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  1. Villa Farnesina: il culmine del Rinascimento romano.
    Se il Magnifico Chigi incontra il Divino Raffaello

    Villa Farnesina è la villa sontuosa, ma di raffinatissimo gusto, che il grande banchiere Agostino Chigi detto “il magnifico” si fece costruire fra via della Lungara, appena sistemata, e il Tevere.

    Il trionfo di Galatea - Raffaello - Villa Farnesina

    Il trionfo di Galatea – Raffaello – Villa Farnesina

    Via della Lungara – detta anche “via santa” perché era uno dei percorsi dei pellegrini verso San Pietro – era stata riordinata all’inizio del Cinquecento da Giulio II, in parallelo alla creazione di via Giulia, sull’altra sponda del fiume.
    Oggi la strada mantiene un certo carattere extraurbano, rarefatto e solitario, che le viene conferito dall’affascinante estensione dell’Orto Botanico, da Palazzo Corsini e, soprattutto, dalla bellissima Villa Farnesina, progettata da Baldassarre Peruzzi e affrescata da Raffaello, Giulio Romano, Sodoma, Sebastiano del Piombo e dallo stesso Peruzzi. La villa rappresenta il culmine del Rinascimento, alla vigilia della tragedia del Sacco di Roma del 1527. Agostino Chigi vi riceveva Leone X, cardinali, ambasciatori, principi e lo stuolo raffinato degli artisti e dei letterati cortigiani che si erano raccolti nella Roma spensierata dei Medici. Una nota narrazione tramanda che Agostino Chigi, dopo aver servito un pranzo in riva al Tevere, facesse gettare il vasellame d’oro e d’argento nel fiume (dove però una rete era stata predisposta per salvare i preziosi metalli).
    L’edificio è a tre corpi, coronato da un cornicione con fregi. Al pianterreno, protetta da una vetrata, si trova la Galleria nella cui volta Raffaello e i suoi aiuti illustri rappresentarono la Favola di Psiche.

    Loggia di Psiche - Raffaello e allievi - Villa Farnesina

    Loggia di Psiche – Raffaello e allievi – Villa Farnesina

    Sulla sinistra della Galleria si accede alla Sala della Galatea, nel cui soffitto brillano le Costellazioni dipinte da Baldassarre Peruzzi. Altri dipinti sono di Sebastiano del Piombo, l’allievo prediletto di Michelangelo. Ma la regina del luogo è la divinità marina che dà il nome alla sala, la Galatea raffigurata da Raffaello in un quadro di delicata compostezza, vibrante di giovinezza e di terso colore.
    Dalla destra della Galleria si accede ad un’altra stanza, distinta da un fregio mitologico di Baldassarre Peruzzi. E al piano superiore si trova il capolavoro della destrezza pittorica dello stesso Peruzzi, il Salone delle prospettive.

    Nel 1590 la villa passò dai Chigi ai Farnese, i quali progettarono la costruzione di un ponte per collegarla al loro palazzo oltre il Tevere e le lasciarono il nome che tuttora porta.
    Nel corso della visita a Villa Farnesina, sarà possibile visitare la galleria delle Grottesche appena aperta al pubblico dopo il recente restauro: e questa è una delle novità recentemente emerse nel contesto della decorazione della Villa Farnesina. Il termine “grottesche” si deve alla casuale scoperta della celebre Domus Aurea. Infatti, intorno all’ultimo quarto del XV secolo, un giovane romano cadde in una fessura del Colle Oppio ritrovandosi in una grotta ricoperta da figure dipinte: erano le stanze dello sfarzoso palazzo di Nerone, eretto a Roma tra il Celio e l’Esquilino tra il 64 e il 68 d.C.

    Sala delle Prospettive - Baldassarre Peruzzi - Villa Farnesina.

    Sala delle Prospettive – Baldassarre Peruzzi – Villa Farnesina.

    Ben presto i giovani artisti nel Rinascimento vollero discendere negli ambienti per poter vedere le pitture dal vivo; tra questi Pinturicchio, Michelangelo e Raffaello. Così, e soprattutto dopo le celebri Logge che Raffaello dipinse in Vaticano tra il 1517 e il 1519, la decorazione a grottesca divenne rapidamente una vera moda artistica. Questo grazioso corridoio, che collegava la Sala delle Prospettive con le stanze di Francesca Ordeaschi e dei suoi figli, è infatti ricoperto da una volta a botte in legno che, simulando una copertura in muratura affrescata, è decorata con delicate grottesche a sfondo bianco. Molto simili a quelle che Raffaello aveva riprodotto nel 1516 nella Loggetta del Cardinale Bibbiena del Palazzo Apostolico, esse risalgono al periodo 1517­1518 e dunque ad un momento di poco successivo alla conclusione dei dipinti della Sala delle Prospettive. Tracce di cassettonati nei pressi dell’ascensore sono riferibili al periodo in cui una parte della galleria, suddivisa in tre settori distinti, fu destinata a cappella secondo quanto documentato da una pianta del 1560.

  2. Saggio

    Illustri vittime dell’Anno Santo

    di Silvio Negro

    «Chi ha rivelato Roma ai romani è stato un non romano, un veneto, Silvio Negro, capo della redazione romana del Corriere della Sera e vaticanista di fama europea» ha scritto Stefano Malatesta nell’introduzione alla nuova edizione del prezioso volume di Negro “Roma, non basta una vita”, giunta in libreria solo pochi mesi fa in quarta edizione da Neri Pozza, dopo quella del 1965.
    Pubblichiamo “Illustri vittime dell’Anno Santo”, un saggio del 1951.

    I trattori romani che si mostrano piuttosto delusi a proposito dell’Anno Santo, hanno fatto male a credere che mesi buoni per i pellegrinaggi siano quelli di gennaio e di febbraio. Tutta la storia degli Anni Santi dice proprio il contrario, non solo, ma la detta storia…segnala quasi regolarmente insieme con l’affluenza dei pellegrini nei mesi buoni la loro carenza in quelli controindicati, con la conseguente delusione di osti ed albergatori.

    Roma 1400 ca. - Taddeo di Bartolo

    Roma 1400 ca. – Taddeo di Bartolo

    Il cronista Paolo Del Mastro, annotando quanto avvenne, ad esempio, nel 1450, dice che, dopo la prima affluenza natalizia per l’inizio del perdono, seguì una stasi che preoccupò molto gli «industrianti», tanto che pareva a ciascuno d’essere «disfatto». Ma con la buona stagione si aprì il flusso e fu tanto notevole che, sia Paolo Del Mastro che i suoi colleghi, per descriverlo non seppero far altro che attaccarsi alle vecchie immagini degli eserciti di formiche e delle nuvole delle cavallette. Al solito, passare sul ponte di Castel Sant’Angelo per andare alla basilica di San Pietro diventò un problema per l’ingorgo della folla e si dovettero prendere le misure d’ordine che già avevano colpito la fantasia di Dante, e mettere drappelli di sorveglianti per farle osservare. «Ed io, Paolo – dice il Del Mastro – ci fui più volte, insieme cogli altri, colli bastoni in mano a sfollare la gente».

    continua…

  3. Roma risorgimentale al Gianicolo

    I romani salgono al Gianicolo soprattutto nei giorni di festa, per passeggiare lungo i viali alberati e godere del magnifico panorama. La collina che domina Trastevere ospita,

    Giuseppe Garibaldi - Emilio Gallori

    Giuseppe Garibaldi – Emilio Gallori

    nel suo punto più alto, il monumento equestre a Giuseppe Garibaldi – realizzato da Emilio Gallori – e poco più in là quello dedicato alla sua compagna Anita, (opera dello scultore Mario Rutelli), la brasiliana che è stata la donna più famosa del Risorgimento italiano.
    Questo luogo fu teatro, nel 1849, della difesa della Repubblica Romana contro i francesi chiamati da Pio IX. La Repubblica Romana era nata da poco al Palazzo della Cancelleria, quando, il 24 aprile, ottomila francesi guidati dal generale Oudinot sbarcarono a Civitavecchia. Dopo una prima sconfitta a Porta San Pancrazio, ricevuti i rinforzi di altri 36mila uomini, le truppe francesi sferrarono al Gianicolo, il 26 giugno, l’attacco decisivo. La collina fu espugnata dopo durissimi scontri. Ovunque c’erano cadaveri.

    Luciano Manara - Antonio Ilarioli

    Luciano Manara – Antonio Ilarioli

    Eroi come Luciano Manara e Goffredo Mameli trovarono la morte proprio qui, lontani dalle loro città d’origine ma accomunati da quello spirito unitario comune a tutti gli eroi risorgimentali.Nel 1883, per ricordare quel momento del Risorgimento, lo Stato italiano e il Comune di Roma acquistarono parte del Gianicolo per realizzare il cosiddetto “Parco della Memoria”, con la volontà di ricordare tutti i protagonisti che presero parte alle lotte ottocentesche per la liberazione del territorio nazionale contro l’oppressore straniero. Nel corso della visita incontreremo Anita e Giuseppe Garibaldi, Carlo Pisacane, Colomba Antoniucci, unica donna oltre ad Anita ad essere ricordata in questo parco, padre Ugo Bassi, Luciano Manara, Nino Bixio e Goffredo Mameli, padre dell’inno nazionale. Ci sono anche quattro stranieri: l’inglese John Peard, il finlandese Herman Liikanen, l’ungherese Istvàn Türr, il bulgaro Petk Voivoda.

    Righetto - Giovanni Strazza

    Righetto – Giovanni Strazza

     C’è anche il busto di Righetto, morto a 12 anni sotto Ponte Sisto buttandosi su una bomba per tentare di spegnere la miccia, e quello di Carlo Pisacane, rivoluzionario ucciso con altri trecento “giovani e forti” vicino Salerno. Poi Ciceruacchio e una donna, una sola, Colomba Antonietti, che per combattere si finse maschio e si tagliò i capelli. Morì a 22 anni.Durante il tour avremo modo di visitare anche un museo sconosciuto ai più ma molto significativo: il Museo della Repubblica Romana e della Memoria Garibaldina, presso porta San Pancrazio. Ultima tappa sarà l’ossario garibaldino che accoglie i resti degli eroi che decisero di sacrificare la loro vita per difendere la città di Roma in quel lontano 1849.