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  1. Teatro

    Natale in casa Cupiello

    di Eduardo De Filippo

    “Natale in casa Cupiello” è una commedia in tre atti di Eduardo De Filippo scritta tra il 1931 e il 1934. Nasce come atto unico e come tale debuttò il 25 dicembre del 1931 al Teatro Kursaal di Napoli. Avrebbe dovuto rimanere in cartellone per pochi giorni ed invece ci rimase diversi mesi. Questo spinse Eduardo a scrivere gli altri due atti. Per molti anni la Rai la trasmetteva proprio in occasione del Natale. Ci piace l’idea di fare gli auguri di un sereno Natale e di un ancor più sereno Anno Nuovo ai nostri Soci, agli amici ed anche ai lettori occasionali, con le prime battute del primo atto. Associati ad alcune delle foto ci sono i link per vedere piccoli filmati tratti dalla versione televisiva che lo stesso Eduardo diresse nel 1977.

    CONCETTA
    (col tono monotono di chi sa in anticipo che dovrà chiamare chi sa quante volte prima di essere ascoltata) Lucarie’… Lucarie’… Scétate, so’ ‘e nnove. (Pausa. Luca continua a dormire. Concetta c. s. ma un poco più forte) Lucarie’… Lucarie’… Scétate, so’ ‘e nnove. (Luca ha un grugnito di sotto le coperte gira» ‘ dosi dall’altro lato. Pausa. Concetta c. s., sempre con lo stesso tono) …Lucarie’… Scétate, so’ ‘e nnove. Pigliate ‘o ccafè.

    LUCA
    (senza capire, ancora mezzo addormentato) Ah?… ‘O ccafè? (Mormorando qualche cosa mette fuori prima la testa che ha avvolta completamente in uno scialle di lana, poi siede in mezzo al letto, stende un braccio come per prendere il caffè, ma piano piano lo abbandona, reclina la testa e riprende a dormire. Tutta l’azione è stata eseguita da lui ad occhi chiusi).

    CONCETTA
    (vedendo che si è riaddormentato, riprende calma) … Lucarie’… Lucarie’… Scétate, so’ ‘e nnove. (Piccola pausa). Lucarie’…

    continua…

  2. I linguaggi del Medioevo: Basilica di Santa Maria Maggiore

    Per la monumentale basilica, l’appellativo “Maggiore” sta ad indicare l’importanza di quella che probabilmente fu, con Santa Maria in Trastevere e Santa Maria Antiqua, tra le prime chiese romane a essere dedicata alla Vergine Maria.

    Arco trionfale - Santa Maria Maggiore

    Arco trionfale – Santa Maria Maggiore

    Ma nei secoli furono usati anche altri nomi per indicarla, soprattutto quelli di basilica Liberiana e Santa Maria ad Nives, entrambi legati alla leggenda della miracolosa nevicata del 5 agosto 356.
    Come molte chiese di Roma, anche Santa Maria Maggiore affonda le sue radici architettoniche e storiche nelle vestigia della Roma imperiale conservate per secoli sotto la struttura attuale, e tornate alla luce negli scavi condotti tra il 1966 e il 1971, durante i quali si rinvennero resti di un complesso di età augustea, se non addirittura di epoca precedente, poi ricostruito in epoca adrianea e costantiniana.
    Per i visitatori stranieri e per i romani che transitano tra Via Merulana e Piazza di Santa Maria Maggiore, la basilica quasi si nasconde dietro al fronte di laterizio e travertino di Ferdinando Fuga, che lascia solo intravedere l’antica facciata, il gioiello medievale conservato al suo interno.
    La parte più antica è legata alla committenza di Sisto III, il quale, secondo il Liber Pontificalis, fece fare la vasta decorazione musiva della navata centrale e dell’arco trionfale tra il 432 e il 440. A confermare la datazione e la committenza – anche se non tutti gli studiosi sono concordi – sta l’iscrizione al culmine dell’arco: Xystus Episcopus Plebi Dei, nella quale il Vescovo di Roma dedica la chiesa al popolo di Dio.

    Arco trionfale (particolare) - Santa Maria Maggiore

    Arco trionfale (particolare) – Santa Maria Maggiore

    La decorazione, che ha una specifica lettura dettata da ragioni teologiche e simboliche, parte dalla narrazione di episodi dell’antico testamento che confluiscono nel arco trionfale dove sono rappresentati i fatti della nascita e infanzia di Cristo, compimento storico del peregrinare del popolo eletto. L’abside non appartiene a questa prima decorazione ma a una più tarda, realizzata da Jacopo Torriti (1295), compiuta dopo la distruzione e l’arretramento dell’abside originale voluto da Niccolò IV (1288-1292). La Vergine qui è incoronata tra angeli, santi e committenti in una profusione di girali d’acanto. Questo ciclo decorativo è l’unico, tra quelli delle basiliche patriarcali, ad aver conservato un aspetto simile a quello originale,

    Mosaico dell'abside (particolare) - Santa Maria Maggiore

    Mosaico dell’abside (particolare) – Santa Maria Maggiore

    e lo si può considerare eccezionale per più di una ragione: per la vastità e il carattere intellettuale del suo programma ideologico; per il largo uso della tecnica musiva – tra le più preziose e durature – che solo qui si estende anche alla navata (contrariamente alle altre basiliche romane, dove per consuetudine si impiegava l’affresco); infine, perché è il primo ciclo monumentale romano di committenza ecclesiastica in un momento in cui la Chiesa di Roma, anche attraverso questa superba committenza, si affermava come nuovo potere ormai autonomo rispetto all’Impero, ormai prossimo alla fine.
    La visita si propone come una lettura a più livelli di questo straordinario documento storico e artistico che parla una lingua lontana ma ben comprensibile attraverso gli strumenti dei significati simbolici iconografici e liturgici.

  3. La rampa imperiale di Domiziano e la fonte Giuturna

    Sono state di recente aperte al pubblico nuove aree all’interno dell’area archeologica dei Fori, che comprendono la Rampa Imperiale di Domiziano e il Lacus Iuturnae, la fonte Giuturna.

    La rampa imperiale di Domiziano

    La rampa imperiale di Domiziano

    La Rampa Imperiale di Domiziano è di fatto l’ingresso monumentale ai palazzi imperiali, edificata nella seconda metà del I secolo dopo Cristo, la rampa collegava il Foro, cuore politico e amministrativo della città, con il centro del potere, ovvero il Palazzo Imperiale. Il valore simbolico di questo imponente ingresso, una vera ascesa alla residenza dell’imperatore, resta tutt’oggi evidente a chiunque ne varchi la soglia.
    La Rampa si snodava lungo sette salite (tratti salienti) e sei tornanti, che si innalzavano fino a 35 metri (pari a oltre 10 piani): delle sette salite originali ne sono rimaste quattro, ora accessibili al pubblico con un percorso che termina con un affaccio inedito sul Foro romano.
    La fonte di Giuturna o Lacus Iuturnae è invece una sorgente collocata nel Foro Romano tra la Casa delle Vestali e il tempio dei Castori.

    Sacro recinto della fonte di Giuturna (Foto archivio Scala Group)

    Sacro recinto della fonte di Giuturna (Foto archivio Scala Group)

    La fonte era tra le più antiche ed importanti della città di Roma e sorgeva alle pendici del Palatino. Venne dedicata a Giuturna, una ninfa sorella del re Turno, e la fontana che decorava la sorgente venne collocata in situ durante l’epoca repubblicana, tra la fine del II secolo prima di Cristo e l’inizo del I secolo.
    Si tramanda che Giuturna venne amata da Giove che la trasformò in una fonte di eterna giovinezza, dove Giunone si bagnava riacquistando la sua giovane freschezza. In onore della ninfa a Roma e nel Lazio, si celebrava la festa Iuturnaria, per scongiurare la siccità.
    Oggi la fonte è un complesso monumentale ben conservato che comprende diversi elementi: la vasca dove sgorga ancora l’acqua; il pozzo; l’edicola sacra e alcuni ambienti posti intorno alla sorgente.
    La fonte era tra i numerosi santuari dedicati alle divinità acquatiche dove si recavano gli ammalati per cercare beneficio nelle acque considerate medicamentose.
    La vicinanza della fonte al tempio dei Castori, ovvero i Dioscuri, indicati come Castori in epoca romana, sottolinea il legame che nella tradizione esisterebbe tra i mitici gemelli e la fonte.
    La leggenda narra infatti che, nel corso della battaglia presso il lago Regillo svoltasi nel 499 avanti Cristo, che oppose i Romani ai Latini, alleati di Tarquinio il Superbo nel tentativo di riconquistare Roma, apparvero due misteriosi condottieri che guidarono Roma alla vittoria.
    Subito dopo i due cavalieri furono visti abbeverare i cavalli alla Fonte di Giuturna ed annunciare la vittoria alla città, per poi scomparire.

    Fonte du Giuturna

    Fonte di Giuturna

    Il popolo identificò i Dioscuri con i due cavalieri.
    Alla fine del I secolo dopo Cristo Frontino scrive un trattato sugli acquedotti dove indica la Fonte di Giuturna, Lacus Iuturnae, come una delle fonti dove già in età arcaica le genti si recavano per ottenere l’acqua.
    Lo scavo effettuato nel 1900 ha indicato che già in epoca repubblicana la fonte era stata monumentalizzata, ma sono stati ritrovati resti di una sistemazione della fonte che possono essere fatti risalire alla censura di Emilio Paolo, 164 avanti Cristo.
    Completavano la fonte, oltre le statue dei due Dioscuri, molte altre statue ed elementi architettonici.
    Tra le prime una statua di Esculapio ed una di Apollo. Tra i secondi una serie di ambienti con funzione di tabernae e un ambiente, probabilmente di età traianea, trasformato successivamente con l’aggiunta di un’abside, detto dei “Quaranta Martiri”. I quaranta martiri a cui si fa riferimento sono quaranta soldati cristiani martirizzai in Armenia durante le persecuzioni di Diocleziano. Detto martirio è rappresentato in un affresco presente nel locale databile probabilmente all’VIII secolo dopo Cristo.

  4. Racconti

    Il senso del Natale in un mondo senza senso

    di Enzo Bianchi

    Riceviamo questo contributo inviato da Luca Volponi tratto da L’Unità del 24 dicembre 2002.

    Nell’attuale rincorsa a introdurre, a scadenze regolari, vecchie e nuove occasioni di “festa” – ma sarebbe più appropriato dire “opportunità di consumo” – il Natale conserva la sua

    Madonna con bambino - Arnolfo di Cambio - Santa Maria Maggiore - Roma

    Madonna con bambino – Arnolfo di Cambio – Santa Maria Maggiore – Roma

    peculiarità di ricorrenza cristiana maggiormente sentita anche da chi cristiano non è. Non c’è da stupirsi allora se alcuni, forse troppi, elementi che ormai caratterizzano il Natale nella nostra società abbiano ben poco a che fare con il significato cristiano della festa. Del resto, lo stesso Natale cristiano ebbe origine dall’appropriazione da parte del cristianesimo, divenuto religione dell’impero, della festa pagana del Sole invitto che si celebrava a Roma: era la festa civile che affermava la rinascita della luce al cuore dell’inverno, il lento ma irreversibile trionfo del sole sulle tenebre che sembravano averlo sconfitto. La chiesa, uscita dalle catacombe e dalle persecuzioni, cominciò a pensare che quella ricorrenza fosse il momento più indicato per annunciare a una società pagana la novità del Vangelo di Gesù Cristo: una realtà piccola, quasi insignificante, un evento quotidiano – come il sole che anticipa di qualche minuto la sua levata o come un neonato che fa ricchi di gioia anche i genitori più poveri – può essere il segno della speranza che rinasce, dell’orizzonte che si illumina e riscalda per sciogliere la cappa di piombo del cielo chiuso sulle vicende degli uomini.

    continua…