A corredo della visita al quartiere di Torpignattara, in calendario per il mese di giugno, pubblichiamo un brano da “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini.
Le immagini sono tratte dal sito Roma Sparita, che ringraziamo.
Dall’osteria, per andare dove dovevano andare, si passava da Porta Furba, si svoltava giù verso il Quadraro, si tagliava in mezzo alle casette isolate come capanne e si arrivava all’orto, che da una parte era limitato da una stradina bianca, dall’altra si perdeva per delle praterie con in fondo una villa e una pineta.
C’era puzzo di stabbio e di paglia al macero, e un gran profumo di finocchi, che si vedevano distendersi come una nuvola verde, con in mezzo la cappuccina, oltre la ramata, tutta scassata, tra gli squarci della siepe di cannacce fradice che la costeggiava.
«Namo de qqua,» fece con una faccia da lupo mannaro il vecchio, andandosene ingobbito a passi felpati più giù, dove finiva la ramata, tutta contorta e cominciava una parata d’assi fradice e disuguali, fino che arrivarono alla scalarola: tra questa e la parata, c’era una specie di passaggio, un buco, coperto con degli zeppi spinosi e un po’ di canne. Il vecchio cominciò a rasparci intorno per allargarlo, in ginocchio sulla lingua di cane, la porcacchia, la malva, e i bietoni del fossatello, tutti zuppi di guazza. Attraverso quel buco s’infilarono nell’orto.