Grazie al solido rapporto tra il Musèe d’Orsay di Parigi e il Complesso del Vittoriano, abbiamo l’opportunità di ammirare, in un’eccezionale esposizione dal titolo “IMPRESSIONISTI. Tête-à-tête”, più di settanta opere, di cui dieci sculture, dei grandi maestri dell’Impressionismo.
Edouard Manet, Pierre-Auguste Renoir, Edgar Degas, Frédéric Bazille, Camille Pissarro, Paul Cézanne, Berthe Morisot: questi gli artisti protagonisti dell’Impressionismo e della grande mostra.
Il movimento impressionista irrompe sulla scena dell’arte parigina distruggendo le regole dell’arte da Salon, l’esposizione che si teneva a Parigi con cadenza regolare, prima biennale e poi annuale, e dove esponevano i pittori che aderivano integralmente ai dettami della pittura più classica, quella legata all’Accademia.
Nel 1863 i tempi, non solo artistici, a Parigi sono tali che moltissime opere sono state scartate dal Salon, perché non sono più in accordo con le regole della pittura classica. Viene quasi naturalmente a crearsi un Salon parallelo: il Salon des Refusés, ovvero il Salon delle opere e degli artisti rifiutati, che viene inaugurato da Napoleone III.
Ma cosa c’era in queste opere che ne decreta il rifiuto da parte del Salon? Sono opere che, per la prima volta nella storia dell’arte, esprimono in maniera prepotente il desiderio dell’artista di fissare sulla tela, il contemporaneo o la fugacità del momento.
Si abbandona, per la prima volta, la rappresentazione della scena mitologica, o di quella sacra, del soggetto storico, del potente a cui si è legati e che decreta la fama dell’artista, per concentrare la propria attenzione su altro, ed in questo radicale cambiamento la figura umana viene scelta come mezzo che permette all’artista di esplorare il mondo circostante, tanto che lo stesso Zola afferma, nel 1868: “….sono pittori che amano il loro tempo…cercano prima di tutto di penetrare figure prese dalla vita e le hanno dipinte con tutto l’amore che provano per i soggetti moderni”.
L’esposizione traccia un ritratto della società parigina della seconda metà dell’Ottocento, attraversata dai grandi mutamenti artistici, culturali e sociali di cui gli impressionisti furono allo stesso tempo potente motore e testimoni.
Attraverso i volti, gli abiti e gli accessori dei personaggi ritratti, attraverso i luoghi e le ambientazioni in cui i personaggi sono inseriti, la mostra offre la possibilità di ricostruire l’ambiente culturale, i contesti sociali e gli stimoli artistici in cui operarono gli artisti impressionisti, e, soprattutto, di cogliere quella “rivoluzione culturale” e quel rinnovamento stilistico di cui il movimento impressionista fu portavoce.
I soggetti di queste opere, che sono letterati, pensatori, artisti e personaggi famosi sono ritratti non solo nella loro dimensione pubblica, ma anche in quella più privata della vita e degli affetti, permettendo in questa maniera di avere una percezione, una visione completa della loro “umanità”, come probabilmente mai, in tutta la ritrattistica precedente, era accaduto.
E poiché il punto di vista dell’artista sulla vita e sulla sua rappresentazione cambia così radicalmente, cambierà anche la nostra esperienza. Quando vedremo il dipinto intitolato L’atelier di Bazille del 1870, i colori, gli oggetti e la naturalità della scena ci trasporteranno dentro di essa. Potremo sentirci proprio seduti su quel divanetto a due posti, rosa champagne, mentre leggiamo una rivista accompagnati dal suono del pianoforte.
Un attimo dopo saremo alle spalle della fanciulla in abito rosa che seduta a riposare sul muretto guarda il panorama traendone a sua volta una tranquillità tale che anche noi potremo liberarci degli affanni della nostra vita quotidiana, almeno per un momento.
Ritorneremo bambini sull’altalena di Renoir e poi potrà accadere di sentirci ospiti proprio sul quel Balcone di Manet, insieme agli amici più cari dell’artista e magari proprio poco dopo aver tirato la palla al cagnolino che non l’ha ancora raggiunta.
La visita a questa mostra offre perciò un’occasione davvero speciale che non sta solo nella possibilità di ammirare opere diventate vere e proprie icone dell’impressionismo, ma anche nella possibilità di vivere per il tempo della visita la società borghese della Parigi di fine Ottocento, così come gli artisti, i loro amici ed i loro interlocutori la vivevano.