Alla scoperta della cittadella dell’Ordine dei Gesuiti a Roma, una fucina d’ingegno, abilità diplomatica, sapienza e sperimentazione artistica, ma anche di santità.
Abitata da uomini che, a partire dal XVI secolo, sarebbero stati in grado di raggiungere quasi ogni angolo della terra.
L’ordine, fondato da Ignazio di Loyola nel XVI secolo, si dimostrerà fedele interprete dei dettami imposti dalla Controriforma non solo da un punto di vista dottrinario ma anche in materia iconografica: le chiese fondate dai gesuiti rappresentano infatti un’efficace panoramica della nuovo verbo pittorico e architettonico dettato dal Concilio di Trento.
Dopo la visita realizzata da Roma Felix lo scorso anno alle Camere di Sant’Ignazio e alla chiesa del Gesù, questa volta si andrà a visitare l’altro “polo” della cittadella dei Gesuiti: Sant’Ignazio, ovvero la chiesa del trionfo del Barocco e dei suoi “mirabili disinganni” con la famosissima falsa cupola realizzata da un autentico genio: l’architetto e pittore gesuita Andrea Pozzo.
La grandiosa costruzione della chiesa rinnova, nel cuore di Roma, la vastità e la maestà delle antiche basiliche imperiali. Fu costruita esclusivamente da gesuiti nel corso di cinquant’anni, usufruendo di fondi messi a diposizione dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV. Essa sorse al servizio della comunità studentesca dell’attiguo Collegio Romano, in luogo di una iniziale Chiesetta dell’Annunziata, che i gesuiti stessi avevano edificato nel 1562-64.
La costruzione della chiesa di Sant’Ignazio (il Loyola era stato canonizzato nel 1622 insieme con Francesco Saverio, Filippo Neri e Teresa d’Avila) cominciò nel 1626, su progetto di padre Orazio Grassi, eseguito da padre Antonio Sasso, il quale arbitrariamente aumentò l’altezza della facciata. La chiesa fu aperta solamente nel 1650, tra la soddisfazione di Innocenzo X, ma fu completata solo nel 1685.
Cominciò allora la grande opera di decorazione, curata da fratel Andrea Pozzo il quale prima eseguì con maestria la falsa cupola di 17 metri di diametro e poi, affrescò la volta, il presbiterio e le cappelle a crociera, con un virtuosismo prospettico che non è disgiunto da doti pittoriche e d’immaginazione singolari. Particolarmente riuscita è la volta (750 metri quadrati, dipinti in tre anni) che “sfonda” con un’ulteriore costruzione illusionistica il pur ampio edificio e delinea nei cieli l’epopea della Compagnia di Gesù alla conquista missionaria dei quattro continenti.
Molto interessanti sono anche gli altari della crociera, sempre su progetto di Pozzo (San Luigi, l’Annunciazione e San Giovanni Berchmans e il Sepolcro di Gregorio IV Ludovisi, di Pietro Legros). Sui lati del grande salone centrale, si trovano tre cappelle per lato, intercomunicanti. Dalla chiesa si accede alle Cappellette di San Luigi, originaria sede del movimento delle Congregazioni mariane.
La finta cupola di tela, ripristinata già nel 1823 perché annerita dal fumo dei grandi catafalchi funebri, si spaccò in occasione del tremendo scoppio della polveriera di Monteverde nel 1891; rimase coperta da un drappo azzurro fino ai lavori di ripristino, realizzati felicemente nel 1963.