Trastevere è uno dei quartieri più noti di Roma. I turisti fanno un “must” della visita al quartiere.
Piazza Santa Maria in Trastevere
E’ una necessità, quasi obbligo, camminare per le sue vie ed entrare, quindi, nella cartolina nella quale esso è stato incastonato quasi a viva forza. Una cartolina in cui però Trastevere perde quasi completamente la sua vera natura. Non quella architettonica. Trastevere rimane una delle zone di Roma che più ha mantenuto il suo legame con i secoli passati, lambito solo dal profondo rinnovamento che la città subì all’indomani dell’annessione all’Italia Unita.
Camminando tra le sue vie è facile riconoscere l’impostazione medievale, le vie strette e tortuose, i resti architettonici di epoca romana spesso incastonati nei muri più moderni. La trasformazione è stata quasi tutta sociale. Essa è iniziata verso la fine degli anni cinquanta del novecento, agli inizi del boom economico e non si è più fermata.
Il quartiere operoso, produttivo grazie alle manifatture, notissima quella degli arazzi che si trovava dentro il grande complesso di San Francesco a Ripa, o quella dei tabacchi, tradizionalmente in Piazza Mastai, o grazie ai mulini alimentati dalle acque che venivano giù con forza dal Gianicolo, lascia il posto al quartiere cartolina dove il Rugantino ed il Meo Patacca, da personaggi del mondo reale che riassumono in se un certo spirito del popolo, divengono vuoti stereotipi.
Nuccia accetta Meo Patacca come suo sposo – Tavola di Bartolomeo Pinelli
Anche in questo Trastevere va incontro ad un cambiamento che è quasi a se stante rispetto a quello del resto della città. D’altra parte esso corrisponde all’originale Transtiberim, la parte della città al di là del fiume, lì dove si estendevano i campi coltivati e dove viveva una miscellanea di popoli, un “meltin’ pot”, come diremmo oggi. Gente operosa che svolgeva numerosissime attività.
E’ nel Transtiberim che si trovavano i campi che il popolo romano donò a Muzio Scevola e a Cincinnato, e sempre qui si trovavano gli Horti di Cesare, giardini che Cesare stesso legò con un testamento al popolo romano.
Il Transtiberim era il fuori città, escluso dalla città quadrata fondata da Romolo, da qui non passarano mai le Mura Serviane, ma solo, molto più tardi, le Mura Aureliane. Ma il Transtiberim era fondamentale per il controllo del guado del Tevere e le genti diverse che abitavano le sponde del fiume dovettero trovare un accordo, che passò attraverso guerre e aspri confronti, ma alla fine venne costruito il ponte, il Sublicio, dalla fondazione mitica. IL Sublicio collegò tra loro le due sponde e le relative genti, ma quelle del Transtiberim rimasero comunque diverse e, nel tempo, diedero origine ad un popolo minuto che fece delle molteplici attività artigianali e commerciali la propria ragione di vita. Chi viveva qui, infatti, faceva il vasaio, lavorava l’avorio, il cuoio, faceva l’ebanista o il mugnaio poiché dai tempi più antichi lungo le pendici del Gianicolo e giù fino al Tevere qui c’erano i mulini.
Il carattere del luogo era decisamente popolare, come testimoniato dai culti che nel Transtiberim si praticavano, ma un popolo dal carattere internazionale se è vero che le testimoniante indicano la presenza di due estese comunità straniere: una siriana e l’altra ebraica.
Santuario Isiaco – Gianicolo
Le testimonianze sono la presenza di templi, come quello isiaco sulle pendici del Gianicolo, oggi incluso in villa Sciarra, e l’identificazione del cimitero ebraico più antico di Roma, scoperto in prossimità di Porta Portese. E sempre nel Transtiberim che è stata identificata la sinagoga più antica, quella a cui faceva riferimento la comunità ebraica prima che fosse creato il ghetto medievale.
Ma non solo popolo abitava il Gianicolo e le sue pendici, ma anche una certa aristocrazia. Così sembra che l’attuale Villa Farnesina occupi in tutto o in parte la villa di Clodia, celebre come Lesbia di Catullo, e così pure che qui sorgesse la villa di Agrippa.
A testimoniare poi il ruolo importante di controllo sui traffici fluviali, ben prima che sorgesse il porto di Ripa Grande, qui fu costruito il grande porto fluviale romano con i suoi estesi magazzini, e qui sono stati identificati i resti dei Castra Ravennatium, ovvero l’acquartieramento dei marinai di Classe, che probabilmente svolgevano funzioni di polizia portuale, oltre a curare la preparazione delle naumachie.
Il rione, nella fase storica, era attraversato da due strade entrambe antichissime e percorse già dall’uomo primitivo.
Quella detta Via Campana, che si dirigeva verso sud, e che successivamente sarebbe divenuta la via Portuensis, che permetteva alle antiche tribù e poi alla città di Roma di collegarsi alle saline alle foci del Tevere e quindi al mare, e la seconda che creava una comunicazione con l’Etruria e che sarebbe poi diventata la via Aurelia, il cui primo tratto corrisponde proprio a Via della Lungaretta.
Intorno a questi due assi viari si costituì il rione che crebbe in maniera irregolare, con vie strette e tortuose, assetto urbanistico che si consolidò nel Medioevo e che ancora oggi permane.
Via della Lungaretta 1946
Tra le casupole spiccavano le due chiese più antiche di Santa Maria in Trastevere e di San Crisogono.
Santa Maria in Trastevere divenne il cuore del rione dopo l’intervento di Giulio II che fece aprire un nuovo asse viario che corrisponde a Via della Lungara – Via della Scala, a cui si aggiunse un terzo asse viario voluto da Paolo V, che è Via San Francesco a Ripa che collega Santa Maria in Trastevere con San Francesco a Ripa.
Il carattere popolare continuò a permanere e il rione non fu residenza di cardinali e vi risiedette solo una modesta nobiltà. Anche dopo l’unità d’Italia, gli urbanisti di Roma capitale volsero il loro sguardo altrove e il quartiere rimase sostanzialmente fedele a se stesso custodendo al suo interno una sorta di enclave della romanità più vera.
L’unico intervento significativo dopo l’unità fu, nel 1886, l’apertura del Viale del Re, poi Viale del Lavoro, oggi Viale Trastevere. La via avrebbe dovuto servire di collegamento tra la stazione ferroviaria (quella che oggi si trova in piazza Ippolito Nievo) e via Arenula, ma la costruzione del Ponte Garibaldi ritardò, e la stazione fu declassata a favore di Roma Termini. Alla stazione di Piazza Ippolito Nievo restò solo il compito di smistamento delle merci, almeno fino agli anni trenta del novecento, quando perse anche questa funzione.
Oggi il quartiere è preda di un turismo e di una frequentazione che ne hanno alterato profondamente il carattere e soprattutto il tessuto sociale.
Madonna de Noantri
Ciò nonostante esso è in qualche maniera alla ricerca della sua passata identità con la riscoperta di una certa romanità che passa anche attraverso il recupero di una festa dal nome significativo: la Festa de Noantri dedicata alla Madonna de Noantri.
Una romanità, quella trasteverina, che si rifà o che comunque ha le sue radici in quelle genti del Trans Tiberim e che, per questo motivo, profondamente diversa dalla romanità di altri quartieri della città, come quella che ancora oggi può respirarsi alla Garbatella, che trova le sue radici in una condizione sociale in qualche misura più moderna.
Trastevere è, quindi, un’altra delle isole dell’arcipelago Roma e passeggiare tra le sue vie consente di imbattersi in luoghi, come la casa di Ettore Fieramosca, e personaggi dalle storie particolari alcuni dei quali ammantati di leggenda. Qui, nel Trans Tiberim, sono nati Rugantino e Claudio Villa, Bartolomeo Pinelli e Alberto Sordi, ma anche donne diversamente affascinanti che, se pur non sono di nascita trasteverine, lo divennero per assidua frequentazione come Giuditta Tavani Arquati e Lina Cavalieri, che D’Annunzio definì: “la massima testimonianza di Venere in Terra”.