Luca Volponi ci racconta un mondo femminile poco conosciuto che Leandro Speduti ci aiuterà a conoscere in una delle nostre passeggiate serali di luglio.
Un po’ geishe giapponesi e un po’ etère dell’Antica Grecia. La civiltà delle cortigiane nella Roma rinascimentale e nell’Italia frazionata del tempo, ben descritta dal Cortegiano
di Baldassarre Castiglione, meriterebbe un voluminoso trattato di storia del costume e della società del Quattrocento e del Cinquecento.
Donne di umilissime condizioni, spesso figlie di prostitute od orfane che venivano affidate a illustri uomini d’affari o nobili principi della Chiesa affinché si avviassero alla professione, le cortigiane romane, quelle chiamate senza troppe metafore le curiali, dettero vita ad un fenomeno storico di vita e di costume fatto persino di scuole che insegnavano alle giovani fanciulle l’arte di diventare donne ambite e desiderate. Erano colte al punto da saper comporre madrigali o sonetti, recitare e cantare in pubblico, discutere con chiunque di letteratura, di musica e di arti e fare dei propri salotti la fucina delle interminabili discussioni sulle estetiche rinascimentali. Ed erano altresì ricchissime poiché per la loro qualità umana, la loro astuzia e intelligenza si accaparrarono i favori di uomini potenti e abbienti a qualunque consorteria municipale essi appartenessero. Pochi uomini sapevano resistere al loro fascino e alle loro lusinghe.