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  1. Santi Silvestro e Martino ai Monti

  2. I linguaggi del medioevo. Terzo appuntamento: Santa Sabina

    Perfetto esempio di basilica del V secolo, e quindi venerabile ed ammirevole modello della

    Interno di Santa Sabina

    Interno di Santa Sabina

    primitiva e pura concezione del tempio cristiano, la basilica venne costruita dal prete Pietro d’Illiria, durante il pontificato di Celestino I, forse sulla casa di una matrona Sabina, confusa in seguito con l’omonima santa umbra. Vennero utilizzate 24 colonne di marmo ancirano del Tempio di Giunone Regina, che sorgeva nei pressi. Nel secolo IX vi furono aggiunte parti marmoree, parzialmente ancora esistenti: la schola cantorum, abilmente ricostruita ricomponendo gli antichi frammenti, gli amboni, l’iconostasi, la cattedra episcopale e il sedile marmoreo.
    Nel 1222, papa Onorio III, che risiedeva nell’attiguo castello Savelli, concesse la chiesa al proprio maestro di palazzo, Domenico di Guzman, all’atto di approvargli la regola del nuovo ordine domenicano. Ancora di quell’epoca sono il chiostro e il campanile, rimasto troncato verso la metà del Seicento. Domenico Fontana, nel 1587, trasformò l’aspetto interno della chiesa, facendole assumere una fastosa foggia manieristico-barocca.
    Dopo la soppressione dei monasteri, successiva al 1870, seguì un periodo di abbandono, durante il quale la chiesa e l’intero convento furono utilizzati come lazzaretto comunale. Finalmente, l’architetto e storico dell’arte Antonio Mugñoz, tra il 1914 e il 1937, tentò di recuperare l’aspetto originario della chiesa, con un’operazione sostanzialmente rispettosa e che ha dato notevoli risultati.
    A causa della sua particolare collocazione, con il fianco parallelo al ciglio del colle, la basilica presenta al visitatore il suo fianco sinistro, con la lunga fila delle ampie finestre a transenne di selenite e con un lineare portico quattrocentesco.

    Crocifissione - Portale ligneo di Santa Sabina

    Crocifissione – Portale ligneo di Santa Sabina

    L’atrio è reso prezioso dalla celeberrima porta d’ingresso, originaria del V secolo e intagliata finemente, oltre che con potenza espressiva, in legno di ciliegio. La porta è incompleta perché i pannelli scolpiti sono ridotti al numero di diciotto (otto grandi, verticali, e dieci più piccoli ed orizzontali). Essi sono montati, secondo un ordine che non è più quello originario, dentro fasce decorative che raffigurano motivi della vite. Di particolare risalto è il pannelletto che rappresenta la Crocifissione, una delle prime rappresentazioni di questa scena.
    Complessivamente ci troviamo di fronte ad uno dei massimi tesori dell’arte paleocristiana, ad una delle più importanti manifestazioni della potenza creativa della fede cristiana.
    Nel 1836 i pannelli del portale del V secolo furono restaurati e nel pannello dedicato al “Passaggio del Mar Rosso” le fattezze del Faraone che sta per annegare vennero modificate e sostituite con il volto di Napoleone, il che la dice molto lunga sull’odio che ancora si provava a Roma dopo quindici anni dalla morte.

    L'attraversamento del Mar Rosso - Portale ligneo di Santa Sabina

    L’attraversamento del Mar Rosso – Portale ligneo di Santa Sabina

    Di grande interesse è anche un affresco emerso durante restauri effettuati nel 2010 nel porticato della Basilica. L’affresco alto medievale rappresenta la Madonna con il Babino affiancata dai santi Pietro e Paolo, e alle estremità, dalle sante Sabina e Serafia che introducono a sinistra i due committenti, e a destra il papa regnante. Porprio le figure dei donatori indicati nell’iscrizione come l’arcipresbitero Teodoro e il presbitero Giorgio, identificati con i due legati papali al Concilio di Costantinopoli del 680, hanno permesso di datare l’opera tra la fine del VII e i promo anni dell’VIII secolo.
    Ma non sono solo queste opere a suscitare l’interesse di chi arriva fin sull’Aventino per visitare Santa Sabina.
    Voltando le spalle al magnifico portale ligneo si scorgerà una piccola finestra nel muro. Da lì si può avere una visione parziale del chiostro duecentesco. Ma l’occhio sarà inevitabilmente attratto da un albero di arance: secondo la tradizione quella è la prima pianta di arance arrivata in Italia dal Portogallo e portata proprio da San Domenico.
    Come tutto ciò che riguarda la tradizione questa è una pianta magica, poiché anche se secca continua a dare i suoi frutti attraverso altri alberi nati nel tempo sull’originale.
    La tradizione vuole pure che sa questa pianta Santa Caterina avesse preso cinque arance poi candite e donate all’impetuoso e violento papa Urbano VI nel 1379 per dimostrargli che pure un frutto aspro possa diventare dolce.
    Ritornando all’interno, come nella basilica di Santa Maria Maggiore, anche qui, con ogni probabilità, papa Sisto III, alla metà del V secolo, aveva fatto realizzare una decorazione musiva che si estendeva dalla controfacciata alla navata centrale all’abside.arance
    Oggi tuttavia ciò che rimane è solo parte del mosaico in controfacciata e l’opus sectile subito sopra le arcate della navata centrale. Durante il corso del restauro novecentesco, il Mugñoz si accorse che sopra questa decorazione le pareti della navata dovevano ospitare dei mosaici probabilmente raffiguranti le storie del nuovo e del vecchio testamento, la cui conclusione ideale era nell’abside, anch’essa in mosaico. E il tema era forse proprio quello presente tutt’oggi nell’affresco di Federico Zuccari, vale a dire: Cristo sul monte paradisiaco attorniato da figure di santi e di papi.
    Il tema del dipinto infatti sarebbe stato perfetto per un mosaico absidale il cui compito era quello di ricordare ai fedeli la fine dei tempi, il loro futuro.
    L’abside, la controfacciata e il portale in legno sono i punti in cui si concentra il “pellegrinaggio” del cristiano quando, passando attraverso la porta, simbolo della resurrezione e della speranza, compie il passaggio verso la salvezza che è Cristo stesso. La speranza si concretizza nel catino absidale, il luogo del compimento che rimane ben visibile per tutta la celebrazione.

    Madonna con Bambino - Affresco tardo medievale

    Madonna con Bambino – Affresco tardo medievale

    Al termine di questa, la comunità compie il percorso inverso; esce dalla casa di Dio e nel compiere questo tragitto ha un’altra visione escatologica: in alto era raffigurato il tetramorfo dell’Apocalisse, i principi degli apostoli Pietro e Paolo e, come si vede ancora oggi, l’iscrizione della fondazione fiancheggiata dalla raffigurazione delle due Ecclesie.
    La visita si propone come una lettura liturgica e simbolica delle decorazioni medievali della basilica, in particolare del rilievo del portale, un pezzo di storia medievale insostituibile e luogo di una delle prime rappresentazioni della Crocifissione.

  3. I linguaggi del Medioevo: Santa Pudenziana

    Dopo la visita alla Basilica di Santa Maria Maggiore, siamo alla seconda tappa del nostro itinerario dedicato ai linguaggi del Medioevo a Roma.spaccato_assonometrico_fs La chiesa di Santa Pudenziana vanta un’altra splendida abside, in cui i fedeli del V secolo dopo Cristo potevano ammirare la Gerusalemme Celeste, loro futura dimora eterna.
    La Chiesa venne costruita su parte di un impianto termale più di recente individuato come cortile a pilastri e decorato con fontane del II secolo, che apparteneva a una dimora romana nota con il nome di Titulus Pudentis poi corrotto nel nome di Pudenziana.
    L’edificio basilicale originariamente a tre navate subì rifacimenti verso la fine del il XVI secolo per volere del cardinale Caetani e la chiesa fu trasformata e arricchita di nuove decorazioni.
    Il tema principale della vista riguarderà il mosaico che, tra quelli absidali, è il più antico di Roma anche se oggetto di ampi rifacimenti per quanto riguarda il lato destro, eccezion fatta per il volto di Pietro.

    Mosaico dell'abside

    Mosaico dell’abside

    Dalle iscrizioni note si deduce che la fondazione è legata a papa Siricio, e dunque ultimata entro l’anno 398, mentre la decorazione di poco successiva risale al pontificato di papa Innocenzo (401-17), durante il quale un presbitero di nome Leopardo fece realizzare i marmi (oggi scomparsi), le pitture e presumibilmente anche il mosaico absidale. Secondo il grande archeologo Giovanni Battista de Rossi fu proprio Leopardus Presbyter lo sponsor a cui va il merito principale del Cristo giudicante nel consesso apostolico che è il tema del mosaico. Cristo è rappresentato in trono, ammantato di una veste d’oro e fiancheggiato dagli apostoli vestiti con la toga dei senatori romani tra i quali si riconosce anche Paolo, in qualità di Doctor gentium.

    Mosaico dell'abside - particolare

    Mosaico dell’abside – particolare

    Le rappresentazioni della Ecclesia ex circumcisione e quella dell’Ecclesia ex gentibus incoronano rispettivamente Pietro e Paolo. Alle spalle dei personaggi raffigurati si staglia un grandioso scenario architettonico palesemente ispirato a un palazzo imperiale, mentre nel cielo aleggiano i simboli degli evangelisti. Una croce gemmata sovrasta la scena. Il fulcro sia visuale (soprattutto rispetto alle proporzioni originali, oggi lievemente alterate) che di significato di tutta la scena risiede nell’iscrizione del testo tenuto da Cristo:

    Mosaico dell'abside - particolare

    Mosaico dell’abside – particolare

    Dominus conservator ecclesiae pudentianae dove conservator dal I al IV secolo veniva usato in campo letterario, epigrafico e numismatico per indicare l’autorità imperiale o per le divinità ed esprimeva gratitudine per l’intervento in una situazione di difficoltà o pericolo. È da questo punto che partirà l’analisi dell’abside, che andrà a toccare i molteplici nuclei tematici presenti per comprendere la natura complessa e stratificata dell’opera.

  4. Racconti

    Vi scrivo da una Roma barricata

    Tratto da "Vi scrivo da una Roma Barricata", di M. Bannoni e G. Mariotti, Conosci per scegliere editrice

    Pubblichiamo un breve stralcio degli articoli che Margaret Fuller scrisse durante gli ultimi giorni della Repubblica Romana del 1849, e che inviò, quale corrispondente di guerra, al suo giornale il “New York Daily Tribune”.

    …..Roma ha subito perdite terribili. Tutte le sue querce meravigliose, tutti i suoi deliziosi giardini, i suoi casini di campagna, pieni di monumenti al genio e al gusto, stanno morendo in nome della difesa. Le case, gli alberi che erano stati risparmiati a Porta San Pancrazio, tutti hanno offerto

    Villa Spada - dopo lo scontro tra gli uomini di Manara e i francesi.

    Villa Spada – dopo lo scontro tra gli uomini di Manara e i francesi.

    riparo al nemico e causato la perdita di così tante vite che i romani si sono ormai rassegnati a quella distruzione a cui avevano cercato di non assistere. Villa Borghese è tutta devastata, la villa di Raffaello distrutta, a Villa Albani gli alberi sono stati tutto tagliati e anche l’edificio, l’ornamento più bello di Roma, dovrà, credo, andare perso. Le imponenti statue di marmo in quel portico dove Winckelmann sedeva e conservava con gran diletto sono già state tolte al loro posto. Villa Salvage con tutti i suoi splendidi affreschi è stata data alle fiamme e quella sponda del Tevere è spogliata delle sue incantevoli piante. Roma non potrà mai riprendersi dalle terribili devastazioni di questi giorni che forse sono solo all’inizio….

    continua…