«Il Quartiere Coppedè è l’esperimento artistico-architettonico più originale intrapreso a Roma agli inizi del XX secolo» scrive Serafina Cascitelli nello splendido sito realizzato da studenti universitari Romaapiedi.com.
Arcone d’ingresso – Quartiere Coppedè
«Sfugge a ogni definizione: modernismo, kitsch, stile Liberty o neogotico? Resta la bellezza mozzafiato di un angolo di Roma senza tempo».
Nel cuore di Roma, a due passi dal centro storico si trova, infatti, uno dei quartieri più caratteristici della città. In realtà non un vero quartiere, ma un angolo di Roma dalle fattezze inaspettate e bizzarre, un fantastico miscuglio di stili con infiltrazioni di arte greca, gotica, barocca e addirittura medievale: 26 palazzine e 17 villini tra la Salaria e la Nomentana.
Un “arcone” riccamente decorato, che congiunge i due corpi di fabbrica principali del palazzo detto “Degli Ambasciatori”, dal quale scende un grande lampadario in ferro battuto, definisce l’ingresso del quartiere realizzato, tra il 1913 e il 1926, dall’eclettico architetto Gino Coppedè, da cui prende il nome. Un quartiere pensato come qualcosa di totalmente altro che si rifà ad una sperimentazione architettonica che nell’Italia dell’epoca ha pochi esempi e che, per certi versi, vede nel catalano Antoni Gaudì il personaggio di riferimento per un’architettura assolutamente visionaria.
Non c’è nulla di più anacronistico, già nel momento stesso della sua nascita, di questo quartiere dalle linee mosse e tormentate e del forte impatto della decorazione architettonica impresso agli edifici.
Coppedè attinge fortemente alla sua esperienza e capacità d’intagliatore del legno e imprime nella materia, o meglio nei diversi materiali, lo stesso desiderio di conquista e padronanza che si attribuisce al Bernini scultore.
La Fontana delle Tartarughe – Piazza Mattei
E certamente Bernini deve essere stata fonte d’ispirazione, poiché, anche se in tutta Europa fioriva il Liberty, a Roma Coppedè deve fare i conti con la Roma classica e poi con quella dei Papi, con un’architettura che a lungo aveva avuto l’obiettivo di lavorare per scenografie e colpi d’occhio, e qui si pensi alle macchine barocche nelle chiese, o alle piazze barocche come piazza Navona, o alle piazze roccocò come quella dei Burrò o quella neoclassica come piazza del Popolo. Un’architettura che per certi versi doveva impressionare il cittadino e il viaggiatore e contemporaneamente affascinarli, legandoli per sempre a quelle visioni.
Questo il riferimento storico – architettonico, ma Coppedè arriva pure a Roma in un momento in cui tutto sta cambiando. La città deve trasformarsi in capitale. Il piano regolatore del 1909 definisce piuttosto chiaramente i destini. La città dentro le Mura Aureliane dovrà essere sostanzialmente una città di rappresentanza per nobili e borghesi, il popolo più minuto e gli operai che stanno affluendo massicciamente, saranno accolti in quartieri appositamente costruiti al di fuori delle Mura Aureliane.
Questo contesto, il fatto di vedersi assegnato uno spazio da ridisegnare all’interno delle Mura Aureliane e di dover pensare alla realizzazione di abitazioni per un ceto borghese medio e alto, diedero a Coppedè la sufficiente forza di liberare le sue visioni e forse anche i propri incubi.
E’ un intero quartiere progettato da un unico architetto, che assume così una forma unitaria come probabilmente non accadrà in nessun’altra città europea, a meno della Barcellona di Antoni Gaudì, a cui Coppedè certamente guarda non fosse altro che per quel che concerne la capacità visionaria.
Ecco se si deve pensare ad un altro “unicum” europeo, che esula persino dallo stile floreale così tanto di moda all’inizio del novecento, e di cui anche a Roma si possono incontrare tanti esempi, bisogna per forza pensare all’esperienza di Gaudì a Barcellona.
La Fontana delle Rane – Quartiere Coppedè
Il quartiere Coppedè nasce anche dall’intreccio tra stile, arte, capacità artigiana e personalità di Gino Coppedè.
L’insieme dei fabbricati, l’incredibile “pastiche” di linguaggi architettonici, che immergono il visitatore nell’atmosfera sfarzosa, e anche un poco fittizia, degli inizi ‘900 si articola intorno a piazza Mincio, dove lo spazio centrale è occupato dalla Fontana delle Rane: un’imponente fontana popolata proprio da 12 rane, nota per il bagno che i Beatles vi fecero vestiti, dopo un loro concerto tenuto nella vicina discoteca Piper.
Ideata nel 1924 la fontana è posta al centro del quartiere e già secondo i commentatori dell’epoca, l’opera voleva essere un omaggio coppedeiano alle fontane berniniane, così frequentemente popolate di animali, si pensi in particolare alla fontana delle tartarughe in piazza Mattei, e, in effetti, il livello basso della vasca e la movimentata composizione ben strutturata rimandano a queste. Costituita da una base quadrilobata su cui poggia un tondo catino centrale, ha al centro di questo un complesso groviglio di mascheroni e figure sorreggenti una valva di conchiglia su cui è posta una grossa rana. Sui bordi del catino altre otto rane versano sottili getti d’acqua. La piazza è circondata da fabbricati differenti per forma e dimensione; i due edifici più rilevanti, decorati in modo sovrabbondante e fantastico sono: la Palazzina del Ragno d’ispirazione assiro-babilonese che si contraddistingue per un grande ragno sulla facciata e il Villino delle Fate caratterizzato da una totale asimmetria, con archi e fregi medievali, nel quale Coppedè attua una fusione totale dell’uso di materiali diversi, marmo, laterizio, travertino, terracotta, vetro, che risultano in un insieme armonico.
Fontana delle Rane (particolare) – Quartiere Coppedè
Il pavimento dell’ingresso alle Ville delle Fate, da Piazza Mincio, è un mosaico rotondo in cui sono rappresentate tre fanciulle in abiti romani antichi. Una suona la lira, una suona un chitarrino e l’altra canta. Le tre fanciulle sono metafora dei tre villini. Nel mosaico è anche riportata una scritta “I villini delle fate: Neme, Melete, Aede”.
La dimensione quasi fantastica di questo luogo suggestivo di Roma ha ispirato più di una pellicola: il quartiere Coppedè ha decisamente ammaliato il regista horror Dario Argento che lo ha utilizzato come location di due tra i suoi più famosi lungometraggi: “Inferno” e “L’uccello dalle piume di cristallo”, ma anche scene di altri film sono state girate qui come “Il profumo della signora in nero” di Francesco Barilli, “ e “Audace colpo dei soliti ignoti” di Nanni Loy con Vittorio Gassman.
Roma, 10 luglio 2016