prima pagina

  1. Santa Maria Antiqua, la riapertura dopo trent’anni di attesa

    Edificata nel VI secolo, sepolta da un terremoto nell’847, rinvenuta per caso nel 1900, chiusa definitivamente trentatré anni fa.IMG20140207190729292_900_700 Si tratta di Santa Maria Antiqua al Foro romano, una delle chiese più antiche e più importanti di Roma.
    Abbarbicata alle pendici nord occidentali del Palatino, Santa Maria Antiqua è una delle prime chiese di Roma consacrate alla Madonna, tanto da contendersi il primato con Santa Maria Maggiore e Santa Maria in Trastevere. La sua storia si collega a quella di altre chiese fondate intorno ai Fori, lungo la Via Sacra e al Palatino, in un periodo in cui la zona monumentale dell’Urbe aveva in gran parte perduto le sue antiche funzioni amministrative e di rappresentanza. Erano gli anni della dominazione bizantina e del papato di Gregorio Magno quando, proprio nel cuore del cuore di Roma, furono edificati tra il VI e il VII secolo nuovi luoghi di culto, tra cui le chiese dei Santi Quirico e Giulitta dietro il Foro di Nerva e dei Santi Apostoli a nord del Foro e dei mercati di Traiano. A queste si aggiunse Santa Maria Antiqua, edificata ripristinando le strutture del vestibolo del palazzo di Domiziano ai piedi del Palatino, in un luogo non distante dal Tempio di Vesta. L’originario edificio romano aveva una forma basilicale: aula rettangolare divisa da tre navate. Nello spessore del muro posteriore fu ricavata una piccola abside, e ai lati del presbiterio, le due piccole cappelle dei Santi Medici e di Teodoto.

    Cappella di Teodoto

    Cappella di Teodoto

    «Mentre 250 anni prima Costantino aveva evitato d’invadere con le testimonianze della nuova fede i Fori a causa delle loro connotazioni pagane» scrive il grande storico dell’arte Richard Krautheimer nel volume Roma, profilo di una città, «ora la Chiesa poteva erigere liberamente le chiese. Sia pure con due secoli e mezzo di ritardo, la trasformazione visuale e ideologica di quello che era stato il centro dell’impero si era compiuta».
    La chiesa palinsesto
    Nel corso degli anni si concentrarono su Santa Maria Antiqua le cure continue di diversi pontefici quali Martino I, Giovanni VII, Zaccaria, Paolo I e Adriano I. Fino a quando, nell’847, un terremoto fece franare sopra di essa parte dei palazzi sovrastanti. Papa Leone IV allora trasferì il titolo in una chiesa costruita ex novo: Santa Maria Nova, l’attuale Santa Francesca Romana. E sui ruderi di Santa Maria Antiqua fu edificata nel XIII secolo una chiesetta che, a sua volta, fu completamente ristrutturata nel 1617 col titolo di Santa Maria Liberatrice. Scavi fortuiti nel XVIII secolo e poi altri condotti in maniera più mirata alla fine del XIX, riportarono alla luce tracce di antichi affreschi. Si decise, allora, di abbattere l’edificio seicentesco per riportare alla luce l’antica Santa Maria Antiqua, trasferendo, nel 1909, il titolo di Santa Maria Liberatrice alla chiesa sorta al Testaccio.santa-maria-antiua
    In realtà, dopo il terremoto del IX secolo, la storia della chiesa ricomincia solo nel 1900, quando il vecchio edificio fu riscoperto in seguito a scavi sistematici proprio in quella zona del Foro. Dopo la rimozione di enormi quantità di terra e di detriti, gli archeologi ricostruirono le murature e le volte, mentre solo nel 1910 si procedette alla copertura della navata centrale per dare protezione ai dipinti. Ci si rese subito conto di cosa stava emergendo: i dipinti che stavano tornando alla luce avrebbero avuto conseguenze storiche e archeologiche di enorme importanza, tanto che molte teorie sullo sviluppo dell’arte tardo antica avrebbero dovuto essere riscritte completamente. Anche in considerazione del fatto che, in Oriente, a causa della crisi iconoclasta del 726, non era sopravvissuto praticamente nulla. Purtroppo le pitture furono trovate in uno stato di degrado talmente grave che i restauri dovettero proseguire ininterrottamente per decenni. Fino a che, nel 1980, si decise di chiudere definitivamente la chiesa al pubblico, salvo un accesso limitato agli studiosi e qualche apertura “spot” tra cui quelle del 2004 e del 2012.
    Santa Maria Antiqua, la pupilla dei ponteficisanta-maria-antiqua-fori-romani-774970
    Ma cosa sì potrà vedere nella prossima primavera? Degli originari mille metri quadrati di affreschi ne risultano ancora visibili 250, databili grazie alle informazioni fornite da cartigli e alla presenza di personaggi ritratti col nimbo quadrato usato per le persone viventi, tra il VI e l’VIII secolo. Le principali fasi di decorazione murale risalgono a papa Martino I (649-653) quando furono decorate le pareti del presbiterio e molte aree della navata centrale. Martino morì in esilio e fu martirizzato perché si oppose all’imperatore di Costantinopoli Costante II. A Martino seguì Giovanni VII (705-707), un papa particolarmente affezionato alla chiesa perché cresciuto sul Palatino come figlio del custode dei palazzi imperiali. Egli fece decorare nuovamente il presbiterio ed eseguire i nuovi cicli pittorici nella Cappella dei Santi Medici e in molte altre parti della chiesa. Dopo Giovanni VII, papa Zaccaria fece affrescare la cappella detta di Teodoto, dal nome del donatore, un nobiluomo romano che come ambasciatore del papa stabilì i primi contatti con la corte dei Franchi, futuri alleati nel distacco politico da Bisanzio. Teodoto, inoltre, da quello che si legge dall’iscrizione che accompagna il suo ritratto, era anche il primo degli avvocati di curia e dell’amministrazione civile delle diaconie di Roma. Infine, papa Paolo I (757-767) ordinò l’ultima decorazione dell’abside e fece eseguire estesi cicli pittorici lungo le pareti delle navate laterali.

    Cappella di Teodoto

    Cappella di Teodoto

    Attraverso Santa Maria Antiqua è possibile dunque ripercorrere interi capitoli di storia della Chiesa e di storia dell’arte. Basti pensare al caso della Crocifissione dipinta in una nicchia della Cappella di Teodoto: Gesù è raffigurato vestito e con i piedi non sovrapposti. In questo caso la tradizione bizantina si fonde con un nuovo linguaggio “autoctono” più accessibile al popolo, evidente in certi dettagli realistici come i paletti conficcati alla base della croce per puntellarla, il terreno su cui la Madonna e Giovanni poggiano, il dinamismo di due soldati romani, Longino con la lancia e l’altro con la spugna bagnata d’aceto. Gesù veste il colobium, la tunica smanicata indossata dai monaci.
    Seguono, sempre nella stessa cappella, le storie del martirio dei santi Quirico e Giulitta (VIII secolo), uno dei cicli più leggibili e completi della chiesa al Foro e uno degli episodi più significativi della pittura romana precarolingia: la sequenza degli episodi del martirio di Quirico e Giulitta è disposta in otto riquadri, mentre la parete meridionale è occupata dalla Vergine in trono con il Bambino affiancata da altri personaggi (Pietro, Paolo, Giulitta e il piccolo Quirico, Teodoto e papa Zaccaria). Nell’abside è invece ritratto Gesù con la Madonna, San Giovanni Crisostomo e san Basilio. Nella raffigurazione spicca un cartiglio contenente riferimenti al Concilio Lateranense del 659, quello che riaffermò la natura umana e divina di Gesù Cristo.
    Ma è la parete a destra dell’abside, detta anche la “parete palinsesto”, la più famosa di Santa Maria Antiqua: qui sono stati scoperti sette strati sovrapposti di affreschi dei quali cinque risultano dipinti mentre degli altri due restano soltanto tracce di colore. Tra tutti spiccano il frammento del VI secolo di Maria Regina in trono adorata da un angelo; altri due frammenti raffigurano il volto della Madonna e il celebre Angelo Bello la cui espressione di intenso naturalismo è assolutamente inaspettata per una pittura bizantina: insieme costituiscono un’Annunciazione, datata alla prima metà del VII secolo.Crucifixion_from_Santa_Maria_Antiqua
    Di notevole valore storico-artistico è anche la Cappella dei Santi Medici, identificata come diaconia, cioè il centro di carità per i poveri, gli ammalati e i pellegrini, tipico delle chiese bizantine. Il nome le deriva dal ciclo pittorico che presenta grandi figure di santianaegyroi, cioè guaritori che non accettavano ricompense. La cappella era destinata ai malati, i quali vi sostavano anche la notte in attesa di poter essere visitati. Restaurata nel 2003-2004, essa conserva parte delle pareti del periodo di Domiziano (81-96 a.C.) e i suoi affreschi raffigurano i santi medici Cosma e Damiano, Abbaciro e Panteleimon; al centro della parete ovest, invece, si staglia la figura del Cristo Pantrocratore, abbigliato con una tunica rossa e lunghi capelli ricci e barba folta.
    A questo punto, non resta che attendere la prossima primavera per andare in pellegrinaggio da Maria Vergine ai Fori, nel cuore di una città che non finisce mai di stupire.

  2. Aspettando Bruce Springsteen

    Se c’è un libro che il popolo di Springsteen attende da anni è quello firmato da un suo specialissimo fan, Alessandro Portelli, il più originale e infaticabile esploratore dell’AmericaLayout 1 e delle sue profonde radici culturali. Slittando dalla musica alla letteratura, dalla storia al presente, Portelli mette la sua nota affabulazione al servizio del cantore dell’America che più ama, quella tutta fondata sul lavoro, un’America in cui la promessa della mobilità sociale e della realizzazione di sé è spesso frustrata e tradita. Attraverso una rilettura dei testi che Portelli sa ancorare saldamente al contesto culturale e storico, il libro guarda al mondo di Springsteen sotto la lente del lavoro: il lavoro che divora le vite dei suoi personaggi (operai, cameriere, addette all’autolavaggio, cassiere, braccianti, disoccupati) e il suo lavoro, quello di musicista e di uomo di spettacolo. Il Bruce Springsteen narrato in questo libro è quello che racconta vite di seconda mano, come le Cadillac usate su cui i suoi protagonisti sfuggono al tedio di una quotidianità ripetitiva e senza sbocchi; che canta la rabbia di chi si ribella e di chi sogna di ribellarsi; che dà voce al senso di tradimento di chi crede che essere nato negli Stati Uniti lo autorizzi ad aspettarsi qualcosa di meglio; che avverte come il fantasma della rivolta torni ad aggirarsi sulle strade di un’America in crisi. Ma lo Springsteen di Portelli è anche quello che narra le sue storie dolorose con un sound travolgente che evoca l’orgoglio di essere, nonostante tutto, ancora vivi. In ultima istanza, non è il contenuto del sogno ciò che conta, e neanche la possibilità che il sogno si realizzi; conta piuttosto la capacità di sognare e la dignità di chi sogna. E il primo a sognare sulle note del Boss è lo stesso Portelli, che pagina dopo pagina ce lo racconta in presa diretta, attraverso le vivide istantanee dei concerti dal vivo, cui accorre da trent’anni da instancabile fan.

    Venerdì 8 aprile 2016 – h.20,00
    da Hespresso. Italian Comfort Food&Bar
    Via Genova, 16, Roma

    Alessandro Portelli, presenta il volume:

    Badlands. Springstees e l’America: il lavoro e i sogni

    Edito dall’editore Donzelli

    Intervengono: Andrea Monda e Paolo Mattei

    Intermezzi musicali: Ukus in Fabula

     

  3. Mirabili disinganni: la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio

    Alla scoperta della cittadella dell’Ordine dei Gesuiti a Roma, una fucina d’ingegno, abilità diplomatica, sapienza e sperimentazione artistica, ma anche di santità.

    Sant'Ignazio - La Volta - Particolare

    Sant’Ignazio – La Volta – Particolare

    Abitata da uomini che, a partire dal XVI secolo, sarebbero stati in grado di raggiungere quasi ogni angolo della terra.
    L’ordine, fondato da Ignazio di Loyola nel XVI secolo, si dimostrerà fedele interprete dei dettami imposti dalla Controriforma non solo da un punto di vista dottrinario ma anche in materia iconografica: le chiese fondate dai gesuiti rappresentano infatti un’efficace panoramica della nuovo verbo pittorico e architettonico dettato dal Concilio di Trento.
    Dopo la visita realizzata da Roma Felix lo scorso anno alle Camere di Sant’Ignazio e alla chiesa del Gesù, questa volta si andrà a visitare l’altro “polo” della cittadella dei Gesuiti: Sant’Ignazio, ovvero la chiesa del trionfo del Barocco e dei suoi “mirabili disinganni” con la famosissima falsa cupola realizzata da un autentico genio: l’architetto e pittore gesuita Andrea Pozzo.
    La grandiosa costruzione della chiesa rinnova, nel cuore di Roma, la vastità e la maestà delle antiche basiliche imperiali. Fu costruita esclusivamente da gesuiti nel corso di cinquant’anni, usufruendo di fondi messi a diposizione dal cardinale Ludovico Ludovisi, nipote di Gregorio XV. Essa sorse al servizio della comunità studentesca dell’attiguo Collegio Romano, in luogo di una iniziale Chiesetta dell’Annunziata, che i gesuiti stessi avevano edificato nel 1562-64.

    Sant'Ignazio - La finta cupola

    Sant’Ignazio – La finta cupola

    La costruzione della chiesa di Sant’Ignazio (il Loyola era stato canonizzato nel 1622 insieme con Francesco Saverio, Filippo Neri e Teresa d’Avila) cominciò nel 1626, su progetto di padre Orazio Grassi, eseguito da padre Antonio Sasso, il quale arbitrariamente aumentò l’altezza della facciata. La chiesa fu aperta solamente nel 1650, tra la soddisfazione di Innocenzo X, ma fu completata solo nel 1685.
    Cominciò allora la grande opera di decorazione, curata da fratel Andrea Pozzo il quale prima eseguì con maestria la falsa cupola di 17 metri di diametro e poi, affrescò la volta, il presbiterio e le cappelle a crociera, con un virtuosismo prospettico che non è disgiunto da doti pittoriche e d’immaginazione singolari. Particolarmente riuscita è la volta (750 metri quadrati, dipinti in tre anni) che “sfonda” con un’ulteriore costruzione illusionistica il pur ampio edificio e delinea nei cieli l’epopea della Compagnia di Gesù alla conquista missionaria dei quattro continenti.
    Molto interessanti sono anche gli altari della crociera, sempre su progetto di Pozzo (San Luigi, l’Annunciazione e San Giovanni Berchmans e il Sepolcro di Gregorio IV Ludovisi, di Pietro Legros). Sui lati del grande salone centrale, si trovano tre cappelle per lato, intercomunicanti. Dalla chiesa si accede alle Cappellette di San Luigi, originaria sede del movimento delle Congregazioni mariane.

    Sant'Ignazio - Angelo

    Sant’Ignazio – Angelo

    La finta cupola di tela, ripristinata già nel 1823 perché annerita dal fumo dei grandi catafalchi funebri, si spaccò in occasione del tremendo scoppio della polveriera di Monteverde nel 1891; rimase coperta da un drappo azzurro fino ai lavori di ripristino, realizzati felicemente nel 1963.

  4. Fondo Carità

    slidexromafelix

    In collaborazione con Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli e Fondo Carità: Aiutiamo chi soffre e chi ha bisogno.