Ebrei. Il Ghetto

    Roma è sede della maggiore comunità ebraica d’Italia con circa quindicimila persone.

    Ghetto prima della costruzione dei Muraglioni

    Ghetto prima della costruzione dei Muraglioni

    Ma l’antico ghetto non c’è più, anche se i romani continuano a chiamare ghetto la zona in cui esso si estendeva. Le mura che lo cingevano infatti furono abbattute nel 1848, anche se questo purtroppo non volle dire vera libertà per la comunità ebraica romana.
    La parola “ghetto” viene da Venezia e forse deriva dal luogo di concentrazione degli ebrei presso la fonderia (o “getto”) dell’Isola della Giudecca.
    A Roma, come altrove, gli ebrei avevano vissuto sempre in una comunità riunita in ambito ristretto: nell’antichità risiedevano a Trastevere e, successivamente, nel XIII e XIV secolo si erano raccolti al Rione Sant’Angelo, presso l’Isola Tiberina, ricca allora di attività mercantili.
    Il 12 luglio del 1555 il papa Paolo IV Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l’istituzione del ghetto, chiamato anche “serraglio degli ebrei”: Identificò a questo scopo una regione sempre nel rione Sant’Angelo, accanto al Teatro Marcello.
    Nella bolla papale oltre a specificare che gli ebrei dovevano risiedere nel ghetto e che nel ghetto non ci potesse essere più di una sinagoga, veniva anche deciso che essi dovessero portare un distintivo di “colore glauco” che li rendesse facilmente riconoscibili.

    Mercato del pesce - Portico d'Ottavia - Roesler - Franz

    Mercato del pesce – Portico d’Ottavia – Roesler – Franz

    Per gli uomini questo segno di riconoscimento fu un cappello giallo, per le donne una pezza di stoffa da portare sopra gli abiti.
    Molte delle restrizioni fissate dalla bolla di Paolo IV saranno poi riprese dalle leggi razziali emanate in Italia durante il Governo Fascista nel 1938.
    Altre furono le limitazioni imposte agli ebrei con questa bolla, quali ad esempio il fatto che non potessero esercitare alcun tipo di commercio ad eccezione di quello degli stracci e dei vestiti usati, fatto che ancora oggi sopravvive nella consuetudine che uno dei lavori più frequenti degli ebrei è quello di vendere abbigliamento e complementi.
    Veniva inoltre stabilito che gli ebrei non potessero possedere beni immobili (ovvero essere proprietari di abitazioni). Essi potevano poi scambiare denaro e maneggiare l’oro.
    Proprio per l’impossibilità di possedere beni immobili gradualmente il ghetto assunse sempre più un aspetto degradato.
    Inoltre l’obbligo a risiedere dentro il quartiere che fino al 1848 possedeva delle vere e proprie mura con porte che venivano aperte al mattino e richiuse la sera, fece si che gli edifici nel tempo divenissero sempre più alti, collegati tra loro da ponti che facilitavano la fuga in occasione delle “incursioni” dei gentili, come ad esempio quelle che avvenivano durante il Carnevale romano.
    Il ghetto aveva quindi per lati maggiori il Tevere e il Portico d’Ottavia, mentre uno dei lati minori attraversava la piazza Giudea e l’altro raggiungeva dal fiume la Chiesa di Sant’Angelo in Pescheria.

    Piazza delle Azimelle - Ghetto - Roesler Franz

    Piazza delle Azimelle – Ghetto – Roesler Franz

    Vista la vicinanza con il Tevere e la collocazione in un’ansa del fiume spesso soggetta ad esondazione, soprattutto gli edifici che guardavano verso l’alveo, in un momento in cui i Muraglioni non erano stati ancora costruiti, portavano i segni delle inondazioni che nel tempo si erano succedute.
    Dall’emissione della bolla papale l’atteggiamento dei papi fu altalenante; alcuni papi cercarono di alleviare le condizioni di vita degli ebrei romani, altri papi inasprirono l’atteggiamento nei confronti della comunità.
    Sisto V, Felice Peretti, fu ad esempio un papa che cercò di alleviare la pressione sulla comunità ebraica permettendo anche un ampliamento del ghetto, che arrivò ad occupare una superficie di tre ettari.
    Un simile atteggiamento di maggiore disponibilità fu assunto anche da Paolo V Borghese (prima metà del 1600), il quale per sancire in qualche maniera il rispetto che la chiesa di Roma avrebbe portato alla comunità ebraica fece collocare nella piazza delle Scole una fontana nella quale il motivo araldico del drago alato dei Borghese si univa al candelabro con i sette bracci.
    Gregorio XIII papa alla fine del cinquecento ebbe un atteggiamento ambivalente: se da un lato cercò di alleviare la pressione sulla comunità ebraica dall’altro la vessò istituendo le “prediche coatte”. Queste si svolgevano al sabato ed avevano l’obiettivo di essere un mezzo di conversione degli ebrei di Roma. Le prediche coatte si tennero su di un arco molto lungo, erano tenute in luoghi diversi tra i quali la chiesa di Sant’Angelo in Pescheria, la chiesa di San Gregorio al Ponte Quattro Capi e nel Tempietto del Carmelo.

    Via della Fiumana allagata - Roesler - Franz

    Via della Fiumana allagata – Roesler – Franz

    La tradizione vuole che gli ebrei ascoltassero queste prediche turando le orecchie con della cera. La tradizione viene immortalata nel film di Luigi Magni: Nell’anno del Signore.
    Altri papi come Pio V e Clemente VIII furono decisamente più intransigenti.
    Le condizioni economiche e sociali all’interno del ghetto andarono via via sempre più peggiorando. La gran parte della popolazione che vi abitava versava in condizioni di grande povertà.
    Uno spiraglio alle condizioni di estrema povertà della comunità ebraica si aprì una prima volta a seguito dell’occupazione francese di Roma del 1798 e la conseguente proclamazione della Prima Repubblica Romana, quando le porte del ghetto furono finalmente aperte e gli ebrei poterono uscire. In piazza delle Cinque Scole per sancire questo momento venne eretto un “albero della libertà”, ma la libertà durò veramente poco visto che meno di due anni dopo, con la cacciata delle truppe francesi, le condizioni di vita tornarono ad essere quelle di sempre.
    Di nuovo nel 1848 sembrò che le cose per la comunità ebraica potessero cambiare. Infatti Pio IX per un certo periodo del suo pontificato sembrò ispirarsi alle idee repubblicane, e questo per gli ebrei si tradusse nel fatto che le mura del ghetto vennero abbattute. La libertà sembrò diventare ancora più concreta durante la Repubblica Romana del 1849, ma il ritorno del papa dopo la sconfitta della Repubblica spense di nuovo le speranze.

    Il ghetto - Roesler - Franz

    Il ghetto – Roesler – Franz

    Pio IX inasprito da quanto era accaduto, considerando la comunità ebraica in parte responsabile dell’esperienza della Repubblica, emanò leggi repressive nei confronti della comunità che riguardarono anche la libertà con cui gli ebrei potevano muoversi all’interno della città, sebbene le mura del ghetto non esistessero più.
    Si dovrà attendere l’unità d’Italia e la proclamazione di Roma capitale per avere un’equiparazione reale tra gli ebrei e gli altri romani.
    Ma anche questa sarà una parentesi che dal 1871 durerà in buona sostanza fino al 1938, quando Mussolini sceglierà di seguire Hitler anche sulla scelta discriminatoria nei confronti degli ebrei.
    L’episodio certamente più grave della storia della comunità ebraica a Roma sarà quello che si compirà il 16 ottobre del 1943 durante l’occupazione nazista della città.

    Casa Medievale in Via Rua - Roesler - Franz

    Casa Medievale in Via Rua – Roesler – Franz

    I tedeschi al comando di Kappler in poche ore alle prime luci del mattino rastrellarono e deportarono ad Aschwitz 1259 ebrei di tutte le età. Di questi ritornarono a Roma in 16 di cui 15 uomini ed una sola donna Settimia Spizzichino, che da subito scelse di testimoniare l’orrore che aveva vissuto.
    La passeggiata che proponiamo mira a far conoscere la storia antica e moderna di uno dei luoghi più suggestivi della città, fatto di tradizioni, religione, antico e moderno che si incontrano e dove s’intrecciano tragedie, commedie, vita comune. Storie di persone oltre che di luoghi.

  4. Il Gianicolo al femminile