È arduo parlare dell’aspetto dei giardini delle ville signorili e dei simboli e significati che questi hanno assunto nel corso dei secoli.
Non solo perché i luoghi sono profondamente cambiati, ma soprattutto perché sono mutati la cultura e lo stile di vita delle persone. Per l’uomo contemporaneo il giardino è uno spazio verde dove rilassarsi, stendersi su un prato, giocare, un luogo dove si può ancora godere della bellezza della natura e di alcuni momenti di libertà.
Quando invece le ville erano private, il giardino era uno spazio verde denso di significati profondi, una sorta di manifesto filosofico e politico che doveva raccontare ogni aspetto della vita del proprietario. Un luogo, cioè, immediatamente intellegibile a tutti quelli che, a vario titolo, vi erano ammessi anche in assenza del proprietario, allo scopo di meditare, di riflettere, di studiare.
Quando, con l’avvento di Napoleone, il giardino diventa pubblico, non perde di significato ma acquisisce anche un ruolo “educativo” e sociale: il giardino, in questo caso, è luogo d’incontro tra persone di livello sociale diverso, dove il borghese incontra il nobile ed il proletario, al cospetto di monumenti e di statue raffiguranti i personaggi illustri della nazione, “trasmettitori”, in questo caso, di spirito patriottico e coesione sociale.
Se è difficile cogliere oggi alcuni aspetti delle ville del passato giunte fino a noi, rappresenta quasi una sfida impossibile raccontare la storia di una villa rinascimentale praticamente scomparsa, inghiottita dal tempo come è Villa Celimontana al Celio. Edificata nella seconda metà del Cinquecento come residenza di rappresentanza della famiglia Mattei, una delle famiglie più in vista di Roma, doveva rappresentare e ribadire il ruolo preminente della nobile casata nella vita politica e sociale della città.
È per questo motivo che Giacomo Mattei acquista nel 1553 una vigna al Celio.
La nuova proprietà presenta una forma irregolare con scarse possibilità di espandersi, considerata la vicinanza di chiese importanti quali Santa Maria in Domnica, San Gregorio Magno e i Santi Giovanni e Paolo. L’area acquistata dai Mattei ha comunque il grande pregio di godere della prossimità delle Terme di Caracalla e del Palatino, dove già la famiglia Farnese aveva allestito i celeberrimi Horti Farnesiani.
Il Celio è dunque il luogo giusto per creare una sorta di “Campidoglio” alternativo per affermare la continuità storica e politica della famiglia Mattei con la Roma imperiale. E in particolare, per stabilire l’identificazione di Giacomo Mattei con la mitica figura di Ercole. Per questo motivo, il ricco proprietario trasferirà in villa una splendida collezione di arte antica.
E il riconoscimento di tale continuità con l’impero e con i suoi miti fu ufficialmente attestato dal Comune di Roma che, nel 1582, farà dono alla famiglia Mattei dell’obelisco in granito rosso di Ramses II, che da molti anni si trovava alla base della scalinata dell’Aracoeli. L’obelisco è l’unico arredo della villa rinascimentale giunto fino a noi, anche se collocato, purtroppo, in luogo che lo rende privo di significato, negandogli, quindi, quella posizione centrale che invece aveva avuto nel XVI secolo. Sono scomparse, tra l’altro, tutte le opere della collezione d’arte antica dei Mattei che completavano non solo l’arredo del giardino ma che ne rendevano chiara la storia a cui era ispirato. Gran parte di queste opere sono confluite nelle collezioni vaticane ed in altre collezioni pubbliche e private di Roma, lasciando al giardino di Villa Celimontana pochi brandelli delle antiche meraviglie. I Mattei rimarranno a lungo proprietari di Villa Celimontana, dopodichè, agli inizi dell’Ottocento, cominceranno ad alternarsi diversi proprietari che imporranno i propri gusti estetici alla villa.
I cambiamenti più sostanziali saranno realizzati alla fine dell’Ottocento, quando ciò che rimaneva dell’impianto rinascimentale sarà definitivamente cancellato per lasciare spazio ad un di tipo di giardino “paesistico” sulla scorta della moda inglese e francese. Ma anche di questa fase storica, purtroppo, non ci sono più tracce, salvo l’impianto geometrico del giardino, il mal conservato Tempietto neogotico e la attenta cura delle piante secondo antichi criteri botanici.
È innegabile, nonostante tutto, che ancora oggi la villa mantenga un suo fascino particolare, grazie alle varie essenze che colorano il giardino delle più svariate sfumature di verde. Un giardino che ricorda, a seconda degli ambienti, ora un bosco fitto e appartato ora una radura aperta e luminosa dove circola, soprattutto durante le infuocate estati romane, un’aria particolarmente fresca.
Da tempo la villa è oggetto di restauri che hanno consentito l’identificazione del Ninfeo dell’Uccelliera, definito così perché posto originariamente proprio sotto l’uccelliera andata distrutta nel 1700. È una delle poche strutture superstiti della villa rinascimentale, costruita tra il 1585 e il 1580 e che permetteva l’accesso diretto al circo soprastante, al cui centro era posizionato l’obelisco.
L’ambiente è piccolo ma suggestivo, decorato ad affresco e mosaico, con frammenti di pomice, conchiglie e frammenti di madreperla, ispirato ai ninfei di epoca greco-romana. Un luogo, questo, dove in età rinascimentale i nobili potevano godere non solo del clima delizioso ma anche, grazie ai particolari sistemi idraulici in voga in quel tempo, dei fantasmagorici giochi d’acqua delle fontane.
Non è improbabile che la collocazione del Ninfeo al di sotto dell’Uccelliera consentisse di poter ascoltare il canto degli uccelli in essa collezionati: un’ulteriore suggestione capace di assecondare la meditazione, la ricerca dell’equilibrio interiore e del significato della natura per i fortunati che avevano la possibilità di essere ospiti della Villa Mattei.