Luca Volponi recensisce, con competenza e accuratezza, il romanzo di Paolo Biondi.
Croce e delizia di molti autori, il genere biografico prima o poi diventa l’arduo cimento col quale misurare
anzitutto la propria capacità di raccontare senza lasciarsi coinvolgere, di riferire i fatti di una vita senza parzialità e di additare ad una esistenza correndo purtroppo il rischio di restarne ammaliati o, peggio, avviluppati. Per gli storiografi di professione è la sfida per rubare il mestiere ai romanzieri mentre per i narratori è l’occasione di provarsi nella difficile almeno quanto sublime arte dello scrivere di storia. In entrambi i casi, l’esperimento funziona se si è quanto più possibile neutrali rispetto al personaggio del quale ci si appresta a raccontare le vicende di vita, pubbliche o private che siano. Anche Paolo Biondi, che di mestiere è un abile notista politico, in questo “Livia. Una biografia ritrovata” edito in una veste tipografica elegantissima da Edizioni di Pagina (pp. 183, euro 15), affronta con destrezza entrambi i campi del romanzo biografico e della storiografia avendo per precipuo intento quello di restaurare il vero storico in maniera da riabilitare la memoria di Livia Drusilla, moglie del futuro Cesare Ottaviano Augusto, e di indagare sul peso della sua innegabile presenza nella transizione dalla repubblica dei triumvirati e delle guerre civili di Roma al principato e all’impero. continua…